Gli artisti espressionisti spesso impiegavano pennellate vorticose, ondeggianti ed eseguite in modo esagerato nella rappresentazione dei loro soggetti. Queste tecniche avevano lo scopo di trasmettere il turgido stato emotivo dell’artista che reagisce alle ansie del mondo moderno.
Attraverso il loro confronto con il mondo urbano dell’inizio del XX secolo, gli artisti espressionisti hanno sviluppato una potente modalità di critica sociale nelle loro interpretazioni figurali serpentine e nei loro colori audaci. Le loro rappresentazioni della città moderna includevano individui alienati – un sottoprodotto psicologico della recente urbanizzazione – così come prostitute, che erano usate per commentare il ruolo del capitalismo nell’allontanamento emotivo degli individui all’interno delle città.
Nel primo decennio del Novecento sorgono, in Europa e in particolare in Germania, diversi movimenti di ispirazione espressionista.
Il più rappresentativo di essi, denominato Die Brucke (il ponte) che nasce a Dresda, per poi trasferirsi a Berlino. I suoi principali esponenti sono i pittori Ernst Kirchner ed Emil Nolde.
Gli artisti intendono rappresentare una spontaneità primitiva lasciando spazio a figure prese dalla natura.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, intellettuali ed artisti da tutta Europa si rifugiano in Svizzera, paese neutrale. Alcuni di loro condividono la critica nei confronti dell’arte accademica e intendono negare le forme artistiche del passato. Spinti dal disgusto verso il potere politico, tentano, mediante l’arte scenica del cabaret, di metterne a nudo la vacuità, utilizzando tecniche più diverse: la performance, l’assemblaggio di oggetti, il fotomontaggio.
di Arianna Antonielli
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