Nebbia di Giovanni Pascoli
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28 Dicembre 2019La poesia “Lavandare” di Giovanni Pascoli fa parte della raccolta Myricae, pubblicata nel 1891, ed è un tipico esempio della poetica intimista e simbolica dell’autore.
In pochi versi, Pascoli evoca un paesaggio rurale autunnale, un’immagine di solitudine e malinconia, intrecciata con la vita semplice e faticosa delle lavandaie.
Analisi e commento
Versi 1-3:
Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi, che pare
dimenticato, tra il vapor leggero.
La poesia si apre con una descrizione di un campo arato, ma non completamente lavorato, diviso tra il grigio e il nero, a indicare l’avvicinarsi dell’inverno. L’aratro senza buoi sembra abbandonato e “dimenticato”, un’immagine forte di solitudine e attesa. L’aggettivo “mezzo grigio e mezzo nero” richiama un’atmosfera sospesa, indefinita, che riflette il senso di vuoto e di incompiutezza che attraversa tutto il componimento. Il “vapor leggero” contribuisce a rendere il paesaggio sfumato e irreale, accentuando il contrasto tra la vita attiva e il senso di stasi.
Versi 4-6:
E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene:
Il secondo terzetto introduce le lavandaie, che lavano i panni nel fosso (la “gora”). Il loro lavoro è accompagnato dal “sciabordare”, il rumore dell’acqua mossa dai loro gesti, un suono cadenzato che si mescola ai “tonfi spessi” e alle “lunghe cantilene”. La musicalità dei versi, con il ritmo lento e ripetitivo, richiama l’attività monotona e ciclica delle lavandare. Le cantilene sono probabilmente canti popolari, tristi e lenti, che rendono la scena ancora più malinconica.
Versi 7-10:
Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese!
quando partisti, come son rimasta!
come l’aratro in mezzo alla maggese.
L’ultima quartina della poesia introduce un cambio di tono: dalla descrizione del paesaggio e delle lavandaie, Pascoli passa alla voce di una donna (forse una delle lavandaie), che esprime il suo dolore per l’assenza di una persona amata, presumibilmente il marito o il fidanzato partito. Il verso “nevica la frasca” è una metafora che descrive la caduta delle foglie dagli alberi, creando un’immagine suggestiva di desolazione e solitudine, accentuata dal vento che soffia freddo.
La donna ricorda il momento della partenza e il senso di abbandono che ha provato: “come son rimasta!”. Il paragone con l’aratro dimenticato nel campo (“come l’aratro in mezzo alla maggese”) suggella l’immagine della solitudine: la donna è rimasta immobile, sola e inutile, proprio come l’aratro, che senza i buoi è un oggetto fermo, in attesa. La “maggese” è il terreno lasciato a riposo, un’immagine di stasi che si sposa perfettamente con il tema della sospensione temporale e dell’attesa.
Tematiche principali
- La solitudine: L’aratro abbandonato e il sentimento della donna abbandonata sono due immagini parallele che simboleggiano la solitudine umana, un tema centrale in tutta la poesia di Pascoli.
- Il paesaggio naturale come riflesso interiore: La natura, descritta con il grigiore del campo, il vento freddo e le foglie che cadono, è uno specchio del sentimento di vuoto e di attesa della protagonista.
- La vita rurale: La figura delle lavandare, con il loro lavoro umile e ciclico, rappresenta la vita quotidiana della campagna, che Pascoli spesso celebra, ma qui è associata a una malinconia e una fatica esistenziale.
Testo e Parafrasi
Lavandare (testo della poesia di Pascoli) Nel campo mezzo grigio e mezzo nero E cadenzato dalla gora viene Il vento soffia e nevica la frasca, |
Parafrasi
In un campo grigio e nero, resta fermo un aratro senza buoi, sembra abbandonato, avvolto da una leggera nebbia. Dal canale giunge il rumore ritmico dell’acqua mossa dalle lavandaie, insieme ai colpi pesanti delle loro mani sull’acqua e ai loro canti malinconici e lunghi. Il vento soffia e le foglie cadono dagli alberi come neve, ma tu non sei ancora tornato al tuo paese! Quando sei partito, sono rimasta sola, proprio come l’aratro lasciato nel campo vuoto. |
Commento finale
La poesia Lavandare si inserisce perfettamente nella poetica del “fanciullino” di Pascoli, dove le immagini quotidiane e semplici diventano simboli di emozioni profonde. L’aratro dimenticato è una metafora del dolore umano, un simbolo potente di stasi e solitudine che riflette il tema dell’attesa e della sofferenza per la mancanza della persona amata. La delicatezza del linguaggio e la musicalità del verso contribuiscono a creare un’atmosfera sospesa e malinconica, che caratterizza tutta l’opera pascoliana.
Solo Testo
Lavandare
Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi, che pare
dimenticato, tra il vapor leggero. 3
E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene: 6
Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese!
quando partisti, come son rimasta!
come l’aratro in mezzo alla maggese. 10