GIUSEPPE UNGARETTI – tema
29 Aprile 2012IL NIPOTE DEL MAGO – compito
29 Aprile 2012Era una calda serata d’estate, un’attesissima estate dopo aver superato l’estenuante mese di maggio del liceo classico. non dovevo pensare più alle verifiche, alle interrogazioni, alle veglie notturne per finire i compiti e alla sveglia che ora giace rinchiusa nel cassetto del comodino. L’aria profumava di vita, del cibo del buffet e di spensieratezza. Era una perfetta cena di classe, gli amici mi circondavano scherzando e consapevoli anch’essi che non c’era più niente d cui preoccuparsi ormai.
Era calata la sera, qualche nuvola oscurava il cielo e i rami degli alberi ci chiudevano con una cupola di foglie scure lasciando solo raramente spazio al cielo dove la luna lottava per non essere sopraffatta dalle nubi dense che ci minacciavano dall’alto. L’oscurità cadde silenziosa e subdola si intromise nell’aria festiva ora carica di tensione. Le risate e il clima affettuoso fecero spazio poco a poco ad un silenzio piatto ma non vuoto. Un lampo, violento, abbagliante. Ci sorprese tutti e illuminò per un istante la terra con la sua luce sinistra e incolore, per un istante tutto fu terribilmente bianco.
– sarebbe meglio tornare a casa.- Il pallore di Paola mi spaventava, come le sue occhiaie incise sotto due occhi sperduti e nervosi, poi la Terra tremò e il rumore più spaventoso che io abbia mai sentito mi trapassò le orecchie, tutto diventò bianco ancora e una nuova scossa fece tremare ancora il mio petto dall’improvvisa esplosione di suono: stava arrivando una tempesta. Un ululato lontano si fece sempre più insistente, vento tra le foglie o un mostro nascosto?
– mettiamoci nella cantina di casa mia è staccata dalla casa e non è molto piccola ma ci dovremmo stare-
Schiacciati e compressi ci sedemmo tutti in cerchio mentre l’aria si faceva lentamente e silenziosamente soffocante e i rumori della tempesta ci arrivavano distorti e ovattati, quando un rumore ruppe il silenzio.
– io so una storia di paura-. Daniel era un accanito lettore di storie horror e la sua conoscenza in materia era sconfinata, trovava sempre piacere a far spaventare la gente con le sue storie ricavate dalla fusione e trasformazione di libri che aveva letto, così cominciò.
– quasi cento anni fa, qui nelle vicinanze sorgeva una casetta abitata da una coppia appena sposata, gli sposati erano Eduard e Rebecca. Erano innamorati e felici e niente sembrava turbare il loro amore, finché Eduard non venne licenziato, cominciò a bere e ubriacarsi, divenne burbero e rozzo. Un giorno Rebecca andò ad attingere l’acqua al pozzo per allontanarsi dal marito ebbro, avevano appena litigato come succedeva spesso ormai in quel periodo e lui si infuriò così tanto che, spinto dall’alcool, raggiunse la moglie fuori e lì litigarono per ore e ore, ma nessuno poteva sapere della disgrazia che stava per succedere. Fu tutto improvviso e troppo veloce per essere controllato. Un insulto un po’ troppo grosso, un bicchierino di troppo, una spinta troppo forte e lei precipitò nell’infinita oscurità del pozzo, un tonfo sordo e poi più nulla-.
Trasalii. Un brivido mi percorse la schiena mentre un altro tuono sembrò scuotere la casetta fin dalle fondamenta.
– pochi istanti dopo Eduard si accorse di quello che aveva fatto così pianse per giorni interi, inginocchiato davanti al pozzo invocava la moglie e si struggeva l’animo dal rimorso, pianse così tanto che lentamente formò il lago Kasda, su cui affaccia questa casa, e il suo corpo di disgregò nella nebbia perenne che aleggia sopra la distesa di lacrime. Nessuno vide più Eduard Litchville ma si dice che ogni notte tempestosa le acque del lago si aprano nell’esatto centro facendo riemergere il bellissimo corpo esanime di lady Rebecca, tanto splendida che, attratto dai suoi occhi, ccadrai in trappola finendo a tua volta nel pozzo-.
Accadde tutto improvvisamente. Il rumore scrosciante dell’acqua, un ululato mostruoso e poi passi, passi sempre più pesanti e vicini, inarrestabili e tremendi, poi una mano, fredda, sulla mia spalla, bagnata, improvvisa, morta. Urla, gemiti, paura. Corsi fuori, il freddo della notte mi accolse sinistro. Poi una confusione sciamante che scappava da una figura bianca, candida, era così piccola e attraente, sapevo che non dovevo guardarla negli occhi ma lei ormai mi aveva già vista. Estasi e un piacevole torpore. Quanta bellezza, ma dove mi voleva portare? Mi prese una mano e mi trascinò, ma che importava? Ero incantata, tutto lo percepivo ovattato, gli altri mi urlavano qualcosa ma non sentivo, ero troppo impegnata. Com’era bianca, e fredda…la sua mano mi conduceva sicura e io non potevo oppormi, non a lei. Mi sorrise, i suoi capelli bianchi le circondavano il viso ondeggiando lievemente nell’aria. Era perfetta…poi d’un tratto i suoi occhi sgranati e tondi diventarono rossi, le si dipinse una smorfia terrificante sulle labbra ormai deturpate in un urlo terribile, poi mi sentii cadere…sempre più giù, tutto era sempre più scuro.