Contrasto tra gioia e dolore ne La quiete dopo la tempesta
2 Agosto 2019Non finirà di Enrico Ruggeri
2 Agosto 2019“La quiete dopo la tempesta” è una poesia di Giacomo Leopardi, inclusa nei Canti, in cui l’autore riflette sulla natura e la condizione umana.
La poesia descrive un evento naturale: dopo una violenta tempesta, il villaggio si risveglia alla calma e al ritorno alla normalità. Le immagini iniziali mostrano il paesaggio che si rischiara: il sole riappare, gli uccelli tornano a cantare, le persone riprendono il loro lavoro nei campi e nelle strade, con un senso di sollievo.
Questa “quiete” è vista inizialmente come un momento positivo: la natura sembra tornare in armonia e la vita riprende. Tuttavia, Leopardi introduce una riflessione più profonda sulla condizione dell’uomo. La felicità provata dagli esseri umani non deriva da un autentico piacere, ma piuttosto dalla cessazione del dolore o del pericolo. Per Leopardi, il piacere è quindi un’illusione: la gioia che segue la tempesta è solo momentanea e non rappresenta una vera felicità.
Il poeta conclude che l’uomo è destinato a una continua alternanza tra sofferenza e brevi momenti di tregua. Il piacere non esiste in sé, ma è solo la sensazione della fine di un male. In questa visione pessimistica, l’uomo vive in una condizione di perenne insoddisfazione, sempre in attesa che un nuovo dolore arrivi a turbare la breve “quiete” dopo la tempesta.
- Leopardi, nella sua poesia “La quiete dopo la tempesta” e in molte altre opere, rivolge un’accusa esplicita alla Natura per il ruolo che essa ha nella sofferenza umana. Secondo il poeta, la Natura non è una madre benevola e protettrice, ma un’entità indifferente e, in certi casi, persino crudele, che ha creato l’uomo destinandolo inevitabilmente al dolore e alla sofferenza.
L’accusa principale che Leopardi rivolge alla Natura è di aver illuso l’uomo con la promessa della felicità, ma di non concedergliela mai veramente. L’uomo nasce con il desiderio naturale di essere felice, ma questo desiderio non può essere soddisfatto, perché la vita stessa è intrinsecamente dolorosa. La Natura, secondo Leopardi, si limita a dare brevi momenti di piacere, che però sono solo delle tregue temporanee, come la calma che segue una tempesta, ma che sono destinate a essere interrotte da nuove sofferenze.
In questo senso, la Natura appare ingannevole: crea nell’uomo il bisogno di felicità e piacere, ma non lo soddisfa mai pienamente, condannandolo a una continua alternanza tra sofferenza e brevi momenti di sollievo. L’uomo è, così, vittima di un meccanismo naturale crudele, che lo spinge a inseguire un’illusione irraggiungibile di felicità.
La quiete dopo la tempesta di Giacomo Leopardi
Passata è la tempesta:
Odo augelli far festa, e la gallina,
Tornata in su la via,
Che ripete il suo verso. Ecco il sereno
Rompe là da ponente, alla montagna;5
Sgombrasi la campagna,
E chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
Risorge il romorio
Torna il lavoro usato. 10
L’artigiano a mirar l’umido cielo,
Con l’opra in man, cantando,
Fassi in su l’uscio; a prova
Vien fuor la femminetta a còr dell’acqua
Della novella piova; 15
E l’erbaiuol rinnova
Di sentiero in sentiero
Il grido giornaliero.
Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
Per li poggi e le ville. Apre i balconi,20
Apre terrazzi e logge la famiglia:
E, dalla via corrente, odi lontano
Tintinnio di sonagli; il carro stride
Del passeggier che il suo cammin ripiglia.
Si rallegra ogni core. 25
Sì dolce, sì gradita
Quand’è, com’or, la vita?
Quando con tanto amore
L’uomo a’ suoi studi intende?
O torna all’opre? o cosa nova imprende? 30
Quando de’ mali suoi men si ricorda?
Piacer figlio d’affanno;
Gioia vana, ch’è frutto
Del passato timore, onde si scosse
E paventò la morte35
Chi la vita abborria;
Onde in lungo tormento,
Fredde, tacite, smorte,
Sudàr le genti e palpitàr, vedendo
Mossi alle nostre offese 40
Folgori, nembi e vento.
O natura cortese,
Son questi i doni tuoi,
Questi i diletti sono
Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena45
E’diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
Spontaneo sorge e di piacer, quel tanto
Che per mostro e miracolo talvolta
Nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana 50
Prole cara agli eterni! assai felice
Se respirar ti lice
D’alcun dolor: beata
Se te d’ogni dolor morte risana.