La Signorina Felicita di Guido Gozzano
28 Dicembre 2019A me pare uguale agli dei di Saffo
28 Dicembre 2019La poesia crepuscolare rappresenta una fase di transizione importante nella letteratura italiana del primo Novecento, caratterizzata dal rifiuto consapevole della tradizione poetica precedente e dalla volontà di smantellare molti dei suoi tratti dominanti.
I Crepuscolari, attivi principalmente tra il 1903 e il 1911, si allontanano dal culto della grandiosità e dalla visione eroica e vitalistica di autori come Gabriele D’Annunzio e dal titanismo del superuomo. Invece, i crepuscolari scelgono un atteggiamento dimesso, improntato a una malinconica ironia e a un’intensa riflessione sulla fragilità umana e l’insignificanza delle cose quotidiane. Essi sono disincantati, consapevoli del fallimento delle grandi aspirazioni umane, e si rifugiano in una poesia che celebra il quotidiano, l’umile e il provinciale.
Lo smantellamento della tradizione nella poesia crepuscolare
- Rifiuto della grandiosità e dell’estetismo dannunziano La poesia crepuscolare si oppone apertamente al modello dannunziano, che esalta il culto del bello, della forza e della vitalità. Gabriele D’Annunzio, con la sua figura del poeta vate e del superuomo, rappresentava una visione dell’arte come un’impresa eroica e una manifestazione di potenza. I crepuscolari, al contrario, smantellano questa visione, scegliendo come tema centrale della loro poesia non il sublime, ma il banale, il piccolo, il dimesso. Invece di celebrare il mito della bellezza e della forza, si concentrano su una quotidianità modesta, quasi invisibile, fatta di gesti semplici e di oggetti familiari.Ad esempio, Guido Gozzano, uno dei maggiori esponenti del movimento, sceglie di raccontare non grandi passioni o avventure, ma le vicende semplici della vita di provincia, con una malinconia ironica che dissolve ogni tentativo di monumentalità. Nella sua poesia “La signorina Felicita, ovvero la felicità”, Gozzano celebra la figura di una ragazza comune, Felicita, lontana dall’ideale di bellezza sublime dannunziano, ma che rappresenta una forma di autenticità e semplicità. La poesia esprime un rifiuto del sublime estetico in favore di una realtà più umile e quotidiana.
- Poetica delle piccole cose I crepuscolari abbandonano la celebrazione delle grandi imprese e degli ideali eroici e si rifugiano in una poesia delle piccole cose, dove protagonisti diventano oggetti comuni, luoghi domestici, giardini, stanze polverose, vecchi arredi e abitudini quotidiane. La grandezza e il sublime lasciano spazio a una visione ridotta, umile, in cui anche la bellezza si nasconde nei dettagli più insignificanti della vita. Questa scelta di temi così modesti rappresenta una rottura netta con la tradizione ottocentesca e con il lirismo classico, inaugurando una nuova sensibilità poetica.Nella poesia “Invernale” di Gozzano, ad esempio, l’immagine del ghiaccio che si incrina durante una pattinata è emblematica della fragilità umana e della precarietà della condizione esistenziale, priva di grandiose aspirazioni, ma intrisa di una malinconia dimessa.
- Disincanto e ironia I Crepuscolari adottano spesso un atteggiamento di disincanto nei confronti della vita e della poesia stessa. L’ironia è uno degli strumenti principali con cui demitizzano il ruolo del poeta, e con cui riducono la poesia a qualcosa di quotidiano e privo di valore eroico o spirituale. Questo distacco ironico permette loro di guardare alla realtà con una consapevolezza critica, ma anche di evitare la celebrazione o l’enfasi retorica che caratterizzava la poesia dannunziana o quella romantica.In Sergio Corazzini, poeta crepuscolare dalla vena più malinconica, l’ironia è legata a un senso di fragilità e insignificanza personale. Nella sua celebre poesia “Desolazione del povero poeta sentimentale”, Corazzini rifiuta esplicitamente il ruolo tradizionale del poeta vate o del poeta sublime, affermando di essere soltanto un “piccolo fanciullo che piange”. Questo verso rappresenta il culmine della poetica crepuscolare: il poeta non è più colui che illumina la via agli altri, ma una figura fragile, malinconica, quasi patetica, che osserva il mondo con tristezza e consapevolezza della propria inadeguatezza.
- Frammentazione e mancanza di slancio vitale Un altro elemento di rottura rispetto alla tradizione è la scelta di una poetica basata su una certa frammentazione e assenza di dinamismo vitale. I crepuscolari, pur affrontando spesso temi intimi e sentimentali, evitano la retorica dell’amore passionale o delle forti emozioni, preferendo raccontare sentimenti modesti, talvolta quasi insignificanti, e spesso pervasi da un senso di stanchezza e disillusione.L’amore, ad esempio, è descritto come una forma di affetto modesto, privo di slanci, come si può vedere nella già citata “La signorina Felicita”, dove la relazione tra i protagonisti è lontana da ogni idealizzazione romantica: è piuttosto un legame semplice, basato su piccole cose, privo di grandi passioni o tensioni. Anche la decadenza e il passato giocano un ruolo centrale nelle loro poesie, dove oggetti e luoghi sembrano testimoniare un’epoca che è ormai svanita, come nella descrizione di vecchie case in rovina o arredi dimenticati.
- Una poesia antieroica e di rinuncia La poesia crepuscolare è anche una poesia di rinuncia: rinuncia alla grandezza, al vitalismo, alla gloria. I Crepuscolari, consapevoli della crisi del poeta e della frammentazione dell’io, non cercano più di essere guide per la società, come i poeti romantici o dannunziani, ma si presentano come figure sconfitte dalla modernità, disincantate, che non aspirano più a cambiare il mondo o a elevarsi sopra di esso. Al contrario, la loro poesia diventa il riflesso di un fallimento esistenziale e di un ripiegamento su se stessi.
Conclusione
Lo smantellamento della tradizione nella poesia crepuscolare è un processo consapevole e profondo, che riguarda non solo i temi e le immagini della poesia, ma anche il ruolo del poeta stesso e la sua funzione nella società. La poesia crepuscolare abbandona la celebrazione del sublime e dell’eroico, preferendo una visione dimessa, quotidiana e malinconica della vita, dove il poeta non è più un vate, ma una figura fragile e ironica.