Vita come opera d’arte
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27 Gennaio 2019saggio breve o articolo di giornale
B2 – Ambito socio-economico
Tipologia B) Saggio breve o articolo di giornale
Consegne: Sviluppa l’argomento in forma di «saggio breve» o di «articolo di giornale», utilizzando, in tutto o in parte, e nei modi che ritieni opportuni, i documenti e i dati forniti. Se scegli la forma del «saggio breve» argomenta la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio. Premetti al saggio un titolo coerente e, se vuoi, suddividilo in paragrafi. Se scegli la forma dell«articolo di giornale», indica il titolo dell’articolo e il tipo di giornale sul quale pensi che l’articolo debba essere pubblicato. Per entrambe le forme di scrittura non superare cinque colonne di metà di foglio protocollo.
B2 – Ambito socio-economico ARGOMENTO: La competenza linguistica degli studenti italiani.
Documento 1: CONTRO IL DECLINO DELL’ITALIANO A SCUOLA – LETTERA APERTA DI 600 DOCENTI UNIVERSITARI (SABATO 4 FEBBRAIO 2017)
Al Presidente del Consiglio
Alla Ministra dell’Istruzione
Al Parlamento
E’ chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente. Da tempo i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza primaria. Nel tentativo di porvi rimedio, alcuni atenei hanno persino attivato corsi di recupero di lingua italiana.
A fronte di una situazione così preoccupante il governo del sistema scolastico non reagisce in modo appropriato, anche perché il tema della correttezza ortografica e grammaticale è stato a lungo svalutato sul piano didattico più o meno da tutti i governi. Ci sono alcune importanti iniziative rivolte allaggiornamento degli insegnanti, ma non si vede una volontà politica adeguata alla gravità del problema.
Abbiamo invece bisogno di una scuola davvero esigente nel controllo degli apprendimenti oltre che più efficace nella didattica, altrimenti né il generoso impegno di tanti validissimi insegnanti né l’acquisizione di nuove metodologie saranno sufficienti. Dobbiamo dunque porci come obiettivo urgente il raggiungimento, al termine del primo ciclo, di un sufficiente possesso degli strumenti linguistici di base da parte della grande maggioranza degli studenti.
A questo scopo, noi sottoscritti docenti universitari ci permettiamo di proporre le seguenti linee di intervento:
– una revisione delle indicazioni nazionali che dia grande rilievo all’acquisizione delle competenze di base, fondamentali per tutti gli ambiti disciplinari. Tali indicazioni dovrebbero contenere i traguardi intermedi imprescindibili da raggiungere e le più importanti tipologie di esercitazioni;
– l’introduzione di verifiche nazionali periodiche durante gli otto anni del primo ciclo: dettato ortografico, riassunto, comprensione del testo, conoscenza del lessico, analisi grammaticale e scrittura corsiva a mano.
– Sarebbe utile la partecipazione di docenti delle medie e delle superiori rispettivamente alla verifica in uscita dalla primaria e all’esame di terza media, anche per stimolare su questi temi il confronto professionale tra insegnanti dei vari ordini di scuola.
Siamo convinti che l’introduzione di momenti di seria verifica durante liter scolastico sia una condizione indispensabile per l’acquisizione e il consolidamento delle competenze di base. Questi momenti costituirebbero per gli allievi un incentivo a fare del proprio meglio e un’occasione per abituarsi ad affrontare delle prove, pur senza drammatizzarle, mentre gli insegnanti avrebbero finalmente dei chiari obiettivi comuni a tutte le scuole a cui finalizzare una parte significativa del loro lavoro.
Tra i firmatari. molti nomi noti numerosi Accademici della Crusca e linguisti; i rettori di quattro Università e docenti di letteratura italiana ; il pedagogista Benedetto Vertecchi e lo storico della pedagogia Alfonso Scotto di Luzio; storici, filosofi e sociologi; la scrittrice e insegnante Paola Mastrocola; il matematico Lucio Russo; costituzionalisti e storici dell’arte ;docenti di diritto amministrativo , di diritto pubblico comparato e di diritto romano; il neuropsichiatra infantile Michele Zappella; l’economista Marcello Messori.
Documento 2:
Salvare l’italiano missione possibile?
C’è stata la protesta e di colpo s’è scoperto che troppi giovani non sanno scrivere quattro parole in croce né esprimere oralmente un pensiero compiuto con grammatica e sintassi a posto. Come si dice a Roma: e che non ce lo sapevamo? O si pensa che si possa permettere a una serie di ministri della “Pubblica istruzione” (lo so è vecchio ma lo trovo bello) di fare riforme così per gioco senza pagarne le conseguenze? All’università arrivano i risultati delle cattive classi dell’obbligo dove non si boccia nessuno perché i genitori poi fanno ricorso al Tar, né si fanno i compiti perché i poveri ragazzi s’affaticano e dove va a finire il “tempo libero”? Nel piccolo spazio di questa rubrica sono anni che di tanto in tanto ospitiamo le grida di dolore degli insegnanti che vorrebbero fare e chiedere di più ma non possono perché c’è la piaga delle famiglie che qualche irresponsabile demagogo ha voluto introdurre nella scuola contribuendo alla sua rovina. Due considerazioni: tranquilli, tra qualche giorno della cosa non si parlerà più e tutto continuerà come prima. Secondo, a parziale consolazione: gli stessi lamenti sulla cattiva conoscenza di ortografia, grammatica, sintassi, si levano altrove; per esempio in Francia negli Stati Uniti. Dunque, allegria!
Corrado Auguas [email protected] (dal quotidiano La repubblica” del 7 febbraio 2017)
Caro Augias, 36 anni di insegnamento di italiano, dopo l’appello dei docenti universitari posso solo dire: era ora! Sconcerto però enorme, quanto quello provato negli innumerevoli scrutini quando l’imperativo dei presidi era “qui non si boccia nessuno”. Presidi che non conoscono più la realtà delle classi, che a stento ricordano il nome dei ragazzi in difficoltà, troppo presi a fare andare avanti la baracca, a far quadrare i conti, a gestire progetti. Non sia mai che il loro istituto si distingua per quella severità che mette di fronte alle proprie responsabilità alunni e famiglie.
Paolo Del Conte – [email protected] (dal quotidiano La repubblica” del 7 febbraio 2017)
Caro Augias, ho vissuto per 40 anni a fianco dei giovani sperimentando la felice condizione di insegnamento-apprendimento reciproco. La scuola, i docenti, non “riconoscono” i loro allievi, non liberano le loro potenzialità. Come possono apprendere ad usare la lingua se scrivono così di rado? Come possono scoprire il piacere della lettura se l’atmosfera scolastica è soporifera, impersonale, non generativa di quelle inquietudini e interrogativi che rendono feconda la permanenza in aula? Della scl’erosi del sistema formativo hanno responsabilità gli insegnanti ma, ancor più, una classe dirigente distintasi per cinica abdicazione ai propri compiti.
Francesco Gori – [email protected] (dal quotidiano La repubblica” del 7 febbraio 2017)
Dottor Augias, finalmente! Nel Tg1 s’è data notizia dei giovani universitari che non riescono ad esprimere un pensiero compiuto. Tremendo. Dopo il Tg1, è andato in onda un messaggio per il prossimo festival di Sanremo: un giovane ha esordito con: “Ma comunque “. E’ troppo chiedere che almeno l’azienda di Stato rispetti i canoni della grammatica e della sintassi?
Francesco Sabatini – [email protected] (dal quotidiano La repubblica” del 7 febbraio 2017)
L’emergenza che riguarda l’italiano, segnalata nell’appello dei 600, potrebbe trovare una prima risposta nell’utilizzo di un docente del “potenziamento” da destinare, obbligatoriamente, al recupero della lingua: lettura, grammatica, analisi del periodo. Attività da svolgere magari in un laboratorio di italiano. Poi è necessario ritornare a corsi di formazione obbligatori per i docenti. Infine è opportuno affidare agli ispettori la vigilanza sul rispetto delle indicazioni ministeriali, perché il ministero una volta emanate le disposizioni se ne dimentica, non mette in atto azioni di controllo né rinnova l’invito a mettere in pratica quanto previsto dalla normativa.
Fabrizio Rosi (dal quotidiano La repubblica” del 7 febbraio 2017)
L’allarme lanciato da molti professori sui giovani e la lingua italiana andrebbe esteso anche a molte altre materie: la storia, o la geografia, ma anche altre più specifiche, come la fisica e la matematica. Oggi, che grazie a uno smartphone in tasca ognuno può accedere in tempo reale a qualsiasi informazione, si sta verificando un’ondata di ignoranza di ritorno. Le nuove generazioni, abituate ad accedere, senza sforzo, praticamente a tutto lo scibile umano, non “immagazzinano” più nei loro cervelli le nozioni, tutto “scivola” senza lasciare traccia in una sorta di rimozione dovuta alla consapevolezza, anche inconscia, di avere tutto a disposizione con un clic. Bisognerebbe, se siamo ancora in tempo, cercare di arginare questa deriva.
Mauro Chiostri (dal quotidiano La repubblica” del 7 febbraio 2017)
Ho maturato da tempo la convinzione che siamo noi insegnanti a dover fare una riflessione sul metodo per insegnare a scrivere in italiano. Io non sono un docente di lettere, ho solo l’esperienza da mettere in gioco, e faccio una semplice osservazione: quando agli studenti chiedo di scrivere su tematiche astratte, come lo sono i testi di quasi tutti i saggi brevi, i loro scritti sono penosi, quando chiedo di raccontare di sé o di un’esperienza che hanno fatto, sia l’intensità degli scritti sia la correttezza formale cresce. Un ragazzo d’oggi impara a scrivere solo a partire dall’esperienza, per cui al posto di fantomatici corsi di aggiornamento sarebbe meglio per noi insegnanti entrare in classe e parlare di esperienze reali. In questa direzione l’alternanza scuola/ lavoro ci può aiutare e tanto!
Stop al festival delle riforme
Gianni Mereghetti (dal quotidiano La repubblica” del 7 febbraio 2017)
Nell’intervista a Repubblica sull’italiano il professor Cacciari giustamente denuncia la mancanza, nel nostro sistema scolastico, di un impianto pedagogico e didattico coerente che sostituisca l’ormai superato modello gentiliano. Negli anni si è proceduto per successivi “rappezzi”: ogni ministro ha tentato la “sua” riforma, in molti casi smontando la precedente e sempre più ispirandosi a logiche di mercato. Ma secondo me manca nel suo approccio un adeguato riferimento alla cultura scientifica. Per rivedere l’impianto della scuola serve un percorso “costituente” in cui cultura scientifica e umanistica trovino il giusto equilibrio.
Bruna Cibrario (dal quotidiano La repubblica” del 7 febbraio 2017)