Forse non tutti sanno che … Giovannino Guareschi, l’autore dei romanzi di Don Camillo, ha avuto un’esistenza piuttosto avventurosa. Infatti è stato internato nei campi di concentramento nazisti durante la seconda guerra mondiale, ed è poi andato in carcere perché denunciato da Alcide De Gasperi, qualche anno dopo. Nel corso della sua esperienza nei lager, ha pronunciato la frase Non muoio neanche se mi ammazzano”, che testimonia il suo spirito libero, anche in una condizione di grande disagio umano. Una condizione che lui seppe descrivere, però, con la sua consueta ironia, nel libro Diario clandestino, che abbiamo letto nella classe IID a marzo. La frase citata prima è anche il titolo di una mostra, che si è tenuta a Romano Banco (Buccinasco) dal 15 al 29 marzo. Con le mie due classi, abbiamo visitato, dopo aver letto anche altri testi di Guareschi, questa mostra che ripercorre tutta la vicenda umana di Guareschi, dall’apprendistato giornalistico degli anni trenta a Milano, fino al ritorno nella sua terra, dove morì nel 1968. Guareschi è stato, ed è, un uomo con cui fare i conti, uno scrittore acuto e immediato nello stesso tempo, attaccato ai suoi valori e ideali in modo forse sanguigno, ma mai ipocrita o opportunistico. Guai a ridurre le storie di Don Camillo e Peppone a una macchietta comica e ridicola: esse sono lo specchio di una Italia forse ancora povera e litigiosa, ma piena di valori sostanzialmente condivisi da tutti, di profonda umanità e di orgoglio nazionale. Altri insegnamenti preziosi giungono dai testi di Guareschi. Anzitutto, non gettare il proprio cervello all’ammasso, come avvenuto troppo spesso nel novecento, secolo segnato dalle ideologie totalitarie, e da guerre e deportazioni devastanti, giustificate da quelle ideologie. Poi, utilizzare il buon senso, lo spirito di inventiva e la praticità tipicamente italiana di chi se la sa cavare anche in situazioni difficili. Non disdegnare la sana saggezza popolare della gente di campagna, che se ne fa un baffo delle teorie che si scontrano con il buon senso. Secondo Guareschi, nel fondo di ogni uomo onesto con se stesso, anche nel cuore del comunista più incallito, come Peppone, c’è una intensità di sentimenti, che è il lascito di una tradizione che non scompare, come fanno invece le mode passeggere. Si tratta solo di tirarla fuori, ed è proprio questo che fa Guareschi nelle sue storie, che vi invito a leggere: vi assicuro che scoprirete pagine sempre godibili e non banali.