Francesca Samartin
27 Gennaio 2019Laboratorio 2006
27 Gennaio 2019Per quanto un computer possa essere potente, perderebbe gran parte delle sue potenzialità se non disponesse di uno schermo sul quale visualizzare il lavoro. Ma, a sua volta, lo schermo sarebbe incapace di mostrare immagini se non disponesse del supporto di una scheda grafica, l’hardware che trasforma i segnali numerici generati dal processore di un PC in segnali analogici, gli unici che un monitor è in grado di decifrare.
Alla base dell’immagine: il monitor
Lo schermo del PC è composto da una regolare rete di pixel, un minuscolo quadratino che permette la rappresentazione dell’immagine. Ogni pixel è a sua volta formato da tre punti di fosforo nei colori di base: il verde, il rosso e il blu. Quando viene stimolato dagli elettroni, il fosforo brilla; questo fenomeno sta alla base del funzionamento di ogni schermo: stimolati dagli elettroni che provengono dall’interno del monitor, i tre punti di fosforo riproducono un singolo punto colorato che compone l’immagine sullo schermo.
Le immagini digitali
Un’immagine può essere definita digitale quando è convertita nel linguaggio che utilizzano i computer per operare e comunicare: il linguaggio binario. Il processo di traduzione in questo linguaggio, comporta la codifica di tutti i dati in un codice di due sole cifre: lo zero e l’uno. Ogni ripetizione di ognuna di queste cifre è un bit, l’unità minima delle informazioni in informatica. Per digitalizzare un’immagine, il sistema la divide in una quadrettatura formata da migliaia di punti. A ogni punto corrisponde un numero, formato dalla combinazione di zeri e uno, che contiene le informazioni riguardanti il suo colore.
In informatica i colori vengono generati mediante la combinazione del rosso, del verde e del blu, i tre colori che la retina umana è in grado di percepire. Dato che ognuno di questi colori possiede 256 livelli diversi, combinati tra loro, danno vita a 16.777.216 tonalità diverse.
I formati di memorizzazione
Le immagini digitalizzate vengono utilizzate in mezzi di comunicazione dalle necessità ben distinte. Si è allora cercato di creare un gran numero di formati di immagine in grado di adattarsi alle esigenze di ciascun settore.
I più comuni sono JPEG e GIF e BMP, usati dalla totalità dei programmi di grafica; i formati TIFF e EPS permettono invece risultati professionali.
JPEG-joint photographic experts group
Il formato JPEG o JPG è ampiamente usato nella rete, perché utilizza uno schema di compressione specificato dall’utente: ciò significa che è possibile scegliere tra una maggiore qualità, con minore compressione del file, e una riduzione massima della dimensione dell’immagine, a discapito però della qualità.
GIF-graphics interchange format
E’di gran lunga il formato più utilizzato nella rete perché permette di ridurre al minimo il tempo di trasferimento, per l’alto livello di compressione.
BMP-bitmap
E’il formato standard di Windows e perciò il più utilizzato nei computer compatibili con questo sistema operativo. Il bitmap è una mappa di bit, cioè una rappresentazione binaria di una immagine, nella quale ogni bit contiene informazioni riguardanti la stessa.
TIFF-tagged image file format
Supporta una notevole quantità di colori e quindi la sua qualità è eccellente. Tuttavia, per la stessa ragione, ogni file contiene molte informazioni e quindi occupa molto spazio. Rimane comunque uno dei formati più diffusi tra i professionisti del disegno grafico e della stampa.
EPS-encapsulated postscript
E’il formato elaborato da Adobe, produttore del celebre programma di elaborazione di immagini Photoshop, e permette di inserire file grafici postscript in altri documenti.
Digitalizzare un’immagine
Sono fondamentalmente due i modi per ottenere un’immagine digitale: o utilizzando uno scanner, oppure usando una macchina fotografica digitale.
Lo scanner
E’il dispositivo che permette di tradurre ogni immagine nel codice binario e, quindi, di digitalizzarla.
Lo scanner consiste in un raggio di luce che illumina ogni zona della fotografia con un’intensità proporzionale al colore. Mediante un sistema di specchi e di lenti, la luce arriva a un sensore che la traduce in segnali elettrici; infine un convertitore traduce questi segnali in base al linguaggio binario.
Le macchine fotografiche digitali
Le fotografie scattate con una fotocamera digitale vengono archiviate in un formato universale di compressione dell’immagine, che permette una successiva rielaborazione con un qualsiasi programma di grafica.
La realtà virtuale
Una delle nuove conquiste dell’informatica è la realtà virtuale, di cui tanto si è parlato e si sparla tuttora. La realtà virtuale è la possibilità di creare mondi inesistenti, generati completamente dal computer, nei quali è possibile immergersi mediante vari dispositivi, arrivando a percepire le stesse sensazioni di uno scenario reale. Poiché si possa parlare di realtà virtuale è necessario che siano presenti determinati requisiti: immagini a tre dimensioni, possibilità di muoversi all’interno dell’ambiente artificiale e interazione con gli oggetti.
L’equipaggiamento
Per generare un ambiente di realtà virtuale è necessario disporre di un potente apparrecchio informatico, dotato di due schede grafiche apposite per questo genere di creazioni. Il computer dovrà poi essere dotato di un software che utilizzi il linguaggio VRML -Virtual Reality Modelling Language-, l’unico in grado di ricreare l’illusione ottica della tridimensionalità degli oggetti e dei personaggi. L’equipaggiamento andrà poi completato con un casco per la visione in 3d, cuffie specifiche per percepire il suono avvolgente, guanti speciali, ecc.
Naturalmente, la potenza dell’apparrecchiatura informatica è indispensabile e non alla portata di tutti: un computer non sufficientemente potente renderebbe interminabile l’attesa tra un comando e la sua esecuzione. Inoltre, la stessa creazione e il movimento di elementi in 3d richiede una notevole potenza di calcolo: un computer con una capacità imitata richiederebbe ore per il rendering o ricostruzione di un singolo fotogramma.
La creazione
Per creare un qualsiasi oggetto virtuale, l’animatore deve cominciare con la creazione di un modello in 3d. I movimenti possono essere riprodotti basandosi sulla propria immaginazione o esperienza, oppure lavorando sui filmati di un attore.
Modelli
Per prima cosa bisogna tracciare uno scheletro della figura. Quanto maggiore saranno i dettagli delle articolazioni della figura, maggiore sarà la resa finale.
Scheletri mobili
Tutti gli elementi devono essere uniti per poter creare una rete compatta di linee e definire così il volume degli oggetti. Si scelgono le trame e la luce da applicare e, infine, si procede al rendering.
Il risultato
Il render è la fase finale del lavoro e offre immagini molto elaborate e reali. Per realizzare il rendering più completo, il ray tracing, un computer normale può impiegare giorni interi: è da ciò che si verifica la potenza di un computer.