Jingle bells
28 Dicembre 2019Prefazione dell’ Amante di Gramigna
28 Dicembre 2019Giovanni Verga è un autore le cui opere sono un monumento alla rappresentazione cruda e spietata della realtà, un cantore della condizione umana imprigionata da leggi ineluttabili.
Le sue “ferree leggi” non sono altro che le dinamiche implacabili della natura, della società e della vita stessa, che piegano e schiacciano i destini dei suoi personaggi, soprattutto nelle sue opere più celebri, come I Malavoglia e Mastro-don Gesualdo.
Il Verismo: La legge della necessità
Verga è il massimo esponente del Verismo, un movimento letterario che, traendo ispirazione dal naturalismo francese (pensa a Émile Zola), si proponeva di rappresentare la vita così com’è, senza idealizzazioni o abbellimenti. Il mondo narrativo verghiano è dominato dalla necessità, una forza inesorabile che governa l’esistenza dei suoi personaggi. Non c’è spazio per sogni di emancipazione sociale o per eroismi romantici. Ogni tentativo di sfuggire al proprio destino è destinato a fallire.
L’autore siciliano mostra una visione profondamente pessimistica dell’esistenza umana, dove ogni individuo è prigioniero della sua classe sociale, delle sue origini, e soprattutto della lotta per la sopravvivenza. Verga osserva gli uomini come animali in lotta per la vita, incapaci di spezzare il cerchio della propria miseria e della condizione sociale in cui sono nati. L’equilibrio sociale è ferreo e infrangibile.
La “roba” e l’egoismo umano
Uno dei temi centrali nella narrativa verghiana è quello della “roba”, intesa come il possesso materiale, il denaro, la proprietà. In Mastro-don Gesualdo, il protagonista Gesualdo Motta incarna perfettamente questa legge. Partito come umile muratore, diventa ricchissimo accumulando “roba”, ma a quale prezzo? La sua esistenza è un progressivo sacrificio di affetti e sentimenti, mentre l’ossessione per la “roba” lo aliena completamente dalla sua famiglia e dalla comunità.
La “roba” è una sorta di trappola: chi la possiede ne è posseduto, incapace di trovare una vera felicità. La conquista del benessere economico non porta la libertà, ma una forma più sottile di schiavitù. Anche qui, vediamo come l’uomo non può sottrarsi alle leggi economiche e sociali del suo tempo.
I Malavoglia e la legge dell’immutabilità sociale
Ne I Malavoglia, la famiglia Toscano cerca di migliorare la propria condizione attraverso un azzardo economico: l’acquisto di un carico di lupini. Questo tentativo di sfidare il proprio destino si rivela un disastro. La famiglia Malavoglia non solo perde i lupini, ma anche la barca, la “Provvidenza”, e la casa del nespolo, simboli entrambi del loro legame alla tradizione e al lavoro umile, ma dignitoso, del mare.
La narrazione mostra come qualsiasi tentativo di ascendere socialmente sia non solo inutile, ma anche dannoso. I Malavoglia, infatti, non riescono a sfuggire al proprio destino: la legge della tradizione e della sottomissione alla natura è ineludibile. Verga, dunque, dipinge una società in cui il cambiamento non è possibile. Il singolo che cerca di ribellarsi è inevitabilmente ricacciato al suo posto, come parte di un grande ingranaggio che funziona secondo leggi imperscrutabili e ineluttabili.
La concezione della “fiumana del progresso”
Verga parla della “fiumana del progresso”, ma non lo fa con l’entusiasmo tipico del positivismo del suo tempo. Anzi, per Verga il progresso non è un’opportunità, ma una forza devastante, un flusso che travolge tutto e tutti. Non c’è redenzione o speranza nel cambiamento, perché il progresso porta con sé distruzione, alienazione e la perdita dei valori tradizionali. In questo contesto, le leggi economiche e sociali del progresso si impongono sulle vite degli umili, che finiscono per essere sacrificati sull’altare di un futuro che non appartiene a loro.
La modernità rappresenta una minaccia, più che un’opportunità, e i protagonisti verghiani ne sono vittime predestinate. L’immutabilità del loro destino si scontra con l’ineluttabilità del progresso, che non rispetta né tradizioni né affetti.
La “religione del focolare”
Nella narrativa verghiana, la famiglia rappresenta un microcosmo in cui si manifestano le ferree leggi del mondo. La famiglia è il nucleo intorno a cui ruotano i destini dei personaggi, ma è anche una prigione. Ne I Malavoglia, la casa del nespolo è l’ultimo baluardo della stabilità famigliare e della tradizione, ma anche un simbolo della condizione stagnante e della mancanza di opportunità. Il desiderio di proteggere la famiglia è, allo stesso tempo, una nobile causa e una forma di condanna, poiché impedisce ogni reale cambiamento.
Conclusione: Un mondo immutabile
Le “ferree leggi” del mondo verghiano sono quelle dell’immutabilità sociale, dell’egoismo umano e della lotta per la sopravvivenza. Non vi è scampo dalla miseria e dalla condizione sociale: chi tenta di sfuggire a queste leggi viene inesorabilmente punito. La visione di Verga è disincantata, priva di speranza, e suggerisce che l’essere umano, per quanto desideri cambiare il proprio destino, è sempre soggetto a forze più grandi di lui, che lo costringono a rimanere al proprio posto, come un ingranaggio di una macchina più grande.
Se ti senti spinto a leggere oltre su questa straordinaria concezione del destino, non posso che raccomandarti la lettura critica di Luigi Russo, uno dei maggiori studiosi di Verga, o, meglio ancora, leggi le stesse opere di Verga, soprattutto I Malavoglia e Mastro-don Gesualdo, dove questo dramma esistenziale viene mostrato in tutta la sua cupa potenza.