1984
27 Gennaio 2019Fonologia
27 Gennaio 2019
traccia per un Saggio breve o articolo di giornale
Ambito socio-economico
REDAZIONE DI UN SAGGIO BREVE O ARTICOLO DI GIORNALE
CONSEGNE
Sviluppa l’argomento scelto o in forma di saggio breve” o di articolo di giornale”, utilizzando i documenti e i dati che lo corredano e facendo riferimento alle tue conoscenze ed esperienze di studio.
Da’ un titolo alla tua trattazione.
Se scegli la forma del saggio breve”, indica la destinazione editoriale (rivista specialistica, relazione scolastica, rassegna di argomento culturale, altro).
Se scegli la forma dell’ “articolo di giornale”, indica il tipo di giornale sul quale ipotizzi la pubblicazione (quotidiano, rivista divulgativa, giornale scolastico, altro).
Per attualizzare l’argomento, puoi riferirti a circostanze immaginarie o reali (mostre, anniversari, convegni o eventi di rilievo).
Non superare le quattro o cinque colonne di metà di foglio protocollo.
argomento:
il bullismo
documenti:
1) Il bullismo vagamente delinquenziale che imperversa oggi nelle nostre aule scolastiche, e nei loro immediati paraggi, con grande e untuosa costernazione di armate di esperti del ramo Ragazzi & Società, sarà anche un effetto, come è stato compuntamente osservato, del crollo del principio di autorità nella scuola e del congiunto trionfo di una didattica fondata su quel pernicioso prodotto del buonismo pedagogico che è il culto dei diritti dell’alunno spinto fino all’abrogazione di ogni suo elementare dovere. Ma da dove proviene questo pernicioso miraggio?
Proviene dallo spirito del Sessantotto. Che tentò di convertire un’intera generazione (per fortuna riuscendo a corromperne solo una piccola parte) alla pratica della contestazione globale, ossia della sola attività che non richieda, per poter essere esercitata, alcuna conoscenza relativa ai mezzi idonei a conseguire i suoi obiettivi, che in questo caso doveva essere la costruzione di un mondo perfetto. Dal che sembra ragionevole arguire che la vastità di quellambizione poté sgorgare soltanto dal potente desiderio di non apprendere alcun mestiere. Salvo quello, naturalmente, conforme alle attitudini di chi, non sapendo fare niente, vorrebbe distruggere tutto.
«Proibito proibire», «l’immaginazione al potere», «siate realisti: chiedete l’impossibile», «vogliamo tutto»: questi gli slogan di quella stagione propizia al trionfo della più vanesia tracotanza. Quanto ai suoi principi morali, essi si riducevano all’idea secondo la quale nessuno ha mai colpa di niente, giacché la colpa è sempre di qualcosa che «sta a monte»: della famiglia, della società, del sistema. Bene, gli anni di piombo hanno rivelato l’essenza insieme sanguinaria e derisoria di quei miraggi. Ma le due grandi vittime di quella stagione – il principio di autorità e il comune sentimento del dovere – non si sono più riprese dalla botta che le colpì allora.
Di queste vecchie storie i poveri teppisti del bullismo scolastico di oggi naturalmente non sanno niente. Ma a dimostrare che il clima in cui possono esprimere liberamente la loro idiozia è figlio delle conquiste dei loro padri basta questa paginetta di un famoso apologeta delle imprese sovversive di quegli anni: «…a scuola era successo che dopo che l’avevamo cacciato il preside Mastino se nera andato e i professori si erano dovuti adattare, il loro potere era crollato, avevamo ottenuto le assemblee, avevamo ottenuto tutto, niente più interrogazioni, niente più registri sospensioni giustificazioni eccetera, la scuola era scoppiata in breve tempo, era diventata una scuola aperta, ci veniva gente di tutti i tipi, amici e studenti di altre scuole, operai che non andavano al lavoro, e così la scuola era diventata una fiera, un bazar, ci si giocava a scacchi a carte ci si portava da bere gli spinelli e i professori assistevano impotenti senza osare alzare un dito a tutto quello sfacelo…».
Il passo è estratto da un romanzetto di circa trent’anni fa (Gli invisibili, di Nanni Balestrini). Lo sfacelo che vi è evocato è dunque quello nel quale il partito armato poté pescare i suoi eroi. Ma è suppergiù lo stesso in cui il bullismo impunito di oggi può pescarvi i suoi.
[di Ruggero Guarini, [email protected], La crisi d’autorità in classe è figlia del 68, Corriere della sera, 3-1206]
2) Ha suscitato una grande impressione l’aggressione di branco al ragazzo diversamente abile in una scuola di Torino. E’ duro doverlo ammettere, ma si tratta solo di uno dei tanti episodi di quotidiana violenza che si consumano nelle scuole, ai danni delle persone ma anche delle strutture. il 78% dei ragazzi che frequentano le scuole primarie e medie, solo nell’ultimo anno, ha fatto i conti con episodi di prevaricazione esercitata da ragazzi nei confronti dei loro coetanei: è il cosiddetto «bullismo». il 17% ammette di aver minacciato verbalmente almeno una volta, mentre il 14,5% confessa di essere venuto alle mani. le «bulle» prosperano. Se si sommano i «gregari» agli «spettatori», la percentuale delle bambine è quasi simile a quella dei maschietti: 13,8% contro 14,6%. tra i ragazzi, i comportamenti violenti o prevaricanti, sono sempre più accettati, tantè che per il 56% del campione intervistato «nella vita è molto meglio essere furbi e svegli, piuttosto che disciplinati e diligenti» Quanto agli atti di vandalismo contro le strutture scolastiche, le cose stanno ancora peggio: nell’ultimo anno 500 scuole (180 al Nord, 95 al centro e 225 al Sud e Isole) sono state allagate, incendiate, infestate da insetti o topi, bombardate o derubate e – secondo il 22% dei ragazzi intervistati – al loro interno si spaccia regolarmente droga: «fumo» nel 75% dei casi, ma anche cocaina (10%).
[Raffaello Masci, Nonnismo a scuola per 8 studenti su 10 – La Stampa 17-11-06]
3) Della storia del ragazzo Down maltrattato in aula dai compagni e ripreso in un video rimasto su Google per giorni colpisce prima di tutto la spavalda certezza di impunità di quei quattro Impressiona come non abbiano avuto alcun timore nel mettere in rete a loro prodezza, pur immaginando che le loro facce potrebbero essere facilmente riconosciute. Nessun padre o maestro, di cui temere il giudizio. Semplicemente, nessuno, e in questo vuoto solo la vanità di vedere il proprio video in un grosso motore di ricerca Un piccolo filmato ignobile per dire di esistere L’altro elemento che impressiona e addolora è che a ridere, e a lasciar fare, erano forse in venti. Quattro mascalzoni, e venti vigliacchi. Una gregarietà che fa forse anche più paura degli spintoni e delle beffe degli altri. Quella massa passiva di ragazzi e ragazze che sta a guardare e non muove un dito, non ha nemmeno labietto coraggio di fare del male. crede di non avere fatto niente non prova dolore, e non può cambiare.
di ogni spiegazione di ciò che è accaduto in quellaula, forse la peggiore è che quei ragazzi dicano che era tutto uno scherzo, che era «per gioco». Per scherzo Per gioco, ma il gioco dei forti e degli idioti: incapaci di rispettare un uomo
[Marina Corradi, Quella meschina prodezza esibita su Internet – Avvenire 14-11-06]
4) C’è una logica ferrea che domina la nostra epoca un’epoca autoritaria, poiché obbliga tutti a pensare più o meno le stesse cose. E cioè che la vita è una specie di sventura casuale in cui l’importante è cavarsela nel miglior modo possibile. E che l’altro può essere uno strumento per il mio gioco.
nel giorno in cui un ministro sancisce che è lecito drogarsi, dobbiamo meravigliarci se lo sballo è un normale obiettivo a cui tendere nelle serate o mattinate senza interesse, vissute a ormone pieno, a mente vuota? Ci sono aziende da tutti onorate che hanno fatto miliardi inoculando ai ragazzini falsi bisogni di comunicazione informatica; altre che hanno fatto miliardi con musica ossessiva e banalizzante. Sono aziende di adulti, non società per azioni di ragazzini. Le figure ideali presentate ai ragazzi come campioni non sono forse spesso campioni di capriccio? Siamo in un’epoca autoritaria, ed ecco davanti ai nostri occhi dei divertimenti da schiavi, dei passatempi da incarcerati, degli sfoghi da condannati. Non si risolve nulla con la sociologia. Né bastano le riforme della scuola. Occorre voler bene. Cioè occorre, per sé e per i propri figli, desiderare la libertà. Quella vera, che fa amare con ardore e tenerezza la vita.
[Davide Rondoni, Scuola, ipocrita chi si scandalizza – Il Tempo 15-11-06]
5) Negli ultimi tempi abbiamo visto gruppi di giovani violentare ragazze, picchiare i loro compagni e poi mettere i film delle loro prodezze su Internet. Episodi di bullismo, si dice. Ma cos’è il bullismo? I maschi hanno sempre cercato di affermarsi sui compagni attraverso la violenza e l’intimidazione. Sono meccanismi primordiali come l’ordine di beccata fra gli uccelli: becca per primo il più forte, poi, via via, fino al più debole, al più spaventato. E fra i ragazzi si sono sempre formati gruppi che mirano al potere, a imporsi sulla massa degli altri. Di solito si raccolgono attorno a un capo particolarmente intraprendente o arrogante o violento. E’ questo il bullo. Il bullo è il capo di un gruppetto di ragazzi che si sentono come dei guerrieri in una società di imbelli… Arroganti, sprezzanti, schiavizzano i più deboli e se li trascinano dietro, mentre tutti gli altri chinano la testa come pecore.
Il bullismo è la forma primordiale di potere. E va combattuto tenendo presente questa sua natura. E’ inutile lammonizione, la sanzione. Il bullo se ne fa vanto. Invece sono efficaci le misure che gli tolgono il pubblico, prima di tutto lespulsione. Chi è espulso non conta più nulla, non ha più nessuno su cui esercitare il suo fascino. Ma, dal punto di vista sociale, espellere dei ragazzi per poi lasciarli in strada è estremamente dannoso. Sono perciò stati molto bravi i magistrati che hanno mandato i bulli a lavorare in un centro di assistenza ai disabili, insegnando così loro che la società civile non consente al prepotente di opprimere il debole, ma deve aiutarlo. Un altro metodo efficace è quello di porre sotto sequestro i beni della famiglia, perché il bullo quasi sempre gode della complicità dei suoi.
Ma la via maestra per evitare il bullismo è un’altra: favorire la competizione di squadra. Per troppo tempo nelle nostre scuole ha prevalso una mentalità – di origine marxista e cattolica – che considera la competizione un male. Si è pensato che la violenza scompaia livellando tutti. Ma non è così. La violenza va sublimata creando squadre in competizione. I nostri ragazzi dovrebbero andare a scuola tutto il giorno e, oltre a star seduti sui banchi, fare lavori, sport, arte, musica, teatro. Ma all’interno di gruppi che si affrontano, che competono. Così in ciascuna squadra i leader emergono in base al loro valore, e tutti sono orgogliosi di partecipare perché si sentono parte di un noi , in cui trovano una identità, ed esprimono se stessi.
[di Francesco Alberoni, www.corriere.it/alberoni , Il bullismo si elimina con una scuola competitiva, Corriere della sera, 3-1206]