Giuseppe Parini – di Carlo Zacco
6 Agosto 2015La salubrità dell’aria, ode di Giuseppe Parini
6 Agosto 2015
Questa ode è stata scritta circa 25 anni dopo La salubrità dell’aria, nel 1785.
subentra alla madre, Maria Teresa, e il governo austriaco da allora in poi si mostra meno aperto nei confronti delle riforme, e questo genera delusione tra gli intellettuali, compreso Parini, che ora ha 56 anni, e prova un forte senso di disillusione riguardo alle speranze giovanili;
L’episodio
Parini qui rappresenta una situazione narrativa:
Risposta di Parini.
A queste parole il poeta risponde furioso, e dichiara di voler continuare ad incarnare i caratteri del buon cittadino:
Il nuovo valore morale.
Nella Salubrità dell’aria Parini puntava ad incidere nella vita civile; ora invece punta alla conquista e all’affermazione di un valore, che prescinde dalla sua applicazione pratica:
Quando Orïon dal cielo
Declinando imperversa;
E pioggia e nevi e gelo
Sopra la terra ottenebrata versa,
Me spinto ne la iniqua
Stagione, infermo il piede, 5
Tra il fango e tra l’obliqua
Furia de’ carri la città gir vede;
E per avverso sasso
Mal fra gli altri sorgente, 10
O per lubrico passo
Lungo il cammino stramazzar sovente.
Ride il fanciullo; e gli occhi
Tosto gonfia commosso,
Che il cubito o i ginocchi 15
Me scorge o il mento dal cader percosso.
Altri accorre; e: oh infelice
E di men crudo fato
Degno vate! mi dice;
E seguendo il parlar, cinge il mio lato 20
Con la pietosa mano;
E di terra mi toglie;
E il cappel lordo e il vano
Baston dispersi ne la via raccoglie:
Te ricca di comune 25
Censo la patria loda;
Te sublime, te immune
Cigno da tempo che il tuo nome roda
Chiama gridando intorno;
E te molesta incìta 30
Di poner fine al Giorno,
Per cui cercato a lo stranier ti addita.
Ed ecco il debil fianco
Per anni e per natura
Vai nel suolo pur anco 35
Fra il danno strascinando e la paura:
Nè il sì lodato verso
Vile cocchio ti appresta,
Che te salvi a traverso
De’ trivii dal furor de la tempesta. 40
Sdegnosa anima! prendi
Prendi novo consiglio,
Se il già canuto intendi
Capo sottrarre a più fatal periglio.
Congiunti tu non hai, 45
Non amiche, non ville,
Che te far possan mai
Nell’urna del favor preporre a mille.
Dunque per l’erte scale
Arrampica qual puoi; 50
E fa gli atrj e le sale
Ogni giorno ulular de’ pianti tuoi.
O non cessar di porte
Fra lo stuol de’ clienti,
Abbracciando le porte 55
De gl’imi, che comandano ai potenti;
E lor mercè penètra
Ne’ recessi de’ grandi;
E sopra la lor tetra
Noja le facezie e le novelle spandi. 60
O, se tu sai, più astuto
I cupi sentier trova
Colà dove nel muto
Aere il destin de’ popoli si cova;
E fingendo nova esca 65
Al pubblico guadagno,
L’onda sommovi, e pesca
Insidioso nel turbato stagno.
Ma chi giammai potrìa
Guarir tua mente illusa, 70
O trar per altra via
Te ostinato amator de la tua Musa?
Lasciala: o, pari a vile
Mima, il pudore insulti,
Dilettando scurrile 75
I bassi genj dietro al fasto occulti.
Mia bile, al fin costretta,
Già troppo, dal profondo
Petto rompendo, getta
Impetuosa gli argini; e rispondo: 80
Chi sei tu, che sostenti
A me questo vetusto
Pondo, e l’animo tenti
Prostrarmi a terra? Umano sei, non giusto.
Buon cittadino, al segno 85
Dove natura e i primi
Casi ordinàr, lo ingegno
Guida così, che lui la patria estimi.
Quando poi d’età carco
Il bisogno lo stringe, 90
Chiede opportuno e parco
Con fronte liberal, che l’alma pinge.
E se i duri mortali
A lui voltano il tergo,
Ei si fa, contro ai mali, 95
Della costanza sua scudo ed usbergo.
Nè si abbassa per duolo,
Nè s’alza per orgoglio.
E ciò dicendo, solo
Lascio il mio appoggio; e bieco indi mi toglio. 100
Così, grato ai soccorsi,
Ho il consiglio a dispetto;
E privo di rimorsi,
Col dubitante piè torno al mio tetto.