TRIESTE
Ho attraversata tutta la città
Poi ho salita un’erta,
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.
Triestre ha una scontrosa
grazia. Se piace
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalarti un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via
Scopro, se mena all’ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l’ultima, s’aggrappa.
Intorno
Circola ad ogni cosa
Un’aria strana, un’aria tormentosa,
l’aria natia.
La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva.
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CITTÀ’ VECCHIA
Spesso, per ritornare alla mia casa
Prendo un’oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
Qualche fanale, e affollata è la strada.
Qui tra la gente che viene e che va
Dall’osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci e uomini il detrito
di un gran porto di mare,
i o trovo, passando, l’infinito
nell’umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
Che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane impazzita
d’amore,
son tutte creature della vita
e del dolore;
s’agita in esse, come in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia
Il mio pensiero farsi
Più puro ove più turpe è la via
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