Abbandonata dalla madre per la carriera nelle SS, Helga, in una Berlino devastata dai bombardamenti russi, affronta fame, terrore e disperazione mentre lotta per sopravvivere.
Attraverso un narratore interno e una prosa ricca di analessi e monologhi interiori, Schneider offre una testimonianza toccante delle atrocità della guerra e della determinazione umana alla sopravvivenza.
Titolo:
Il rogo di Berlino
Autore:
Helga Schneider
Biografia:
Helga Schneider è nata in Polonia nel 1937. Ha vissuto in Germania, in Austria e ora vive in Italia a Bologna dal 1963. Ha pubblicato Il rogo di Berlino, Porta di Brandeburgo, Il piccolo Adolf non aveva le ciglia e Lasciami andare, madre.
Helga Schneider ha esordito nel mondo letterario nel 1995 con Il rogo di Berlino che fu un autentico caso editoriale. Ci aveva raccontato la storia della sua infanzia trascorsa a Berlino negli anni bui del nazismo. Nel 1941, quando aveva 4 anni e il suo fratellino neppure 2, la madre che aveva il marito al fronte li abbandonò per diventare prima ausiliaria delle SS e poi guardiana al campo femminile di Ravensbruck e successivamente di Auschwitz-Birkenau.
La descrizione dei mesi passati nelle cantine del palazzo dove viveva a Berlino, una città completamente distrutta dalle bombe, la visita nel bunker di Hitler dovuto alla zia, collaboratrice di Goebbels (il quale ne faceva un’operazione propagandistica) e la caotica fine della guerra, sono un esempio di alta letteratura libera da ogni autocompiacimento e di qualsiasi forma di retorica. Quello che Helga vive, è vissuto anche dal lettore: la guerra, la distruzione, la morte, ma anche la voglia, la necessità, nonostante tutto, di esserci e di sopravvivere, per raccontarlo.
Nel 1963 si stabilisce a Bologna dove vive a lavora, essendo diventata cittadina Italiana. Nel 1971 scopre che la sua vera madre è ancora viva e decide di andarla a trovare. Seppe che viveva a Vienna, ma quell’incontro durò solo mezz’ora. La madre la portò in una stanza dove conservava l’uniforme, la divisa nazista che indossava il giorno in cui venne arrestata ad Auschwitz. A distanza di tanti anni era ancora fiera di quel passato. Tentò anche di farla indossare ad Helga e di regalarle una manciata d’oro, forse come risarcimento della sua latitanza materna durata 30 anni. Inorridita, Helga scappa e torna a Bologna con un gran peso nel cuore. Nel 1998 decide su invito di un amica di andare a rivedere la madre anzianissima per l’ultima volta; ma questo incontro la sgomenta, la fa stare male fisicamente. Helga vuole sapere, vuole capire come può un essere umano abbandonare due figli piccoli per inseguire un sogno di morte. Come si può assistere agli orrori che si svolgono quotidianamente sotto i propri occhi senza alcun turbamento? Insomma vuole capire a tutti i costi, se è in grado di tagliare definitivamente il legame con lei o se non riuscirà mai a liberarsene del tutto. Da questo incontro traumatizzante e lacerante nasce il libro Lasciami andare, madre (vedi la copertina sopra) uscito in Italia nel 2001; stampato anche in Olanda, in Francia e nel ottobre del 2002 anche in Germania. In aprile 2002 è uscito il suo ultimo libro, per ragazzi, dal titolo Stelle di cannella.
Riassunto:
Vienna, 1971. In un appartamento nel cuore della città una giovane donna sta per incontrare sua madre. Non si vedono da trent’anni. Helga era bambina quando, in una Berlino già sventrata dalle bombe, la madre aveva abbandonato il marito e i figli per entrare volontaria nelle SS. Ora, dopo pochi formali abbracci, la conduce verso un armadio dentro al quale è riposta una perfetta uniforme nazista. Sospira, nostalgica. E Helga scappa,” corre per le scale, si allontana per sempre da lei e da quella implacabile fedeltà. Passeranno altri vent’anni prima che Helga Schneider si decida a ripercorrere la sua infanzia. Ne è nato un libro diversamente implacabile, dove la memoria, anziché stendere un velo di pietà o di perdono, sembra liberare una rabbia troppo a lungo taciuta; un libro che ci fa rivivere i morsi della fame, la solitudine dei collegi, le angherie di una matrigna, la paura dei bombardamenti, la voce del Fùhrer che echeggia nel bunker della Cancelleria, la lunga reclusione in una cantina: fino al giorno in cui i primi soldati russi avanzano in una Berlino ormai completamente distrutta.
Personaggi:
Helga: Essa è la protagonista del libro appena letto. Si dimostra molto bugiarda nel non rivelare l’identità vera del padre (soldato della contraerea).
Nel momento in cui Helga capisce di essere sola e indesiderata scappa trascorrendo l’infanzia priva dell’affetto materno, fino al momento in cui essa tornerà a malincuore poiché costretta subire angherie e invidie da parte del fratellino viziato Peter.
L’unica fonte di affetto è il nonno Opa, che aiuterà Helga in molte occasioni difficili.
Peter: il fratellino di Helga. Mostra chiaramente di essere un vero egoista e bugiardo non mostrando un vero affetto verso Helga.
Spesso ammette chiaramente di avere un profondo rispetto verso il Fuhrer, incosciente delle stragi che egli fece.
Inoltre Peter si esibisce in piccole commedie di recitazione, personificando i discorsi di Goebbels, suscitando interesse e applausi da parte della matrigna.
Ursula: è la matrigna di Helga. Persona con un carattere codardo, cattivo e senza scrupoli.
Queste osservazioni si deducono dai comportamenti che essa assume nei confronti di Helga e peter;di fatti verso il piccol Peter si dimostra generoso scusandolo e perdonandolo per ogni sbaglio che commete.
Verso Helga invece adotta un comportamento opposto a quello utilizzato verso Peter, punendolo e picchiandola oppure rinchiudendola in una stanza senza darle da mangiare.
Opa: Potremmo identificarlo come l’esatto opposto della perfida matrigna.
Infatti egli si dimostra gentile e disponibile verso Helga, criticando invece il comportamento irrispettoso e viziato di Peter.
Personaggi secondari:
I personaggi secondari del libro sono: padre di Helga, zia Margarete, Eva, zia Hilde, Erika, una sfortunata quattordicenne malata di tubercolosi, la madre di Erika, i coniugi Heizie, Frau Kohler e il figlio Rudolf, Frau Bitter e i figli Gudron e Ergon.
Spazio:
Il libro si svolge prevalentemente in luoghi chiusi, con condizioni di vita pessima date dalla guerra in atto.
I luoghi in cui si svolgono la vicenda sono vari, quali la città di Berlino (luogo aperto), la cantina di rifugio in cui Helga trova riparo dai nazisti (luogo chiuso) e la casa della matrigna (luogo chiuso).
Tempo:
Il periodo in cui si svolge la vicenda è naturalmente il periodo della seconda guerra mondiale, quando Hitler e i suoi soldati diffondevano paura e timore compiendo numerosi stermini di massa.
Essendo un’autobiografia le vicende narrate seguono un ordine cronologico ben preciso, esattamente dall’autunno del 1941 fino alla primavera del 1947.
Tecniche narrative:
Nella vicenda il narratore è interno e conosce ogni particolare, ovvero è onnisciente. Nel racconto sono presenti analessi e prolessi, prevale prevalentemente il discorso diretto. Helga nelle sue vicende incontra spesso moneti di monologhi interiori nei quali riflette sui problemi della guerre, ingiustizie ed altro.
Infine il linguaggio utilizzato è veloce e scorrevole, con talvolta espressioni straniere quali tedesco e russo.
Commento personale:
Da quando ho letto questo libro ho un concetto di guerra diverso da quello che avevo prima.
Helga Schneider in questo racconto descrive i terribili anni che ha vissuto durante il nazismo di Hitler con il tetro scenario della seconda guerra mondiale.
Lei è una bambina di appena 5 anni, con un fratello di 3, la madre si è arruolata nelle SS ed il padre è al fronte.
Non riesce ad accettare la nuova matrigna, che cattura nel suo vortice il fratellino rendendolo viziato e capriccioso.
Questa manda Helga in un riformatorio convinta che sia una bambina difficile ma per gli psicologi ha solo bisogno d’affetto.
Al suo ritorno dal collegio resta per 3 anni chiusa nella cantina del palazzo per sfuggire ai bombardamenti con la matrigna, il nonno, il fratellino e gli altri condomini.
Solo ora si accorge che il fratello non sa più cosa vuol dire giocare e si chiede cosa riceverà dalla guerra: la sua infanzia perduta? o l’affetto per un padre completamente assente che non sa cosa vuol dire allevare 2 figli?
Questo libro offre una visione reale di quello che è la guerra,
un mondo di odio e morte che porta al disfacimento morale e fisico.
Mi sono rimaste particolarmente impresse le battute di Helga con il nonno alla fine della guerra, quindi all’uscita da quella puzzolente e lurida cantina.
Opa:” Cosa facevi laggiù? Avevi dimenticato qualcosa?”
Helga: “Ho solo guardato” – risposi – ho guardato per non dimenticare nulla”
di Lorenzo Bisoffi – 2aF
Audio Lezioni sulla Letteratura del novecento del prof. Gaudio