La metamorfosi di Franz Kafka -. di Enrico Campiti
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10 Settembre 2015Il romanzo di Manfredi narra delle vicende di Talos, giovane spartano nato in una nobile famiglia della città ma abbandonato in fasce dal padre Aristarchos sul monte Taigeto, a causa di una malformazione al piede. Allevato da un anziano pastore Ilota, Kritolaos, il giovane crebbe forte e coraggioso, ma ignaro delle proprie origini.
Allo scoppio delle guerre persiane il ragazzo come tutti gli Iloti fu condotto a Sparta per essere scelto come aiutante dei soldati in guerra. Il caso volle che Talos venisse scelto dal guerriero Brithos, in realtà suo fratello maggiore, cresciuto nella casa del padre e del tutto ignaro della vera identità del giovane ilota. Insieme a lui partì in guerra e combatté alle Termopili, assistendo, inconsapevole, alla morte del suo vero padre durante la famosa battaglia. Talos, Brithos e un altro guerriero di nome Aghias furono gli unici a scampare alla morte, venendo incaricati dal re Leonida di tornare a Sparta per recapitare un messaggio.
Al loro rientro in patria, tuttavia, i due guerrieri superstiti furono accusati di diserzione poiché un agente della “kripteya” aveva sostituito il messaggio del re con uno vuoto; incapace di sopportare la vergogna, Aghias si suicidò impiccandosi in casa sua mentre Brithos, fuggito una notte per uccidersi, venne salvato da Talos che lo trasportò nella sua capanna e lo convinse a riscattarsi. Con il suo aiuto, Brithos iniziò così una guerra solitaria combattendo tutto l’autunno, l’inverno e la primavera in tutta la Grecia per uccidere gli emissari e truppe persiane alla ricerca della redenzione.
In seguito alla gloriosa morte di Brithos, Talos fu riconosciuto come spartano e unico superstite della famiglia dei Kleomenidi e scoprì che il suo vero nome era Kleidemos. Riguadagnata la sua identità, il giovane intraprese la carriera militare e portando a compimento numerose missioni, e diventando così comandante di un plotone.
Nel frattempo, anche a causa dei sotterfugi del re Pausania, si inaspriscono le tensioni fra gli abitanti della città e i servi Iloti, e Talos decide infine di ricongiungersi a questi ultimi, che sente essere la sua propria gente, guidandoli nella lotta contro gli Spartani e portandoli infine a ottenere la libertà. In seguito ad un terremoto, gli Iloti approfittano della situazione per scappare da Sparta e ritirarsi nell’antica, ed oramai distrutta, città di Ithome. Ricostruiscono dalle macerie l’antico splendore, ripristinando soprattutto le mure, consapevoli già del fatto che sparta li avrebbe attaccati per riportarli in schiavitù. Dopo una serie di attacchi che devastano le difese e decimano i combattenti, Talos decide una disperata impresa nel tentativo di salvare almeno la sua gente. fa scappare da una lato delle mura coloro che non potevano combattere, quindi con gli altri si diresse in piena notte verso l’accampamento spartano per portare lo scompiglio e quindi permettere la fuga dei contadini. Poco dopo però gli Iloti si ritirano verso una collinetta designata come punto d’incontro. Gli Spartani avanzano ma vengono fermati da un messaggero che riporta le parole dell’oracolo di Delfi, che ordinava di lasciare andare via liberi i contadini. Difatti poco dopo il messaggero, due ufficiali Ateniesi presero in consegna gli Iloti portandoli verso la libertà che offriva Atene. Talos però sparisce e Karas, amico di suo nonno Kritolaos, ritroverà l’armatura e le armi appoggiate ad un albero. Quindi le riporta verso il luogo segreto ove erano state nascoste, affinché, se ci fosse stato bisogno, Talos, il Lupo, avrebbe potuto ritrovarle e riutilizzarle.
Talos viene presentato all’inizio del racconto dal narratore ma in maniera superficiale senza prestare attenzione ai particolari. Gli altri aspetti fisici si possono ricavare dalle brevi descrizioni che sono inserite qua e là. Per quanto riguarda il carattere, esso non viene descritto, ma è facilmente intuibile dal suo comportamento. Come per l’aspetto fisico, il carattere è in costante evoluzione durante il racconto.
Valerio Massimo Manfredi svolge la funzione di narratore esterno. La narrazione è infatti in terza persona singolare e si limita a presentare i fatti così come si sono svolti. Il punto di vista può anche essere considerato a focalizzazione zero perché il narratore è onnisciente, cioè sa tutto, anche ciò che sta avvenendo in luoghi lontani da quelli in cui si svolge l’azione. Conosce anche i diversi punti di vista dei vari personaggi. Per riferire i discorsi dei personaggi viene utilizzato il discorso diretto libero e viene usato solo in misura minore il discorso indiretto.
E’un testo che mi è piaciuto soprattutto perché descrive la forza di volontà del protagonista; infatti, Talos; nonostante fosse zoppo, grazie alla sua forza di volontà è riuscito a diventare un grande guerriero. Inoltre è una storia coinvolgente che permette di immaginare come era il tempo degli dei e degli eroi.
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[…] “Lo scudo di Talos” di Valerio Massimo Manfredi di Francesco Dolci […]