Sennuccio mio, benché doglioso et solo
m’abbi lasciato, i’ pur mi riconforto,
perché del corpo ov’eri preso et morto,
alteramente se’ levato a volo.
Or vedi inseme l’un et l’altro polo,
le stelle vaghe et lor vïaggio torto,
et vedi il veder nostro quanto è corto,
onde col tuo gioir tempro ‘l mio duolo.
Ma ben ti prego che ‘n la terza spera
Guitton saluti, et messer Cino, et Dante,
Franceschin nostro, et tutta quella schiera.
A la mia donna puoi ben dire in quante
lagrime io vivo; et son fatt’una fera,
membrando il suo bel viso et l’opre sante.
Sonetto 287: planctus che testimonia l’amicizia del Petrarca per Sennuccio del Bene in morte di questo; era un guelfo bianco come Dante che si trasferisce ad Avignone dopo essere stato esiliato, ma ritorna a Firenze nel 1326 grazie ad un’amnistia e muore nel 1349. L’anno 1348 è quello della peste, ciclica nel Medioevo, si muoveva tramite le navi e i topi nel mondo conosciuto, è un annus terribilis come enunciato da Boccaccio, ecco perché stabilirlo come in morte di Laura, l’anno della divisione. Ma è anche l’anno del divorzio dai Colonna, l’anno prima c’era stato il disastro di Cola di Rienzo, Petrarca dopo esserne stato partigiano non poteva rientrare nella cerchia dei suoi acerrimi avversari; momento di crisi per le scelte politiche individuali di Petrarca, è un anno di scissione. Non a caso pochi anni dopo Petrarca lascia la Provenza per trasferirsi a Milano, ecco gli elementi che portano alla scelta di quest’anno come divisione nella fabula del canzoniere. Petrarca chiede all’amico di salutargli Guittone, messer Cino e Dante, che viene messo in punta di verso sconvolgendo la cronologia, istanza stilistica che prevale (anche perché in rima). Petrarca nell’incipit gioca sui due piani del dolore e del conforto, elementi contraddittori che il poeta usa per indicare la dimensione spirituale del poeta; il suo amico era morto qui quando era prigioniero del corpo, ora invece si è levato alteramente e pur nel suo dolore Petrarca trova quindi conforto. Vedi il veder nostro: oggetto interno ????, la nostra vista è debole. Terza sfera: dove incontrerà le anime degli spiriti amanti. Ben: rafforzativo, intensamente. Guittone Cino e Dante sono ricordati come poeti d’amore così come nel triumphus cupidinis; messer Cino invocato con il titolo che gli competeva in quanto maestro di diritto; Petrarca scrive un planctus anche in morte di costui e l’andamento è simile (piangete donne e con voi pianga Amore); l’incipit è un richiamo della vita nuova, anche qui ne parla come poeta che ha esaltato amore. Piangano le rime e i versi: Castelvetro proponeva piangano poesia volgare (rime) e latina (versi) perché messer Cino giurista e poeta d’amore si è appena allontanato. Cino si diceva poeta a tempo perso, scrivendo in volgare doveva presentarla come attività svolta in modo leggero anche se in realtà lo impegnava moltissimo. Messer Cino insegnò anche a Napoli e fu maestro di Boccaccio, a Napoli c’erano molti toscani allora padroni delle finanze. Franceschin: Franceschino degli Albizzi morto nel 1348 prima di Sennuccio legato da rapporti di parentela con Petrarca, anch’egli poeta, di maniera ma rispettabile. Poi Petrarca affida a Sennuccio un messaggio per Laura; in quante… lacrime, enjambement, enfatizza la sofferenza, le lacrime sono in punta di verso; il poeta sta scrivendo come lui vive la sofferenza della morte. Una fera: indica la solitudine, è uomo che desidera solo il folto delle selve e fugge il consorzio umano, torna il tema di solo et pensoso.