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27 Gennaio 2019La Rete degli studenti medi ha espresso tutta la sua contrarietà al progetto di legge Aprea
AUDIZIONE ALLA CAMERA SUL PDL APREA
Il progetto di legge dell’onorevole Aprea continua nel suo iter parlamentare, dritto verso l’approvazione! Che cosa cambierà? Le scuole diventeranno fondazioni e gli organi collegiali spariranno!
Oggi la Rete ha espresso le proprie perplessità sul progetto di fronte alla stessa Aprea e alla VII Commissioni cultura della Camere, quella che si occupa, tra le altre cose, di scuola.
Leggi il resoconto e le posizioni espresse…
Questa mattina dalle 11,30 alle 15,00 si è svolta l’audizione alla VII Commissione Cultura della Camera dei Deputati, presieduta dallo stesso on. Aprea, autrice della Proposta di Legge 953 in discussione.
La Rete degli Studenti Medi, sin dalla sua presentazione il 25 maggio 2008, si è detta profondamente contraria alle disposizioni inserite all’interno della proposta di legge su “Norme per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche e la liberta di scelta educativa delle famiglie, nonché per la riforma dello stato giuridico dei docenti”.
Il progetto di legge non deve essere analizzato in maniera svincolata dall’azione governativa degli ultimi mesi in materia di istruzione: in particolare crediamo che unito ai pesanti tagli attuati con le legge 133 e confermati nella legge finanziaria 2009, il p.d.l. in questione porti a una modifica strutturale e sostanziale del nostro sistema di istruzione e formazione, senza per giunta porre in maniera chiara e palese al Parlamento e al Paese l’intenzione sottesa dalla maggioranza governativa.
Durante l’audizione abbiamo espresso la nostra contrarietà a questo progetto, che riteniamo profondamente ideologica e ormai superata. L’idea della scuola azienda, che percepisce fondi esigui dallo Stato e si rivolge a privati, imprese ed enti locali, facendoli anche entrare negli organi di governo della scuola è alla base di questo provvedimento. Ne è una prova, non solo in riferimento al nome, la sostituzione del Consiglio d’Istituto con un Consiglio d’amministrazione, all’interno del quale è garantita la sola presenza degli studenti e dei genitori, senza che venga però chiarita la consistenza numerica né le modalità di elezione, che vengono lasciate alla libera autoregolamentazione dello stesso Consiglio.
Alle nostre critiche in merito alla completa cancellazione, di fatto, delle rappresentanze esponenti della maggioranza hanno reagito affermando che “gli studenti sono dei conservatori” e invitandoci a cambiare il nostro atteggiamento nei confronti delle “innovazioni” della scuola.
Noi abbiamo invece chiarito, insieme ad altre organizzazioni, che una riforma degli organi collegiali non solo è auspicabile, ma è necessaria. Tuttavia è necessaria in via migliorativa, con un aumento della partecipazione degli studenti al governo della scuola, che certo non può avvenire con l’annientamento delle rappresentanze.
Continuiamo a ribadire che una riforma degli organi collegiali e del governo della scuola sia assolutamente prioritaria, ma che debba passare attraverso un processo di condivisione ampio, che coinvolga tutte le componenti della scuola e parta da un’analisi seria e approfondita su limiti e mancanze dell’attuale sistema.
Inoltre, quasi tutte le associazioni studentesche presenti all’audizione hanno espresso diverse perplessità sulla norma che prevede la trasformazione delle scuole in fondazioni.
Secondo alcuni, questa misura dovrebbe agevolare l’afflusso di contributi economici esterni alla scuola (chissà quali, in un periodo di crisi come questo!). Ma, in realtà, unita alla cosiddetta quota capitaria (il finanziamento statale che le scuole percepirebbero sulla base del calcolo: costo medio per alunno X numero degli alunni della scuola) si traduce in un ulteriore inasprimento della politica di tagli portata avanti dal governo. A farne le spese saranno come sempre le scuole più piccole, quelle isolate o situate nelle zone più svantaggiate d’Italia, in particolare nel Meridione. A farne le spese, come al solito, saranno dunque gli studenti.
Infine, abbiamo chiesto ripetutamente che vi siano altri momenti di confronto sull’andamento dei lavori in Commissione, dato che oggi non era possibile conoscere il testo di legge che sarà sottoposto all’esame del Parlamento, date le molteplici proposte sugli stessi temi, sia di maggioranza che di opposizione, ancora in discussione presso la VII Commissione.
(…)
. it/news/audizion e-alla-camera- sul-pdl-aprea
GRIGLIA PER AUDIZIONI SULLE PROPOSTE DI LEGGE AVENTI PER OGGETTO:
Norme per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche e la libertà di scelta educativa delle famiglie, nonché per la riforma dello stato giuridico dei docenti C. 953 Aprea (adottata come testo base) e abbinate C. 808 e C. 813 Angela Napoli,C. 1199 Frassinetti, C. 1262 De Torre, C. 1468 De Pasquale e C. 1710 Cota
Premessa
Il nostro giudizio sul pdl Aprea è nel complesso molto negativo. Troviamo il testo frutto di un impostazione fortemente ideologica e non attinente alle reali necessità della scuola italiana. In questo senso ribadiamo che una riforma degli organi collegiali e delle governance sia assolutamente prioritaria e necessaria, ma che debba passare attraverso un processo di condivisione ampio, che coinvolga tutte le componenti della scuola e parta da un’analisi seria e approfondita su limiti e mancanze dell’attuale sistema. Inoltre pensiamo che un simile progetto di legge non debba essere analizzato in maniera svincolata dall’azione governativa degli ultimi mesi in materia di istruzione: in particolare crediamo che unito ai pesanti tagli attuati con le legge 133 e confermati nella legge finanziaria2009, il p.d.l. in questione porti a una modifica strutturale e sostanziale del nostro sistema di istruzione e formazione, senza per giunta porre in maniera chiara e palese al Parlamento e al Paese l’intenzione sottesa dalla maggioranza governativa. Chiediamo infine che ci siano altri momenti di confronto sull’andamento dei lavori in Commissione, dato che oggi non è possibile conoscere il testo di legge che sarà sottoposto all esame del Parlamento, date le molteplici proposte sugli stessi temi, sia di maggioranza che di opposizione, ancora in discussione presso la VII Commissione
A) Autogoverno delle istituzioni scolastiche
Questioni
– Autonomia statutaria nel rispetto della Costituzione ed in particolare del Titolo V;
– Organi di Governo (stabiliti dalla legge);
– Organi di partecipazione (stabiliti dagli statuti delle istituzioni scolastiche) ;
– Competenze, composizione e funzionamento dellOrgano di Governo (denominato Consiglio di amministrazione nel testo A.C. 953 e altrimenti nei testi abbinati C. 808 e 813Angela Napoli, C. 1199 Frassinetti, C. 1262 De Torre, C. 1468 De Pasquale e C. 1710 Cota);
– Competente, composizione e funzionamento dellOrgano tecnico (denominato Collegio dei docenti nel testo A.C. 953 e testi abbinati C. 808 e 813 Angela Napoli, C. 1199 Frassinetti, C.1262 De Torre, C. 1468 De Pasquale e C. 1710 Cota);
– Principi generali per l’istituzione da parte delle scuole di organi di partecipazione degli studenti e delle famiglie;
– Competenze, composizione funzionamento degli organi di valutazione degli apprendimenti degli studenti e dell’istituzione scolastica;
– Possibilità per le istituzioni scolastiche, secondo criteri fissati con regolamento ministeriale, di trasformarsi in Fondazioni (delega al Governo), (cfr. art. 2 A.C. 953).
Osservazioni
La Rete degli Studenti Medi intende esprimere la propria preoccupazione e contrarietà riguardo alla “trasformazione radicale del governo delle istituzioni scolastiche” , alla base delle disposizioni contenute all’interno del PdL 953 presentato dallOn. Aprea.Questa proposta mina, nel suo complesso, la funzione pubblica della scuola della Repubblica, a favore di una sua soggezione agli interessi politici ed economici estranei alla comunità scolastica.
Ci troviamo di fronte una proposta fortemente influenza da una visione ideologica di scuola, di tipo aziedanlistico e tecnicistico, che trascura volutamente le finalità pedagogiche cui invece dovrebbe essere asservita l’organizzazione scolastica.
L’autonomia viene reimpostata come possibilità di dirigere la scuola come un’azienda, anche approfittando della strada aperta dal decreto Bersani del 28/3/2007, pensata per dare reale autonomia finanziaria alle scuole, che da loro la possibilità di avere lo stesso regime fiscale delle fondazioni.
La concreta possibilità, affidata all’autonomia scolastica, di trasformare la scuola in un ente di diritto privato, come la fondazione, è la base ideologica su cui si installa, nella proposta di legge,l’entrata all’interno dei CdA di soggetti esterni alla scuola, i cosiddetti “partners” che, oltre a sponsorizzare le attività didattiche, vi contribuiscano attivamente, vedendo garantita la partecipazione al CDA al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi del POF e all’innalzamento degli standard di studenti ed istituto.
La Rete degli Studenti Medi ribadisce con forza l’assoluta contrarietà all’abolizione del Consiglio d’Istituto e alla sua sostituzione con un Consiglio di Amministrazione. Pur consapevoli della necessità di un “ringiovanimento” degli organi collegiali istituiti dai decreti delegati del 1974, alfine di rendere il proprio ruolo maggiormente rispondente alle necessità attuali degli studenti,riteniamo che l’eliminazione di tale organo non sia altro che il primo di una serie di attacchi atti a distruggere scientificamente qualsiasi forma di partecipazione democratica delle componenti della scuola, e in primis degli studenti, al governo dell’istituzione scolastica.
Siamo convinti che questa sia la premessa dell’erosione progressiva del sistema della rappresentanza all’interno delle istituzioni scolastiche e del principio del loro governo democratico e partecipato.
All’interno del PdL la composizione degli OO.CC. e la definizione particolare delle loro funzioni è affidata completamente all’autonomia regolamentare di ogni singolo CdA scolastico, producendo l’effetto di una reale disparità di trattamento tra studenti di istituti diversi.
La durata triennale del Consiglio e la propria autonomia regolamentare si unisce alla mancanza di reali garanzie sulle modalità di partecipazione degli studenti al governo della scuola e non producealtro che un ulteriore possibilità di esclusione della componente maggioritaria da una degna possibilità di rappresentare le proprie istanze.
La proposta prevede che il primo regolamento venga deliberato dal consiglio d’istituto uscente e che il CdA possa procedere alla sua modifica dopo appena sei mesi dal proprio insediamento, procedendo a deliberare sulle modalità di designazione delle rappresentanze delle componenti scolastiche al suo interno.
Il termine “designazione” e l’assoluta potestà regolamentare, visto che la legge specifica solo il numero di membri del Cda, senza indicare una soglia minima di rappresentanti per ogni componente scolastica, limitandosi ad assicurarne la presenza, tiene concretamente aperta la possibilità di restringere l’accesso con particolari modalità elettorali o, peggio ancora, di introdurre il metodo per cooptazione, con il risultato di creare una rappresentanza che non rappresenti altro se non se stessa o gli interessi che l’hanno nominata.
E offensivo della stessa idea di comunità scolastica che il piano dell’offerta formativa, come disegnato dal PdL, debba tener conto delle “diverse opzioni eventualmente espresse da singoli oda gruppi di insegnanti nell’ambito della liberta d’insegnamento” e delle “prevalenti richieste delle famiglie” , ma non degli studenti.
Ciò farà sì che il POF, vera carta d’identità della scuola, si trasformi in una sintesi delle richieste delle famiglie e delle idee dei docenti, senza alcuna condivisione nella costruzione della didattica. In questo caso, lon. Aprea sembra ispirarsi, più che all’idea di scuola-azienda, all’idea di scuola supermercato.
La Rete degli Studenti Medi ritiene inoltre profondamente lesivo per la democrazia interna alla scuola che la partecipazione di studenti e genitori, compresi i diritti di riunione e associazione, vengano definiti dalla scuola nel regolamento d’istituto.
Si affaccia dunque la possibilità di un ridimensionamento o di un azzeramento completo dei diritti fondamentali di organizzazione e partecipazione delle componenti cosiddette “laiche” al governo della scuola.
Siamo contrari al fatto che il “rafforzamento degli organi di governo interni” per costruire una”piena valorizzazione dell’autonomia professionale dei docenti e dei dirigenti” ed una “piena partecipazione degli utenti” si traduca nella costruzione di una scuola-supermarket in cui gli utenti,che noi continuiamo a chiamare studenti, trovano posto negli organi di governo con gli enti locali ei rappresentanti delle realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi, ovvero le aziende del territorio.
Il rapporto tra scuola e territorio non può essere visto come un rapporto di subordinazione, in cui gli organi di governo della scuola diventano teatro di scontri e di mercanteggio tra aziende, enti locali ecc. Qualcuno ha mai pensato di inserire nelle giunte regionali i presidenti di Provincia per rafforzare le regioni? Un rapporto corretto e coerente tra le autonomie scolastiche e le altre autonomie territoriali parte dal riconoscimento della pari dignità delle scuole con gli altri enti. Solo in questo modo si possono immaginare strumenti per garantire un rapporto stabile e virtuoso tra le scuole e il territorio, anche come motore di sviluppo e di rilancio nelle zone più depresse.
Infine il tanto decantato principio del merito trova in realtà ben poco spazio in questa proposta. Infatti oltre a introdurre il nucleo di valutazione in ogni scuola, idea di per sé non sbagliata, si impone ai docenti di effettuare valutazioni collegiali degli studenti in periodi prefissati dell’anno,nonché di realizzare una valutazione di “efficienza” su criteri poco chiari nel loro reale significato.
Ci sembra infatti che i criteri di efficienza, di solito applicati alla produttività aziendale, non possano per nessun motivo essere applicati all’educazione. Gli studenti non possono essere considerati prodotti finiti di un processo meccanico, in quanto la qualità della didattica si fonda sulle competenze acquisite, sul contesto di partenza del singolo e della scuola, sulla cittadinanza e autonomia che si è in grado di trasmettere.
Pensiamo che non basti una cieca fiducia nel mercato e nei meccanismi di governo dell’azienda per risolvere i problemi gestionali della scuola italiana.
Resta da dimostrare quanto le scuole trasformate in fondazioni (tutte? O soltanto quelle appetibili? ) possano veramente attrarre finanziamenti privati e quanto un consiglio di amministrazione di cui fanno parte rappresentanti degli enti locali (ciascuno dei quali si deve suddividere su qualche centinaio di scuole) e ipotetici esperti esterni, possa innescare virtuosi meccanismi di miglioramento assumendo spazi di decisione anche di tipo didattico.
B) Stato giuridico dei docenti
Questioni
– Contrattazione (area contrattuale autonoma);
– Articolazione della professione docente, formazione in servizio e valutazione;
– Associazionismo professionale.
Osservazioni
La contrattazione d’istituto ha costituito uno dei pilastri, sul versante professionale, dell’autonomia scolastica, permettendo di allocare le risorse direttamente alle scuole, con la conseguente possibilità di riconoscere e premiare l’impegno e della professionalità del personale,nonché di porre elementi di valutazione, seppur deboli, del loro operato.
Il PdL smantella l’autonomia, depaupera della potestà negoziale il dirigente scolastico, che torna nelle competenze della legge, pone in posizione subordinata i docenti. La cancellazione delle RSU scolastiche e la loro sostituzione con una rappresentanza professionale regionale colpisce, sul versante del personale, il sistema della rappresentanza e della tutela contrattuale e dei diritti, incoerenza con quanto fatto sul versante studentesco.
Lassociazionismo connesso alla scuola va comunque tutelato.
Tuttavia riteniamo svilente per il ruolo di confronto elaborazione e proposta culturale delle associazioni professionali dei docenti che manchino dei parametri che consentano di identificare chiaramente una rappresentanza. L’accreditamento di cui parla la proposta si limita a individuare parametri che descrivono il livello di attività nel campo della formazione delle associazioni, inadeguati a definire il grado di rappresentatività delle associazioni.
Il ministero dunque potrà arrogarsi unilateralmente il diritto di riconoscere o meno un’associazione ? Occorre allora varare subito un regolamento che individui parametri certi di esistenza delle associazioni.
C) Percorsi di formazione iniziale, abilitazione all’insegnamento e modalità di reclutamento
Questioni
– Tipologie della formazione generalista e specialistica;
– Esame di Stato per abilitazione all’insegnamento.
– Concorsi (di istituto, regionali e/o percorsi di valutazione post-specializzazione e propedeutici alla stabilizzazione all’insegnamento) (cfr testi A.C. 953, 1710 e 1468);
– Albi regionali.
Osservazioni
Il percorso di formazione iniziale dei docenti che viene proposto si caratterizza per un forte contenuto disciplinare e la mancanza di approfondimenti sull’ambito metodologico e della didattica, proprio uno dei settori in cui la scuola italiana dimostra la sua carenza. Siamo convinti che il superamento dei concorsi nazionali a favore di quelli d’istituto non possa portare dei benefici, visto i problemi che sta creando questo tipo di modello nell’Università , dove peraltro il Governo pare lavorare in direzione opposta. E da respingere inoltre, visto il distorto esempio universitario, qualunque meccanismo che, anche implicitamente, prefiguri l’assunzione diretta da parte delle scuole.
Che fine fanno, inoltre, i 250.000 precari inseriti nelle graduatorie ad esaurimento in questo futuro sistema di reclutamento? A nessuno è dato saperlo.
D) Autonomia finanziaria delle istituzioni scolastiche e libertà di scelta educativa delle famiglie
Questioni
– Decentralizzazione (attuazione Titolo V Costituzione) ;
– Accreditamento regionale delle istituzioni scolastiche pubbliche (statali e non statali paritarie) ;
– Attribuzioni e risorse attraverso il criterio della “quota capitaria” (delega al Governo) (cfr.art. 11 A.C. 953)
Osservazioni
Il Titolo V della Costituzione prevede il trasferimento alle Regioni e alle Province autonome dei beni e delle risorse finanziarie, umane e strumentali. Con questo passaggio si apre anche la parte dedicata al PdL all’autonomia finanziaria delle scuole.
Nel merito della proposta, dovranno esprimersi le sedi proprie come la Conferenza Unificata Stato Regioni e le parti sociali, così come riteniamo imprescindibile una congrua partecipazione dei soggetti di rappresentanza degli studenti.
Per quanto concerne l’individuazione della quota capitarla, ovvero il finanziamento dello Stato alle scuole sulla base del numero di iscritti moltiplicati per il costo medio dell’alunno, la riteniamo sbagliata, in quanto funzionale alla competizione fra scuole e allo stravolgimento del servizio scolastico e non all’aumento generalizzato dell’offerta formativa. La quota capitarla e le sue modalità di attuazione inoltre non garantiscono su tutto il territorio nazionale i Livelli Essenziali delle Prestazioni.
I partner esterni, presenti nei CdA diventerebbero i veri decisori degli indirizzi scolastici, con le scuole impegnate in una vergognosa e insostenibile competizione tra “poveri”.
Così facendo si ridurrebbe drasticamente l’autonomia scolastica che assolverebbe nient’altro che il ruolo di giustificazione delle scelte didattiche sbagliata, fatte in attuazione delle richieste dei soggetti finanziatori esterni alla scuola.
Annullare in breve tempo ogni investimento pubblico per l’istruzione trasformando le scuole in tante piccole aziende in cui sono i partner a decidere come il sapere debba essere utilizzato per i loro fini di mercato: sembra questo il vero intento di questo provvedimento. Inoltre che cosa succederà nelle aree del nostro Paese già depresse economicamente e socialmente?
E’ immaginabile un investimento virtuoso delle aziende e degli enti locali nelle scuole viste come centri di sviluppo territoriale?
La scuola non ha avuto, negli anni, gli strumenti adeguati ad interpretare una vera autonomia, ma ha continuato ad assolvere alla sua funzione costituzionale, sulla base di una cultura maggioritaria che vede la scuola pubblica come garante del diritto universale all’istruzione, anche se con mezzi e risorse sempre più inadeguati, dentro il burocratismo e le offensive politiche.
La scuola avrebbe bisogno di rivedere profondamente gli assi culturali su cui poggia la relazione didattica. Tante parole si sono sprecate negli anni, ma ben poco si è fatto.
Sarebbe necessario attivare concretamente e rapidamente gli strumenti valutativi che le permettano una vera responsabilizzazione e autonomia dei docenti, così come sarebbe necessario far crescere una reale cultura dell’autonomia mediante un investimento vero in risorse umane ed economiche.
Regionalismo, privati, mercato, libera professione per i docenti, riduzione della rappresentanza sindacale e della rappresentanza degli studenti non possono rappresentare una risposta adeguata ai problemi della scuola italiana.