Helga Schneider nata in Polonia nel 1937, Ha vissuto in Germania, in Austria e ora vive in Italia a Bologna dal 1963. Ha pubblicato Il rogo di Berlino, Porta di Brandeburgo, Il piccolo Adolf non aveva le ciglia e lasciami andare, madre. Helga Schneider ha esordito nel mondo letterario nel 1995 con Il rogo di Berlino che fu un autentico caso editoriale. Ci aveva raccontato la storia della sua infanzia trascorsa a Berlino negli anni bui del nazismo. Nel 1941, quando aveva 4 anni e il suo fratellino neppure 2, la madre che aveva il marito al fronte li abbandonò per diventare prima ausiliaria delle SS e poi guardiana al campo femminile di Ravensbruck e successivamente di Auschwitz-Birkenau.
Nel 1963 si stabilisce a Bologna dove vive e lavora, essendo diventata cittadina Italiana. Nel 1971 scopre che la sua vera madre è ancora viva e decide di andarla a trovare. Seppe che viveva a Vienna, ma quell’incontro durò solo mezz’ora. La madre la portò in una stanza dove conservava l’uniforme, la divisa nazista che indossava il giorno in cui venne arrestata ad Auschwitz. A distanza di tanti anni era ancora fiera di quel passato. Tentò anche di farla indossare ad Helga e di regalarle una manciata d’oro, forse come risarcimento della sua latitanza materna durata 30 anni. Inorridita, Helga scappa e torna a Bologna con un gran peso nel cuore. Nel 1998 decide su invito di un amica di andare a rivedere la madre anzianissima per l’ultima volta; ma questo incontro la sgomenta, la fa stare male fisicamente. Helga vuole sapere, vuole capire come può un essere umano abbandonare due figli piccoli per inseguire un sogno di morte. Come si può assistere agli orrori che si svolgono quotidianamente sotto i propri occhi senza alcun turbamento? Insomma vuole capire a tutti i costi, se è in grado di tagliare definitivamente il legame con lei o se non riuscirà mai a liberarsene del tutto. Da questo incontro traumatizzante e lacerante nasce il libro Lasciami andare, madre (vedi la copertina sopra) uscito in Italia nel 2001; stampato anche in Olanda, in Francia e nel ottobre del 2002 anche in Germania. In aprile 2002 è uscito il suo ultimo libro, per ragazzi, dal titolo Stelle di cannella.
EDIZIONE: ADELPHI
TEMPO:
La vicenda è in ordine cronologico tranne che all’inizio dove si fa riferimento all’incontro tra Helga e sua madre avvenuto nella primavera del 1971. L’infanzia della protagonista inizia nell’autunno del 1941 fino alla primavera del 1947 che corrispondono agli anni del nazismo e alla seconda guerra mondiale
SPAZIO:
La condizione dei personaggi sono evidenti, in un clima di guerra non ce né cibo né acqua. Gli abitanti di Berlino sono costretti a rischiare la vita per recarsi alla pompa dell’acqua.
Ogni sensazione negativa di sofferenza regna nella cantina della Lothar-Bucher-Strasse, dove convivono circa una quindicina di persone. La vicenda è ambientata a Berlino ormai città devastata dai bombardamenti.
PERSONAGGI PRINCIPALI:
I personaggi principali sono: Helga,; Peter; Opa e la matrigna Ursula.
Helga durante l’infanzia è piuttosto bugiarda infatti racconta alla gente che suo padre era un famoso generale, anche se egli era contro qualsiasi cosa militare. Infatti non vede in lui un uomo ideale più avanti diventerà pure una ragazza molto disubbidiente. Si sente sola e indesiderata tanto da tentare la fuga, infatti verrà chiusa in collegio poco dopo..
. Al suo ritorno diventa una ragazza ubbidiente ma gelosa delle attenzioni verso Peter.
Peter è un bambino prepotente e indisciplinato, una vera peste. Tra Peter e la matrigna si instaura subito un bellissimo rapporto .Ciò lo porterà a diventare viziato e fastidioso.
Quando Peter rivede la sorella Helga tra loro comincia un rapporto abbastanza conflittuale. La lunga assenza di Helga ha diviso i due fratelli, ha cancellato nel bambino ogni istintivo affetto.
Spesso si esibisce davanti alla matrigna in uno dei suoi soliti spettacoli, che consistono nell’imitare i discorsi di Goebbels, e al termine la matrigna applaude per lo spettacolo del suo figlioletto .Ursula, la matrigna, cerca di mantenersi giovane e bella anche durante la guerra. Essa punisce ingiustamente sempre Helga e trova sempre delle scusanti per Peter. Nella cantina la matrigna soffre spesso di coliche biliari e tira avanti fasciandosi il ventre con scialli di lana e cercando conforto nei massaggi che le pratica Frau Köhler, la portinaia dell’edificio.
Opa è un uomo alto e distinto con gli occhi chiari, buoni e intelligenti, i capelli grigi con la scriminatura. E’ molto affettuoso, gentile e disponibile con Helga, critica invece il comportamento di Peter incolpando la matrigna di averlo viziato troppo. Il rapporto tra Helga e il nonno si rafforza sempre di più.
TRAMA:
Helga, abbandonata dalla madre che si arruola volontaria nelle SS, vive la sua infanzia nella Berlino investita dalla guerra scatenata da Hitler. Vive così la tragedia della guerra nella condizione di chi, nata dalla parte degli aggressori, si trova a essere vittima innocente della violenza di chi combatte per liberare la Germania.
Nella primavera del 1971, Helga va a cercare la madre che, 26 anni prima l’aveva abbandonata. II libro cui ha affidato la storia della sua drammatica vicenda inizia con il racconto di quell’incontro:
Salimmo in fretta le scale del vecchio palazzo viennese e il cuore mi batteva così forte che non fui capace di suonare il campanello. Lo fece Renzo, mio figlio.
L’avevo cercata a lungo e ora, a distanza di trent’anni da quando mi aveva abbandonata in una Berlino già molto scossa dalla guerra, avevo ritrovato mia madre; viveva a Vienna, nella sua città.
lo, invece, nata in Polonia, vissuta nella Germania nazista e rimpatriata in Austria (paese natio anche di mio padre), ormai mi ero stabilita in Italia; avevo un marito e un figlio.
Quando la porta si aprì, vidi una donna che mi somigliava in modo impressionante. L’abbracciai piangendo, sopraffatta da un’incredula felicità e pronta a comprendere, a perdonare, a mettere una pietra sul passato.
Lei iniziò subito a parlare, a parlare di sé. Nessun tentativo di giustificare il suo abbandono, nessuna spiegazione.
Raccontava. Molti anni addietro l’avevano arrestata nel campo di concentramento di Birkenau, dove faceva la guardiana. Vestiva un’impeccabile uniforme “che le stava così bene”. Non erano ancora passati venti minuti che già apriva un maledetto armadio per mostrarmi, nostalgica, quella stessa uniforme. “Perché non te la provi? Mi piacerebbe vedertela addosso”. Non la provai, ero confusa e turbata. Ma ciò che disse subito dopo fu anche più grave dell’aver rinnegato il proprio ruolo di madre. “Sono stata condannata dal Tribunale di Norimberga a sei anni di carcere come criminale di guerra, ma ormai non ha più nessuna importanza. Col nazismo ero qualcuno, dopo non sono stata più niente”.
Mi raggelò. E se lei, nel 1941, aveva deciso di non volere questa figlia, ora ero io a non volere questa madre! Io e mio figlio tornammo in Italia col primo treno. Renzo piangeva deluso. Come avrei potuto spiegargli il motivo per cui io non avevo trovato una madre né lui una nonna? Aveva solo cinque anni.
Perdetti mia madre per la seconda volta.
Non so se sia ancora viva. Ogni tanto qualcuno mi chiede se l’ho perdonata.
COMMENTO PERSONALE
Questo libro offre una versione reale di quello che è guerra,un mondo di odio e morte che porta al disfacimento morale e fisico.
E brutale nella sua bellezza.
Ve lo consiglio vivamente.
Mi sono rimaste impresse particolarmente le battute di Helga cn il nonno alla fine della guerra, quindi all’uscita da quella puzzolente e lurida cantina.
Opa:”Cosa facevi laggiù??avevi dimenticato qualcosa??”-
Helga:”Ho solo guardato”-rispose-ho guardato per nn dimenticare nulla.”
”
Allora ragioniamo su questa frase, sulla brutalità della guerra in sé, del principio che essa ha e solo ragionando capiremo quello che quelle persone hanno passato realmente
di Marco Prestinari – 2aF
Audio Lezioni sulla Letteratura del novecento del prof. Gaudio