Tecnologia Disegno Progettazione
27 Gennaio 2019Gilbert Keith Chesterton
27 Gennaio 2019Gerard Manley Hopkins è uno dei più grandi poeti religiosi della letteratura inglese, ma è anche fra i più grandi poeti simbolisti del XIX secolo, in grado di rappresentare in modo stilisticamente originale la natura e l’angoscia interiore.
Gerard Manley Hopkins (1844 – 1889)
Biografia
Gerard Manley Hopkins nacque il 28 luglio 1844 nell’Essex, in Inghilterra, era il primo di nove figli.
Fu considerato uno dei più grandi poeti dell’era vittoriana, che
decise di diventare sacerdote nel 1867 e fu ordinato sacerdote nel 1877.
Nel 1884 ricevette un incarico di insegnamento a Dublino, dove si stabilì solo per obbedienza ai superiori religiosi, anche se si sentiva sempre un esule, nostalgico dell’Inghilterra e degli amici inglesi.
Morì in Irlanda nel 1889, colpito da febbre tifoide. Le sue liriche uscirono solo nel 1918, postume
Poetica e pensiero
Nella sua visione della natura, il mondo è come un libro scritto da Dio. In questo libro Dio si esprime completamente, ed è “leggendo” il mondo che l’uomo può avvicinarsi a Dio e conoscerlo. Hopkins vede quindi la crisi sociale del periodo vittoriano come strettamente legata alla crisi spirituale di quell’epoca, e molte delle sue poesie lamentano l’indifferenza dell’uomo nei confronti della distruzione del sacro ordine naturale e religioso. Il poeta nutriva un acuto interesse per i progressi scientifici e tecnologici del suo tempo; vedeva le nuove scoperte (come le nuove spiegazioni per i fenomeni elettrici o astronomici) come un’ulteriore prova della mano deliberata di Dio, piuttosto che come confutazioni dell’esistenza di Dio.
Inscape: teoria di una essenza delle cose che sfugge alla cosa stessa
Una delle teorie più famose (e più dibattute) di Hopkins è incentrata sul concetto di “inscape”. Hopkins ha coniato questa parola per riferirsi all’individualità essenziale di una cosa, ma con un’attenzione non sulla sua particolarità o unicità, ma piuttosto sul disegno unificante che conferisce a una cosa le sue caratteristiche distintive e la mette in relazione con il suo contesto. Hopkins era interessato alla squisita interrelazione tra la singola cosa e lo schema provvidenziale. Vedeva il mondo come una sorta di rete integrata dalla legge e dal disegno divini.
Il sonetto
Hopkins ha scritto più frequentemente nella forma del sonetto. In genere preferiva il sonetto italiano o petrarchesco, che consiste in un’ottava (=due quartine) seguita da una sestina (=due terzine) o, con una svolta nell’argomentazione o cambiamento di tono che si verifica nella seconda parte. Hopkins usa tipicamente l’ottava per presentare un resoconto dell’esperienza personale o sensoriale e quindi impiega la sestina per la riflessione filosofica. Mentre Hopkins apprezzava la struttura imposta dalla forma del sonetto, con la sua lunghezza fissa e lo schema delle rime, tuttavia ne estendeva costantemente e ne testava i limiti.
Sprung-rhythm
Una delle sue principali innovazioni fu una nuova forma metrica, chiamata “ritmo sospeso”, in inglese “sprung-rhythm”. Nel ritmo sospeso, il poeta conta il numero di sillabe accentate nel verso, ma non pone limiti al numero totale di sillabe. A differenza dei metri sillabici (come il giambico), che contano sia gli accenti che le sillabe, questa forma consente una maggiore libertà nella posizione e nella proporzione degli accenti. Mentre il verso inglese ha tradizionalmente alternato sillabe accentate e non accentate con variazioni occasionali, Hopkins era libero di posizionare più sillabe accentate una dopo l’altra (come nella riga “All felled, felled, are all felled” da “Binsey Poplars”), o di eseguire un gran numero di sillabe non accentate insieme (come in “Dito di un tenero di, O di una delicatezza piumata” da Wreck of the Deutschland). Questo dà a Hopkins un grande controllo sulla velocità delle sue battute e sui loro effetti drammatici.
Allitterazioni, rime interne e suono consonantici
Un’altra insolita risorsa poetica prediletta da Hopkins è il “suono consonantico”, una tecnica che ha imparato dalla poesia gallese. La tecnica prevede un uso elaborato di allitterazioni e rime interne; nelle mani di Hopkins questo crea uno spessore e una risonanza insoliti. Questo stretto collegamento di parole, suoni e ritmi integra i temi di Hopkins di trovare pattern e design ovunque. La forma di Hopkins è anche caratterizzata da una trasgressione delle convenzioni grammaticali e della struttura delle frasi, così che i nuovi lettori di Hopkins devono spesso sforzarsi non poco, per analizzare le sue frasi. Decidere quale parola in una data frase è il verbo, ad esempio, può spesso comportare un lavoro interpretativo non indifferente.
Neologismi e licenze grammaticali
Inoltre, Hopkins inventa spesso parole e attinge liberamente il suo vocabolario da una serie di diversi registri. Ciò porta a un sorprendente mix di neologismi e arcaismi in tutti i suoi versi. Eppure, nonostante tutta la sua innovazione e il disprezzo per le convenzioni, l’obiettivo di Hopkins è sempre stato quello di avvicinare la poesia al carattere del discorso naturale e vivo.