Chi mi ha seguita in passato sa che, quando mi occupo di contenuti
culturali, il mio obiettivo è fare divulgazione ed utilizzare quei contenuti
per attivare riflessioni sul nostro presente caratterizzato da uno
stravolgimento totale del mondo di valori a cui istituzioni quali la scuola si
aggrappano, ma che non sembrano riuscire a parlare una lingua viva al giovane.
Come è ovvio, il fine che noi ci proponiamo condiziona e determina il
nostro punto di partenza, ovvero il modo in cui noi ordiniamo, diciamo così,
gli elementi che servono al nostro ragionamento, dando ad alcuni aspetti di
essi importanza, tralasciandone o minimizzandone altri. Quindi io qui non faccio
Storia della Filosofia. Vorrei invece utilizzare un periodo storico di
drammatici rivolgimenti politici e conseguente crisi di valori vissuto
dall’Atene durante e subito dopo la guerra del Peloponneso per rivisitare
alcune figure di pensatori celeberrimi, di cui almeno Socrate e Platone, anche
se non mi dispiacerebbe anche accennare ad Aristotele, suggerendone così la
conoscenza diretta dei testi.
Il primo dei miei post a cercato di dare qualche input sulla conoscenza
del periodo storico di riferimento: le lezioni del Prof. Canfora sono davvero
preziosissime e, credo io, per nulla tediose. Il secondo lo ho dedicato al
Simposio di Platone, dialogo importante e molto conosciuto, che, come dicevo,
racchiude varie chiavi di lettura. Concentriamoci su questa, che propongo,
mettendola in relazione con il post precedente: Platone, nato attorno al 427
a.C., cresce e si sviluppa durante la guerra del Peloponneso, che era scoppiata
circa 4 anni prima della sua nascita e che terminerà nel 404. a.C, quando ormai
egli è un giovane uomo di 23/24 anni. Cinque anni dopo, nel 399.a.C., Socrate
viene condannato a bere la cicuta: Platone è a quel punto un uomo fatto. Ma è
un uomo che, anziché assorbire da Socrate la lezione del distacco dalle cose
terrene come faranno scuole di pensiero minori inaugurando una tendenza che si
rafforzerà via via entreremo nel periodo storico detto “ellenistico”,
e che in parte potremmo già riconoscere nella figura dello studioso lettore
di libri introdotta da Aristotele, cercherà a modo suo di proporre soluzioni
che in generale dessero all’uomo la fiducia dell’esistenza di fondamenti della
realtà solidi e validi a tutti i livelli in un mondo ormai completamente
stravolto. Ho quindi proposto la lettura del Simposio, perché lì, meglio che
altrove nelle sue opere, Platone cerca di farci capire come e perché l’uomo,
essere vivente in un mondo dove tutto nasce, si corrompe e muore, quindi in un
mondo instabile a livello di esperienza diretta (attraverso i 5 sensi
corporali) tenda e possa conoscere la “Verità” di un mondo di
riferimento “ideale”, quindi stabile ed eternamente immobile. Questo
legame tra la vita del corpo corruttibile e la visione dei suoi fondamenti eterni
ed incorruttibili è un démone, non più un dio, ma una forza vitale che ci tende
verso ciò che desideriamo e che non raggiungeremo mai, ma il cui desiderio
determina la nostra vita. Tale forza, tale démone è Eros, l’amore o il
desiderio stesso, di per sé non buono né cattivo, che dobbiamo imparare a
muovere verso cose belle, educandolo: dominandolo, anziché facendocene
dominare. Il filosofo è l’emblema stesso di questo discorso sull’amore come
tendenza verso il Bello, che è anche il Giusto ed il Vero al tempo stesso: egli
non possiede una sapienza in sé, non ha un oggetto da insegnare definito, ma è
fìlos (amico, amante)-sophos=da sophìa, sapienza, quindi la sua vita sarà tutta
tesa a “diventare sapiente”, a mettersi e mettere le cose
continuamente in discussione, verificare i contenuti della conoscenza appena
acquisiti o da acquisire: egli mai sarà o è un sapiente, come, ad un livello
più basso, lo può essere un artigiano rispetto alla sua arte, di cui può essere
espertissimo ma che è definita nel suo oggetto.
Prima di presentare la figura di Socrate, vorrei introdurre quella di
Platone, suo discepolo per l’appunto. Lo farò proponendo un altro lavoro teatrale di ottimo livello che mette in scena
un celeberrimo dialogo platonico (Politéia= La Repubblica): https://www.youtube.com/watch?v=acejVpgk_2k&t=4s.
Questo per incuriosire chi legge ed indirizzarlo poi alla visualizzazione di
una lezione del Prof. Luciano Canfora su Platone, la sua biografia, il suo
pensiero politico in generale, con un riferimento a questo dialogo in
particolare (www.youtube.com/watch?v=HVMxGrYA1lo).
Come si noterà, Canfora legge Platone in maniera molto diversa dal Prof. Reale,
che gli dà una lettura “metafisica”. Riparlerò di questo tema.
Importante qui è avere una lettura alternativa che ci aiuti a svolgere questa
riflessione, tenendo presente le principali impostazioni con cui si può leggere
ed è stato letto il pensiero politico di Platone, che è alla base di tutta la
sua riflessione filosofica per i motivi che spero di essere riuscita ad
accennare con sufficiente chiarezza espositiva:
1) Platone reagisce al travolgimento sociale ed alla crisi dei valori
proponendo un modello di Stato perfetto da attuare nella realtà con
autoritarismo ed imposizione: da cui la lettura per esempio di Popper, che
considererà Platone padre ideologico di tutti i totalitarismi;
2) Platone reagisce al travolgimento sociale ed alla crisi dei valori
mantenendosi, diremmo noi, “propositivo” e delineando un ideale
politico come visione ideale a cui tendere come modello che però subirà nel
mondo i dovuti aggiustamenti, poiché nulla di ciò che è ideale può realizzarsi
in quanto tale sulla terra. Questa è la posizione di Canfora e di Migliori, https://www.youtube.com/watch?v=StgiR8_qzxM.
Reale condivide questa posizione, ma partendo da un altro punto di vista che,
come detto, dà alle discussioni platoniche sui “modelli” a cui
tendere uno statuto metafisico che altri studiosi non sentono la necessità di
postulare.
3) Platone reagisce al travolgimento sociale ed alla crisi dei valori
perdendo fiducia nel mondo e rinunciando a credere che vi siano soluzioni,
rifugiandosi nel sogno di uno Stato ideale che mai esisterà: ovvero
raccontandoci rassegnato la prima utopia della nostra storia del pensiero.
Cristina Rocchetto