Vorrei iniziare lasciandovi dei punti di riferimento per mantenerci in contatto (vedi immagini qui a fianco). Iniziando il mio umile contributo, la prima provocazione sta nel titolo del nostro incontro. Sinceramente quando ho letto il programma della Festa di Dergano ho pensato: “Ecco i soliti approssimativi e fanfaroni che preparano le feste patronali e i depliant che non si accorgono neanche di quello che scrivono. Infatti il nostro incontro come da programma è intitolato “Abbracciati da Cristo” mentre ovviamente il libro che abbiamo fatto raccogliendo le testimonianze di e su don Savino si intitola “Abbracciato da Cristo” ma poi ho pensato: forse non è poi questo grande sbaglio, se vuol dire che la provocazione di Savino viene accolta da ciascuno di noi, e quello che lui viveva, il suo insegnamento, diventa anche il nostro stile di vita: vedere l’altro, vedere il fratello, come Cristo e accoglierlo con la stesso affetto con cui si accoglierebbe Lui.
Ma vorrei continuare adesso facendo un po’ di storia.
1960. Mio fratello a Dergano, o comunque qui vicino, in via Candiani, presso il negozio di abbigliamenti di Cravero, aveva una strada spianata per il suo avvenire. Era davvero bravo a vendere, competente, appassionato del bel vestire, quindi sarebbe diventato un commerciate di abbigliamento. Sempre qui vicino, però, c’era un prete, che si chiamava Don Bruno anche lui, ma Baraggia, non De Biasio. Insomma Dergano o la Bovisa sono alla radice della vocazione di mio fratello, e il filo interrotto negli anni sessanta si riprende negli anni duemila.
2001. Mio fratello diventa parroco mentre Don Bruno, stavolta De Biasio, abita ancora qui, ha le chiavi di tutto, e non è semplicemente l’ex parroco di Dergano, è Dergano, perché dopo decine di anni in cui è stato parroco non si può concepire un altro parroco al posto suo, soprattutto poi se lui non va ad abitare da un’altra parte.
Questa è la premessa. Ma la sostanza di quello che è stato il seguito di questa storia lo sapete voi meglio di me: cioè una voglia di testimoniare Cristo nel mangiare insieme, nel girare le case, nel fare vacanzed insieme, oratorio feriale, prediche, chiesa e altare risistemati, bar dell’oratorio con Dino brugnoli e altri, opere di carità e di valorizzazione dell’apporto delle persone di una certa età, festa di Dergano, campo dell’oratorio, eccetera che sapete voi molto meglio di me. L’unica cosa che posso dire io è che abbiamo fatto per anni un’esperienza bellissima di canto e coinvolgimento educativo con i bambini che è stato il mitico Derganino d’oro.
Io posso solamente terminare ricordando lo sgomento, e per quanto mi riguarda personalmente, la rabbia, per la notizia che tutto questo sarebbe finito d’un colpo per una decisione maturata nelle oscure stanze curiali di trasferire mio fratello per andare un’altra volta a togliere le castagne dal fuoco ai monsignori, cioè mandare in pensione un altro grande parroco del movimento di CL, don Gianni Calchilovati.
Io non so come mio fratello abbia concepito la decisione di obbedire a questa provocazione, e di andare a Brugherio quando avrebbe potuto tranquillamente rifiutare, così come possono fare i parroci, che non sono costretti da nessuno a lasciare la loro parrocchia fino appunto ai 75 anni della pensione, e allora mio fratello, nel 2009, ne aveva solo 65 di anni.
Comunque il legame con Dergano non si è interrotto più, perché è diventato parroco di Dergano uno dei più grandi amici di mio fratello, don Mario Garavaglia, e Savino ha portato a Corsico quando era vivo don Carlo Romagnoni, e dopo la sua morte don Domenico Sirtori, nuovo parroco di Corsico Dopo mio fratello.
Al proposito posso solo citare le sue parole, ripeto sue, perché io non mi sarei mai comportato così:
Lui ci ha lasciato questa eredità: “che la vita è solo obbedienza” .
““Mi è capitata una circostanza nella quale sono dovuto stare di fronte a questa grande consegna. L’Arcivescovo mi ha chiesto un grande sacrificio: di lasciare questa Parrocchia, questa mia famiglia di Dergano, perché mi vuole affidare un’altra Comunità (mi mandano a Brugherio, vicino a Monza). Mai mi sarei aspettato questa chiamata, ma come potevo dire di no! Dopo tutto quello che ci siamo detti, che abbiamo visto, che abbiamo toccato in questi anni! Dopo che ho continuato a dirvi che sempre ciò che Dio ci chiede è per un bene più grande? Come avrei potuto guardarvi ancora negli occhi e insegnare ai vostri figli che obbedire al disegno di Dio su di noi è sempre ragionevole perché è nel fare la Sua volontà che si realizza la riuscita della nostra vita? E allora – pur con immenso dolore – ho detto “sì” , nella speranza che questo mio “sì” possa essere l’ultimo mio contributo al bene immenso che vi voglio che è la realizzazione del vostro Destino.” Ma non è stato l’ultimo sì che ha dovuto dire don Savino. Ce n’è stato un altro, definitivo.