Il visconte Medardo colpito dal cannone da Il visconte dimezzato di Italo Calvino
28 Dicembre 2019L’epilogo dell’Odissea XXIV 463-548
28 Dicembre 2019Le ceneri di Gramsci uscirono in volume nel 1957 e raccoglievano undici poemetti, tutti già pubblicati (Il pianto della scavatrice solo parzialmente), per la maggior parte in rivista, tra il 1951 e il 1956.
L’opera cadeva in un momento particolarmente delicato per la cultura di sinistra, in crisi dopo l’«anno terribile» (così sarebbe stato definito da Amendola il 1956), che aveva visto, in rapida successione, il XX Congresso del Pcus in Urss, con la condanna di Stalin che tante speranze, ma anche tanto sconcerto aveva suscitato, e l’evento drammatico dell’invasione dell’Ungheria, cui seguì la diaspora degli iscritti dal Pci, che s’era schierato a fianco dei carri armati russi. In questo contesto, il libro di Pasolini, assemblato intorno al poemetto eponimo, che faceva spicco tra gli altri, giunse particolarmente ricco di un’attualità politica
e civile di cui non è facile per il lettore odierno, soprattutto quello più giovane, farsi un’idea adeguata, in un mondo che, a mezzo secolo da quegli eventi, è cambiato fino a rendersi irriconoscibile.
Giuseppe Leonelli
Queste sono le caratteristiche di Le ceneri di Gramsci (1957)
- Dialogo-monologo di sapore foscoliano
- Impostazione provocatoria della sperimentazione espressiva
- Alternativa al neorealismo e al post-ermetismo
- Poesia di impegno civile (contro lo sviluppo industriale)
- Essere diverso da tutti e solo
- Lo scandalo del contraddirsi
Leggiamo adesso alcuni versi da Le ceneri di Gramsci
III. Uno straccetto rosso, come quello
arrotolato al collo ai partigiani
e, presso l’urna, sul terreno cereo, 81
diversamente rossi, due gerani.
Lì tu stai, bandito e con dura eleganza
non cattolica, elencato tra estranei 84
morti: Le ceneri di Gramsci… Tra speranza
e vecchia sfiducia, ti accosto, capitato
per caso in questa magra serra, innanzi 87
alla tua tomba, al tuo spirito restato
quaggiù tra questi liberi. (O è qualcosa
di diverso, forse, di più estasiato 90
e anche di più umile, ebbra simbiosi
d’adolescente di sesso con morte…)
E, da questo paese in cui non ebbe posa 93
la tua tensione, sento quale torto
– qui nella quiete delle tombe – e insieme
quale ragione – nell’inquieta sorte 96
nostra – tu avessi stilando le supreme
pagine nei giorni del tuo assassinio.
Ecco qui ad attestare il seme 99
non ancora disperso dell’antico dominio,
questi morti attaccati a un possesso
che affonda nei secoli il suo abominio 102
e la sua grandezza: e insieme, ossesso,
quel vibrare d’incudini, in sordina,
soffocato e accorante – dal dimesso 105
rione – ad attestarne la fine.
Ed ecco qui me stesso… povero, vestito
dei panni che i poveri adocchiano in vetrine 108
dal rozzo splendore, e che ha smarrito
la sporcizia delle più sperdute strade,
delle panche dei tram, da cui stranito 111
è il mio giorno: mentre sempre più rade
ho di queste vacanze, nel tormento
del mantenermi in vita; e se mi accade 114
di amare il mondo non è che per violento
e ingenuo amore sensuale
così come, confuso adolescente, un tempo 117
l’odiai, se in esso mi feriva il male
borghese di me borghese: e ora, scisso
– con te – il mondo, oggetto non appare 120
di rancore e quasi di mistico
disprezzo, la parte che ne ha il potere?
Eppure senza il tuo rigore, sussisto 123
perché non scelgo. Vivo nel non volere
del tramontato dopoguerra: amando
il mondo che odio – nella sua miseria 126
sprezzante e perso – per un oscuro scandalo
della coscienza… 128
- Lo scandalo del contraddirmi, dell’essere
con te e contro te; con te nel core,
in luce, contro te nelle buie viscere; 131
del mio paterno stato traditore
– nel pensiero, in un’ombra di azione –
mi so ad esso attaccato nel calore 134
degli istinti, dell’estetica passione;
attratto da una vita proletaria
a te anteriore, è per me religione 137
la sua allegria, non la millenaria
sua lotta: la sua natura, non la sua
coscienza: è la forza originaria 140
dell’uomo, che nell’atto s’è perduta,
a darle l’ebbrezza della nostalgia,
una luce poetica: ed altro più 143
io non so dirne, che non sia
giusto ma non sincero, astratto
amore, non accorante simpatia… 146
Come i poveri povero, mi attacco
come loro a umilianti speranze,
come loro per vivere mi batto 149
ogni giorno. Ma nella desolante
mia condizione di diseredato,
io possiedo: ed è il più esaltante 152
dei possessi borghesi, lo stato
più assoluto. Ma come io possiedo la storia,
essa mi possiede; ne sono illuminato: 155
ma a che serve la luce?