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Ministero dell’Istruzione ESAMI DI STATO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE – PROVA DI ITALIANO
Sessione straordinaria 2022 Prima prova scritta
TRACCIA
TIPOLOGIA B – ANALISI E PRODUZIONE DI UN TESTO ARGOMENTATIVO
PROPOSTA B1
Testo tratto da: Luca Borzani, La Repubblica online, 4 aprile 2022.
(https://genova.repubblica.it/cronaca/2022/04/04/news/la_conferenza_di_genova_del_1922-344070360/)
La Conferenza di Genova del 1922
Nei giorni in cui la guerra irrompe di nuovo in Europa, l’anniversario della Conferenza internazionale di Genova, 10 aprile – 19 maggio 1922, riporta a quella che fu l’incapacità delle nazioni europee di costruire una pace duratura dopo la tragedia del primo conflitto mondiale e di avviare un condiviso processo di ricostruzione post bellica. A Genova si consumò, per usare un’espressione di Giovanni Ansaldo, allora caporedattore de “Il Lavoro” e autorevole collaboratore de “La Rivoluzione Liberale” di Piero Gobetti, un’ennesima “sagra della diplomazia”. Con il prevalere del carattere scoordinato degli obiettivi, l’eccesso confusivo di partecipazione, lo sguardo dei singoli paesi più rivolto al passato e agli interessi nazionali piuttosto che sui mutamenti esplosivi nell’economia, nella società e nella politica prodotti dalla Grande Guerra. A partire dalla rivoluzione sovietica del 1917. […]
Un giudizio largamente condiviso dagli storici, che accentua però quel carattere di spartiacque, di svuotarsi delle diplomazie internazionali, rappresentato dalla Conferenza e, insieme, valorizza il carico di speranza e di attese che si riversarono sul capoluogo ligure. Per la prima volta sedevano intorno a uno stesso tavolo sia le nazioni vincitrici che quelle sconfitte, in testa la Germania, ed era presente la Russia, assunta fino ad allora come un pària internazionale. E su cui pesavano drammaticamente le conseguenze di una guerra civile a cui molto avevano contribuito, con il blocco economico e l’invio di truppe, le stesse potenze dell’Intesa. Alla Conferenza fortemente voluta, se non imposta, dal premier britannico David Lloyd George, partecipano trentaquattro paesi, tra cui cinque dominions inglesi. Insomma, Genova si era trovata ad ospitare il mondo. Avverrà di nuovo soltanto con il G8 del 2001. […]
Genova che ospita la Conferenza non è però una città pacificata. Come non lo è l’Italia. Un tesissimo conflitto sociale continua ad attraversarla e a cui corrisponde la violenta azione del fascismo. […]
L’insistenza franco-belga nell’isolare la Germania e il voler costringere la Russia al pagamento dei debiti contratti dallo zar sono le ragioni principali del fallimento. Così come il non mettere in discussione i trattati imposti dai vincitori, le sanzioni, l’entità delle riparazioni, i modi e i tempi dei pagamenti. Di disarmo non si riuscirà a parlare. Molto di quello che avverrà è anche conseguenza del non aver trovato ragioni comuni e accettabili da tutti. L’ombra del secondo conflitto mondiale e dei totalitarismi, ancorché imprevedibile, comincia a formarsi. L’Italia ne sarà coinvolta per prima. Ecco, a distanza di un secolo, le difficoltà a costruire la pace a fronte della facilità della guerra ci interrogano con straordinaria forza.
Luca Borzani, La Repubblica online, 4 aprile 2022.
Comprensione e Analisi
Puoi rispondere punto per punto oppure costruire un unico discorso che comprenda le risposte a tutte le domande proposte.
- Riassumi il contenuto del brano mettendo in rilievo il clima storico in cui si svolse la Conferenza di Genova.
- Nel brano, l’autore sottolinea che Genova “non è però una città pacificata”. Perché? Spiega a quali tensioni politico-sociali, anche a livello nazionale, Borzani fa riferimento.
- Individua quali furono, a parere dell’autore, le principali cause del fallimento delle trattative e le conseguenze dei mancati accordi tra le potenze europee.
- Illustra quali furono i mutamenti esplosivi prodotti dalla Grande Guerra nelle nazioni del continente europeo.
Produzione
Esattamente a cento anni di distanza dalla Conferenza di Genova, la situazione storica è profondamente mutata, eppure le riflessioni espresse dall’autore circa quell’evento possono essere riferite anche all’attualità. Esponi le tue considerazioni in proposito e approfondiscile, argomentando e traendo spunto dai tuoi studi, dalle tue letture e dalle tue conoscenze, ed elabora un testo in cui tesi e argomenti siano organizzati in un discorso coerente e coeso.
SVOLGIMENTO
La Conferenza di Genova del 1922: Un Monito per l’Europa di Oggi
L’articolo di Luca Borzani sulla Conferenza di Genova del 1922, celebrata a cento anni di distanza in un’Europa nuovamente lacerata dalla guerra, offre una riflessione di straordinaria attualità. La sua analisi impietosa dell’incapacità delle nazioni europee di costruire una pace duratura e di avviare una ricostruzione condivisa dopo la Prima Guerra Mondiale, a causa del prevalere degli interessi nazionali e di una miopia diplomatica, risuona con dolorosa pertinenza nel contesto delle sfide odierne. Pur essendo cambiati gli attori e le specifiche circostanze, le dinamiche sottostanti di diffidenza, mancanza di visione comune e incapacità di affrontare le “mutamenti esplosivi” della storia, rimangono un monito imprescindibile per il presente.
Comprensione e Analisi
1. Sintetizza il contenuto del brano mettendo in rilievo il clima storico in cui si svolse la Conferenza di Genova.
Il brano di Luca Borzani rievoca la Conferenza internazionale di Genova del 1922, definendola un’ennesima “sagra della diplomazia” che si consumò nell’incapacità delle nazioni europee di costruire una pace duratura e di avviare una ricostruzione post-bellica condivisa dopo la tragedia del primo conflitto mondiale. L’autore sottolinea il prevalere di obiettivi scoordinati, un eccesso di partecipazione e uno sguardo dei singoli paesi più rivolto al passato e agli interessi nazionali, piuttosto che ai “mutamenti esplosivi” nell’economia, nella società e nella politica prodotti dalla Grande Guerra, a partire dalla rivoluzione sovietica del 1917.
Il clima storico in cui si svolse la Conferenza era teso e pieno di contraddizioni. Vi era un “carico di speranza e di attese” per il fatto che per la prima volta sedevano attorno a uno stesso tavolo nazioni vincitrici e sconfitte (come la Germania), e anche la Russia sovietica, fino ad allora trattata come un “pària internazionale” e gravata dalle conseguenze di una guerra civile sostenuta anche dalle potenze dell’Intesa. Nonostante l’importanza dell’evento (voluto dal premier britannico David Lloyd George, con la partecipazione di trentaquattro paesi), l’Italia che ospitava la Conferenza, e in particolare Genova, non era una città pacificata, ma era attraversata da un “tesissimo conflitto sociale” che corrispondeva alla violenta azione del fascismo.
2. Nel brano, l’autore sottolinea che Genova ‘non è però una città pacificata’. Perché? Spiega a quali tensioni politico-sociali, anche a livello nazionale, Borzani fa riferimento.
Nel brano, Borzani sottolinea che Genova “non è però una città pacificata” (r. 18) per evidenziare come le tensioni e i conflitti che dilaniavano l’Europa post-bellica fossero presenti non solo sul piano internazionale, ma anche all’interno delle singole nazioni, e in Italia in modo particolarmente acuto.
L’autore fa riferimento a specifiche tensioni politico-sociali a livello nazionale:
- Un “tesissimo conflitto sociale” continuava ad attraversare l’Italia (r. 19). Questo si riferisce al biennio rosso (1919-1920) e agli anni immediatamente successivi, caratterizzati da scioperi operai, occupazioni di fabbriche e terre, agitazioni contadine e una forte contrapposizione tra le classi sociali. La nazione era profondamente divisa tra forze rivoluzionarie (socialisti, comunisti) e forze conservatrici o reazionarie.
- A questo conflitto sociale “corrisponde la violenta azione del fascismo” (r. 20). Borzani allude all’ascesa del movimento fascista di Benito Mussolini, che proprio in quegli anni stava consolidando il suo potere attraverso la violenza squadristica contro gli oppositori politici (socialisti, sindacalisti, popolari). Le violenze fasciste miravano a reprimere le agitazioni sociali e a imporre un nuovo ordine con la forza.
Quindi, Genova, pur ospitando un evento di portata mondiale con un’aspirazione alla pace e alla ricostruzione, era in realtà una città che rifletteva le profonde divisioni e la violenza che stavano per portare l’Italia verso il regime totalitario. La pacificazione diplomatica internazionale si scontrava con la realtà di una nazione in preda a gravi turbamenti interni.
3. Individua quali furono, a parere dell’autore, le principali cause del fallimento delle trattative e le conseguenze dei mancati accordi tra le potenze europee.
A parere dell’autore, le principali cause del fallimento delle trattative della Conferenza di Genova furono:
- L’insistenza franco-belga nell’isolare la Germania e nel volerla costringere al rispetto totale delle condizioni imposte dai trattati di pace (r. 22). Questo includeva la richiesta del pagamento integrale delle riparazioni di guerra, senza mettere in discussione la loro entità, i modi e i tempi dei pagamenti.
- Il voler costringere la Russia al pagamento dei debiti contratti dallo zar (r. 23), ignorando le conseguenze della guerra civile russa e la nuova realtà politica del regime sovietico.
- Il non aver messo in discussione i trattati imposti dai vincitori (r. 23-24), le sanzioni e l’entità delle riparazioni. Ciò impedì un vero negoziato e una revisione delle condizioni che erano percepite come punitive dalle nazioni sconfitte (e dalla Russia).
- L’incapacità di parlare di disarmo (r. 25), un tema fondamentale per la costruzione di una pace duratura ma evidentemente ignorato o non affrontato dalle potenze.
- Più in generale, la mancanza di “ragioni comuni e accettabili da tutti” (r. 26), ovvero l’incapacità di superare gli interessi nazionali particolari a favore di una visione condivisa del futuro europeo.
Le conseguenze dei mancati accordi furono drammatiche e a lungo termine:
- La mancata costruzione di una pace duratura e di un processo di ricostruzione condivisa.
- L’inizio della formazione dell'”ombra del secondo conflitto mondiale e dei totalitarismi, ancorché imprevedibile” (r. 27-28). Il fallimento di Genova contribuì a creare un clima di insoddisfazione e instabilità che avrebbe favorito l’ascesa di regimi autoritari e nuove tensioni internazionali.
- L’Italia, con le sue tensioni interne già esistenti, ne sarebbe stata “coinvolta per prima” (r. 28), alludendo alla presa del potere del fascismo.
4. Illustra quali furono i mutamenti esplosivi prodotti dalla Grande Guerra nelle nazioni del continente europeo.
La Grande Guerra, come sottolinea Borzani, produsse “mutamenti esplosivi nell’economia, nella società e nella politica” (r. 7-8) delle nazioni europee, alterando radicalmente il quadro pre-bellico:
- Mutamenti politici:
- La fine di antichi imperi: Si assistette al crollo degli imperi austro-ungarico, ottomano, russo e tedesco, che ridisegnarono completamente la carta geografica d’Europa con la nascita di nuovi stati nazionali, spesso instabili o con minoranze etniche irredente.
- La rivoluzione sovietica del 1917: L’evento più significativo fu la rivoluzione bolscevica in Russia, che portò alla nascita del primo stato comunista, introducendo una nuova ideologia e un nuovo attore sulla scena internazionale, inizialmente percepito come un “pària”. Questo evento cambiò radicalmente le dinamiche politiche globali.
- L’instabilità democratica e l’ascesa di nuove forze: In molti paesi, la transizione da regimi autoritari a sistemi democratici fu turbolenta, con l’emergere di movimenti estremisti, come il fascismo in Italia (già attivo a Genova) e il nazismo in Germania (ancora in fase embrionale ma destinato a crescere sulla base del risentimento post-bellico).
- Mutamenti economici:
- Crisi economica e inflazione: La guerra aveva prosciugato le risorse economiche dei paesi belligeranti, lasciandoli in una condizione di profondo indebitamento e inflazione galoppante. La ricostruzione era un compito immane e costoso.
- Problema delle riparazioni e dei debiti di guerra: Le potenze vincitrici imposero pesanti riparazioni ai paesi sconfitti, in particolare alla Germania, creando tensioni economiche che avrebbero ostacolato la ripresa e alimentato il risentimento.
- Mutamenti sociali:
- Perdite umane e traumi psicologici: La guerra aveva mietuto milioni di vite, lasciando dietro di sé una generazione traumatizzata e una società profondamente segnata da lutti e disabilità.
- Disordine sociale e tensioni di classe: Il ritorno dei soldati, la disoccupazione, l’inflazione e l’esperienza della guerra avevano acuito le tensioni sociali e le rivendicazioni dei lavoratori, portando a periodi di forte conflitto sociale e instabilità politica.
- Il ruolo della donna: La guerra aveva spinto le donne a entrare nel mondo del lavoro in settori tradizionalmente maschili, modificando il loro ruolo nella società e le aspettative.
In sintesi, la Grande Guerra non fu solo un conflitto militare, ma un cataclisma che distrusse l’ordine politico, economico e sociale ottocentesco, aprendo la strada a un ventennio di instabilità e all’emergere di nuove ideologie e conflitti che avrebbero portato al secondo conflitto mondiale.
Produzione
Il Corto Circuito della Storia: Quando il Passato Interroga il Presente
L’anniversario della Conferenza di Genova del 1922, celebrato a cento anni di distanza in un’Europa nuovamente percorsa dal vento di guerra, come evidenziato da Luca Borzani, è un’occasione non solo per guardare al passato, ma per interrogarlo sulla nostra stessa attualità. La sua analisi della Conferenza come un fallimento diplomatico, frutto di una miopia politica e del prevalere di interessi nazionali sull’interesse comune, risuona con dolorosa pertinenza nel contesto delle sfide che l’Europa e il mondo affrontano oggi. Ritengo che, pur essendo radicalmente mutato il quadro storico, le riflessioni di Borzani offrano un monito imprescindibile: la facilità con cui la pace può essere compromessa e la difficoltà nel costruirla su basi solide e condivise rimangono una costante tragica della storia umana.
La prima e più evidente analogia tra il 1922 e l’oggi risiede nella persistenza degli interessi nazionali e nella miopia diplomatica. Borzani sottolinea come allora lo sguardo dei singoli paesi fosse “più rivolto al passato e agli interessi nazionali piuttosto che sui mutamenti esplosivi”. Oggi, a fronte di conflitti come quello in Ucraina, o di crisi complesse come quella energetica, assistiamo spesso a un’oscillazione tra la retorica dell’unità europea e la realtà di decisioni dettate da priorità nazionali. La costruzione di un’Europa davvero solidale e unita, capace di agire con una sola voce in politica estera o nella difesa, è ancora un obiettivo difficile da raggiungere, ostacolato da egoismi e da una visione a breve termine che privilegia il “qui e ora” del singolo stato a scapito di una strategia comune e di lungo respiro. La diffidenza, quella che allora impedì a Stalin e Churchill una piena fiducia, è ancora un veleno sottile nelle relazioni internazionali.
In secondo luogo, la Conferenza di Genova fallì nel discutere i “mutamenti esplosivi” e nel mettere in discussione gli accordi imposti. Questo si traduce, nel presente, nell’incapacità di affrontare con decisione le sfide globali che travalicano i confini nazionali. Il cambiamento climatico, le pandemie (come quella di COVID-19 che ha mostrato la nostra “comune fragilità” e l’interdipendenza planetaria, come sottolineato da Ferrajoli), le crisi migratorie o la disuguaglianza economica globale, richiedono risposte complesse e coordinate a livello internazionale. Eppure, le diplomazie faticano a trovare soluzioni condivise e vincolanti, spesso per la resistenza di alcuni paesi a sacrificare parte della propria sovranità o a rinunciare a interessi economici immediati. La lezione del 1922 ci ricorda che ignorare o posticipare l’affronto dei problemi emergenti, per quanto scomodi, crea solo le premesse per crisi future ben più gravi.
Un altro aspetto tragico dell’analisi di Borzani è l’idea che il fallimento di Genova abbia contribuito alla formazione dell'”ombra del secondo conflitto mondiale e dei totalitarismi”. Le conseguenze della frammentazione e della non-comprensione sono sempre nefaste. Oggi, pur non essendo a rischio un conflitto mondiale della stessa portata, la persistenza di focolai di guerra, l’inasprirsi di tensioni geopolitiche (come la crescente rivalità tra Stati Uniti e Cina), l’instabilità in alcune regioni (Medio Oriente, Africa) e la crisi energetica globale, ci interrogano sulla solidità del sistema internazionale. La rinascita di nazionalismi aggressivi e la fragilità delle democrazie in alcuni contesti europei, pur non essendo identici ai totalitarismi del ‘900, richiamano alla necessità di difendere i valori democratici e di promuovere il dialogo e l’inclusione, per evitare che le divisioni interne si trasformino in nuove minacce.
Nonostante queste cupe analogie, è fondamentale non cadere nel fatalismo. La Conferenza di Genova, come ricorda Borzani, fu anche carica di “speranza e di attese”. L’aver riunito per la prima volta vincitori, sconfitti e la Russia sovietica, fu di per sé un passo significativo. Oggi, il desiderio di pace e di cooperazione rimane forte nella società civile. Organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite, l’Unione Europea, la NATO, pur con tutti i loro limiti, rappresentano tentativi di costruire un’architettura di pace e di cooperazione che allora mancava o era embrionale. Il “non si riuscirà a parlare di disarmo” del 1922 è oggi un tema prioritario in molte agende internazionali, per quanto difficile da implementare.
In conclusione, la lezione della Conferenza di Genova del 1922 è un potente monito storico. Essa ci insegna che la pace non è l’assenza di guerra, ma un processo attivo di costruzione che richiede lungimiranza, la capacità di superare gli interessi nazionali in nome di un bene comune, la volontà di affrontare le sfide emergenti e il coraggio di mettere in discussione le posizioni preconcette. Le difficoltà a costruire la pace a fronte della facilità della guerra, come scrive Borzani, ci interrogano con “straordinaria forza”. L’Europa di oggi, più integrata e consapevole delle sue fragilità, ha il dovere di imparare dagli errori del passato, per non ripetere quella “sagra della diplomazia” e per costruire, finalmente, una pace duratura e una prosperità condivisa.