Una titol’azione così perentoria deriva dall’inventariazione
dei due principali nodi problematici della scuola: nulla è stato fatto per la
loro soluzione, anzi, è mancata perfino la loro percezione.
La filosofia anarchica e
l’individualismo, che identificano la loro controparte nello Stato, non hanno
subito scalfitture: nella scuola la volontà del legislatore è sempre stata
sistematicamente travisata e sterilizzata, risolta nella sola compilazione di
carte di lampante inutilità[1].
La ristrutturazione del sistema scolastico è iniziata
sull’onda della protesta del 68. I decreti delegati del 1974, per arginare
l’onda distruttiva, hanno sposato la dottrina scientifica per riorganizzare l’assetto
scolastico.
L’hanno
ridisegnato assegnando funzioni e compiti a organismi[2]:
·
strategici che, curando
il rapporto con la società, elaborano e adottano gli indirizzi generali per orientare
il servizio alla promozione di
comportamenti utili all’inserimento dei giovani in un contesto in
frenetica evoluzione;
·
tattici che,
attraverso la programmazione dell’azione educativa, ipotizzano e controllano
i percorsi d’apprendimento;
·
di coordinamento che
intrecciano i diversi insegnamenti per farli convergere verso traguardi comuni;
·
operativi che
progettano i lavori di classe per concretizzare le decisioni che,
collegialmente, sono state assunte.
E’ innegabile l’insolvenza del
mandato ricevuto dagli organi della scuola.
Quali motivazioni hanno portato alla sua elusione?
1. I dirigenti scolastici non hanno mai
accettato che un genitore fosse posto a capo dell’organismo strategico e, da
quarant’anni, stanno combattendo una battaglia per riconquistare centralità
nella gerarchia della scuola. La loro vittoria è a portata di mano: il DDL
Aprea, in discussione nella commissione cultura della camera e il progetto
sperimentale VALeS[3]
tendono a reintrodurre un obsoleto modello organizzativo di cui il preside è
l’architrave.
Scelta irrazionale: in presenza di
situazioni complesse l’inefficacia di tale struttura decisionale è accertata e
universalmente accettata.
Il fallimento del riordino
strutturale della scuola deriva dalla mancata redazione, da parte dei dirigenti
scolastici, di ordini del giorno atti a mettere gli organi di governo di fronte
alle loro responsabilità.
2. I docenti non possiedono
professionalità.
Per comprendere l’oggetto del
mandato loro conferito si deve far riferimento alla struttura decisionale della
scuola che, nell’ordine, affronta i problemi formativi, quelli educativi,
dell’istruzione e finalmente quelli dell’insegnamento.
I docenti, limitando al solo
insegnamento il campo di loro pertinenza, impediscono, nei fatti, l’orientamento
e il controllo del servizio scolastico.
E’ una scelta di comodo: è bello
delegare alle case editrici le responsabilità progettuali; genera sicurezza l’aver
come modello l’università. Si tratta di un riferimento inadeguato, che non
tiene in alcuna considerazione il fatto che l’insegnamento universitario ha un
orientamento diametralmente opposto a quello della scuola: istruzione .. formazione .. educazione sono
gli “stati” del procedere di quest’ultimo.
Da un lato un sistema finalizzato
alla promozione delle capacità dei giovani[4],
dall’altro un’organizzazione con a cardine la conoscenza.
In
questo contesto deve essere collocata la trionfale introduzione alle
nuove tecnologie dell’informazione: non sono nuovi supporti per veicolare
informazioni ma spazi virtuali in cui idee, razionalmente concepite, sono messe
alla prova. Strumenti per la
finalizzazione della didattica.
[1]
Cfr ad esempio in rete “Voti,
valutazione, insufficienze: parole che offuscano il problema educativo”
“Libertà di insegnamento, ovvero i bamboccioni”
[2]
CFR in rete “Coraggio! Organizziamo le scuole”
[3]
CFR in rete ” VALeS un progetto concepito da persone che non conoscono le
regole del gioco”
[4]
CFR art. 2 legge 53/2003