
Taccuini di appunti, Carnets de notes su Memorie di Adriano di Marguerite Yourcena…
28 Dicembre 2019
Sant’Agostino
28 Dicembre 2019Nel Libro XXII dell’Odissea, assistiamo alla vendetta di Odisseo sui Proci, gli arroganti pretendenti che hanno invaso la sua casa durante la sua assenza.
Questo episodio epico è cruciale, poiché rappresenta il culmine della giustizia che Odisseo esercita su coloro che hanno disonorato la sua famiglia e violato la sua dimora. Con astuzia e determinazione, Odisseo riporta l’ordine a Itaca, riaffermando il proprio ruolo di capo e marito. Qui, analizziamo in dettaglio i temi, le azioni e le parole che emergono in questa scena intensa.
Introduzione
Dopo un’assenza di vent’anni, Odisseo è finalmente a casa. Tuttavia, prima di poter riconquistare il suo posto e riabbracciare la moglie Penelope, deve liberarsi dei pretendenti che hanno invaso la sua casa, sprecando le sue ricchezze e cercando di usurpare il suo ruolo di re e marito. Il confronto, dopo una lunga preparazione, si svolge in modo diretto e spietato. Odisseo è ora pronto a dimostrare il proprio valore non solo come astuto navigatore ma anche come guerriero e leader indiscusso.
Sintesi
Versi 1-10:
Odisseo, ormai smessi i panni del mendicante, si erge sulla soglia della sala, impugnando arco e faretra pieni di frecce. Ai suoi piedi riversa i dardi e annuncia minacciosamente che la prova è terminata: è pronto a scoccare un nuovo colpo contro un bersaglio senza precedenti. Puntando con decisione, lancia una freccia contro Antinoo, che ignaro della minaccia è intento a bere, privo di pensieri di morte.
Versi 11-20:
Il dardo colpisce Antinoo alla gola, trafiggendolo mortalmente. La coppa che teneva in mano cade, e dalla sua bocca sgorga un fiotto di sangue. Antinoo si accascia, rovesciando tavola, cibo e bevande. Gli altri pretendenti, sconvolti, osservano inorriditi, cercando disperatamente un’arma, ma non vi è scampo.
Versi 21-30:
I pretendenti iniziano a maledire Odisseo, accusandolo di aver commesso un atto grave uccidendo il più nobile tra loro, Antinoo, e minacciandolo di morte certa. Tuttavia, ignorano che il destino è già segnato per loro e che Odisseo non si fermerà.
Versi 31-45:
Con tono freddo e minaccioso, Odisseo li rimprovera, ricordando loro i crimini commessi: lo hanno derubato, hanno tentato di prendere il posto che gli spetta e non hanno rispettato gli dei. Ora il “laccio della morte” è su di loro. Eurimaco, cercando di salvare la situazione, ammette le colpe dei pretendenti ma cerca di incolpare esclusivamente Antinoo, suggerendo che con la sua morte i torti siano espiati.
Versi 46-65:
Odisseo non si lascia ingannare dalle parole di Eurimaco e rifiuta ogni proposta di risarcimento. La sua vendetta deve essere compiuta fino in fondo. Mentre parla, si mostra irremovibile e pronto ad affrontare i pretendenti, che ora devono scegliere se affrontarlo o provare a fuggire.
Versi 66-90:
Eurimaco incita i pretendenti a difendersi, esortandoli a prendere le armi e cercare una via di fuga. Afferrata la spada, si lancia contro Odisseo, ma quest’ultimo lo colpisce al petto, conficcando il dardo nel fegato. Eurimaco crolla a terra, spegnendosi in un’agonia che sancisce la sua sconfitta.
Analisi
Il Libro XXII dell’Odissea, noto anche come il “massacro dei Proci”, è una delle scene più intense e drammatiche del poema, ricca di significato morale e simbolico. Esploriamo alcuni dei temi chiave.
1. La vendetta come giustizia divina e umana
Odisseo agisce come strumento di una giustizia divina; gli dei sono dalla sua parte e guidano la sua mano. L’atto di vendetta non è solo un capriccio personale, ma un modo per ristabilire l’ordine, punendo chi ha offeso i valori sacri della famiglia, dell’ospitalità e del rispetto per il re. La vendetta di Odisseo si trasforma così in una purificazione della casa reale.
2. La giustizia inesorabile di Odisseo
Odisseo appare freddo e inflessibile; rifiuta qualunque tentativo di mediazione o risarcimento da parte dei Proci, rappresentati da Eurimaco. Questo rifiuto sottolinea la sua convinzione che non esista redenzione per i pretendenti. Ogni tentativo di corruzione o pentimento non può che essere considerato una menzogna, e Odisseo è determinato a non concedere loro alcuna possibilità di scampo.
3. Il tema della hybris e della nemesis
I pretendenti sono colpevoli di hybris (tracotanza) per aver tentato di usurpare il ruolo di Odisseo, appropriandosi dei suoi beni e cercando di sposare sua moglie. La loro punizione rappresenta la nemesis (vendetta divina) che ristabilisce l’equilibrio. Il comportamento di Antinoo, in particolare, simboleggia l’arroganza e l’insolenza, e la sua morte è la manifestazione della giustizia divina che si compie tramite Odisseo.
4. Il valore della lealtà
Mentre i Proci vengono puniti per la loro disonestà e ingiustizia, Odisseo incarna i valori della lealtà e del sacrificio. Rischia tutto per tornare a casa e riprendere il proprio posto, e con la sua fermezza dimostra la nobiltà del vero leader, che non tollera tradimenti o inganni.
Commento finale
Il Libro XXII dell’Odissea è il momento culminante del poema, dove Odisseo compie la vendetta tanto attesa e ristabilisce la sua autorità. Questo episodio è al tempo stesso epico e morale, un racconto che esplora le dinamiche del potere, della giustizia e della vendetta.
L’implacabile determinazione di Odisseo ci presenta l’eroe in una luce quasi “divina”, lontana dall’immagine del semplice uomo. Tuttavia, emerge anche l’umanità e la complessità morale dell’eroe: Odisseo è un uomo che ha sofferto, che ha atteso, e che ora agisce come giudice e carnefice. La scena è esemplare della tensione tra giustizia e pietà in un’epoca in cui la vendetta era considerata una forma di giustizia legittima.
Il linguaggio epico e le immagini potenti rendono questo episodio una delle rappresentazioni più evocative e intense della letteratura classica, uno scontro che travalica la storia stessa per farsi simbolo della lotta tra l’ordine e il caos, tra la giustizia e la violenza arbitraria.
Testo dei primi 88 versi del ventiduesimo libro dell’Odissea di Omero
ODISSEA Libro Ventiduesimo
L’astuto Odisseo si tolse gli stracci di dosso, 1
balzò sulla soglia stringendo l’arco e la faretra
piena di frecce; rovesciò i veloci dardi
ai suoi piedi e disse ai pretendenti:
“La terribile prova è stata ormai superata; adesso, 5
se Apollo mi darà la forza di coglierlo, cercherò
un altro bersaglio che nessuno ha mai colpito”.
Così disse e puntò il dardo amaro verso Antinoo.
Questi stava per alzare una bella coppa d’oro
a due anse e la stava avvicinando alle labbra 10
per bere il vino: non aveva nel cuore pensieri
di morte. Chi avrebbe pensato, tra i convitati,
che un uomo solo (anche se assai forte)
avrebbe dato loro la morte (nero destino)?
Mirando alla gola, Odisseo lo colpì con il dardo: 15
la punta gli trapassò il morbido collo.
Egli si piegò da una parte, la coppa
gli cadde dalle mani: subito un denso fiotto
di sangue gli uscì dal naso, spinse lontano
la tavola con un calcio e rovesciò le vivande per terra; 20
pane e carni arrostite si insudiciarono. Gli altri
pretendenti, come videro l’uomo caduto a terra,
gridarono; tutti si alzavano turbati nella sala,
guardando ovunque sulle pareti: ma non vi era
né uno scudo né una lancia da prendere. 25
Allora coprirono Odisseo di improperi con voci irate:
“Straniero, è male scagliare dardi sulle persone!
Non farai più altre gare; ora ti aspetta una morte certa.
Tu ora hai ucciso il più nobile tra i giovani
di Itaca: adesso sarai cibo per gli avvoltoi”. 30
Così dicevano, pensando che il colpo fosse stato
involontario: non s’avvedevano i folli che su tutti
era stato annodato il laccio della morte.
L’astuto Odisseo li riguardò torvo e disse:
“Ah, cani! Pensavate che non sarei più tornato in patria, 35
di ritorno da Troia! Mi avete saccheggiato la casa;
avete giaciuto con le mie ancelle, costringendole;
ambivate alla mia consorte, quando ero ancora vivo:
senza alcun timore degli Dei che abitano il vasto cielo,
senza curarvi del biasimo futuro degli uomini; 40
ma ora è stato annodato il laccio della morte su di voi”.
Così disse e tutti vennero presi da angoscia:
ciascuno cercava di fuggire e di scampare la morte.
Il solo Eurimaco, rispondendo, fece questo discorso:
“Se davvero sei tornato, Odisseo di Itaca, 45
giustamente hai detto quanto hanno fatto gli Achei:
le insolenze nella tua casa e nei campi.
Ma ormai la causa di tutto questo è venuta meno:
Antinoo; lui ha provocato tutto questo.
Non per il desiderio delle superbe nozze: 50
lui mirava ad altro (ma non lo concesse il figlio di Crono).
Egli voleva regnare sul popolo di Itaca ben costruita
e intendeva uccidere in agguato tuo figlio. Ma ora
lui è stato ucciso e tu allora perdona la tua gente;
noi ti daremo un pubblico risarcimento 55
per quanto è stato mangiato e bevuto
nella tua casa, pagando ciascuno un prezzo di venti vacche,
in oro e in bronzo, per placare il tuo cuore.
Non ti si può biasimare per la tua ira”.
L’astuto Odisseo lo guardò torvo e replicò: 60
“Eurimaco, no! Neppure se mi deste tutti i beni paterni
che avete, neppure se ne aggiungeste altri,
nemmeno così fermerei la mano dalla mia vendetta;
non prima che i pretendenti abbiano scontato la loro arroganza.
Ora sta a voi scegliere se combattere corpo a corpo 65
oppure fuggire, evitando il destino di morte:
ma temo che oggi nessuno sfuggirà alla morte”.
Così disse; agli altri si sciolsero il cuore e le ginocchia.
Per la seconda volta, tra loro parlò Eurimaco:
“Amici, non sperate che quest’uomo fermi le braccia; 70
ha preso l’arco ben levigato e la faretra
per tirare frecce ben piallate, sino a quando
non ci avrà uccisi tutti: alla battaglia, dunque!
Sguainate le spade e fatevi scudo con i tavoli
dalle frecce che portano morte: diamogli addosso, 75
tutti insieme; se lo cacciamo via dalla soglia e dalle porte,
potremmo correre in città e chiedere aiuto rapidamente:
allora lui scaglierà frecce per l’ultima volta”.
Così dicendo estrasse l’aguzza lama di bronzo,
affilata da un lato e dall’altro, e balzò addosso a lui, 80
con terribili grida. Ed ecco che il divino Odisseo,
scoccando una freccia, lo colpì in pieno petto
conficcando il dardo nel fegato: l’altro lasciò andare
a terra la spada dalla mano, barcollando cadde giù
sul tavolo, inerte; rovesciò per terra il cibo 85
ed una coppa a due anse. Con il capo colpì il suolo,
angosciato nell’animo; scalciando con i piedi
fece cadere il seggio: poi le tenebre oscurarono i suoi occhi.