Ogni uomo nella propria vita deve ringraziare qualcuno che lo ha aiutato, magari anche salvato dal proprio destino.
Spesso non c’è tempo per pensare, per riflettere, per essere grati a chi si è fatto così vicino da avere compassione e cura di te.
Eppure occorre trovare lo spazio per recuperare equilibrio e consapevolezza, avvicinare le nostre dimenticanze alla gratitudine per l’altro che si è trovato là quando abbiamo avuto bisogno.
Sono trascorsi anni da quando fui letteralmente raccolto da don Franco Tassone, dai fratelli e dalle sorelle della grande Casa del Giovane, anni uno sull’altro, un viaggio intero di scoperte, di esperienze, di obiettivi vicini e lontani, finalmente chiari alla mente e al cuore.
A volte si dice grazie allo stesso modo di come agisce la robottistica in una catena di montaggio, è un grazie sonnolento, senza entusiasmo, come certe verità sono segrete solo per chi non le vuole proprio vedere.
Un uomo pensa alla vita che scorre e a quella che verrà, difficilmente riflette su quanto gli è stato insegnato, su come è stata costruita la sua maturità e capacità di vivere in armonia con gli altri.
Si dice grazie ma molto raramente si fa grazie per il bene ricevuto, il tempo passa e noi cambiamo con la nostra età, la nostra tristezza, la felicità, invece la gratitudine disconosce stanchezza, né ha la criniera grigia a causa degli anni che fuggono via, i più importanti perché non ritornano.
La gratitudine è qualcosa che nasce, cresce e si espande, legge intorno a sé le righe che la fanno emozionare, è quello il momento di fare grazie, di essere grati a qualcuno, a chi in questi anni con pazienza ha educato a non rassegnarci alla ingiustizia dei diritti negati e di quelli diseguali, promuovendo impegni costruttivi nelle scelte di bene, che sono difficili, ma consentono di giocare la nostra libertà nelle responsabilità che non è più possibile truffare.
A volte è difficile essere uomini perché scavalchiamo le verità che invece esistono, è un malessere che assomiglia all’intensità di una delusione frustrata, di una illusione che si spezza, ma è questa la somma degli errori per ritornare con i piedi per terra.
A quante persone sono grato e non ho mai detto grazie, a mia moglie, a mia figlia, a don Franco, a quanti altri ho fatto davvero grazie per avermi insegnato a vivere?
Forse non sono stato capace di farlo, ma è attraverso queste persone che ho compreso il valore della volontà che deve esser allenata al suo uso, alla ragione che deve sapere quanto sono importanti i cammini che si stagliano all’orizzonte, una nuova punteggiatura da cui ripartire, approfittando di quanto la vita ci fa dono di scoprire, perché la gratitudine non solo è un’ispirazione provvidenziale che riconcilia al bello, ma ci induce a essere noi stessi.
Vincenzo Andraous
tutor Comunità
Casa del Giovane
Pavia maggio 2008