L’idea di
un sistema scolastico di “qualità” era già insito nell’intenzione del
legislatore all’atto dell’emanazione dello “Schema di regolamento relativo
all’autonomia scolastica” (art. 21 L. 59/97). La volontà di attribuire
personalità giuridica alle istituzioni scolastiche e , quindi, una conseguente
e progressiva autonomia presupponeva la necessità, per quest’ultima, di offrire
servizi di qualità per la propria utenza. Tale intento risulterà più
chiaramente esplicitato nella successiva Direttiva n° 307 del 21 maggio 1997
con la quale il Ministero della Pubblica Istruzione istituiva presso il CEDE
(ora INVALSI) IL “Sistema Nazionale per la Qualità dell’Istruzione” a cui
avrebbe affidato successivamente la definizione degli “Standard di qualità”
(come si evince dagli articoli 10 e 11 del DPR 275/99).
Ciò
che, in forma ibrida e ancora non ben definita, si chiedeva alle istituzioni
scolastiche era la possibilità di ottenere risultati efficaci in termini di
conoscenze e competenze da parte della propria utenza. In altri termini, per
l’Istituzione scolastica diventava necessario adottare piani finalizzati a ciò
che il mondo dell’impresa chiamava “customer
satisfaction” . Il concetto di qualità entrava a pieno titolo a far parte
del mondo della scuola e la Nota Ministeriale del 9/1/2001, avente per oggetto
la “qualità del sistema di istruzione e il relativo percorso” , ne era la
testimonianza documentale. Il percorso che la suddetta nota proponeva non era
cosa da poco: apertura all’esterno, dismissione dell’autoreferenzialità della
scuola, definizione della “missione” con le relative priorità, ecc. Andava
ripensato tutto il sistema scuola, a partire da chi svolgeva funzioni di
presidenza e direzione. I Presidi e i Direttori Didattici, così come inquadrati
nel vecchio ordinamento, non avrebbero potuto mai gestire la Scuola che la
società si apprestava a chiedere. Di lì a breve, infatti, nell’ambito della
normativa relativa all’ordinamento del
lavoro alle dipendenze del pubblico impiego (D.lgs. 165/2001) fu
istituita la figura del Dirigente Scolastico (art. 25) che andava a sostituire
i vecchi presidi e direttori didattici. E’ proprio a questa nuova figura
venivano attribuite funzioni relative alla promozione di interventi finalizzati
ad “assicurare la qualità” dei processi formativi (comma 3 del citato
articolo). Per il Dirigente Scolastico la qualità, quindi, diventava uno degli
obiettivi strategici sul quale impostare l’intero processo educativo. Sono
trascorsi ormai dieci anni dalla promulgazione del suddetto decreto, ma è più
che mai attuale. E’ necessario partire dal presupposto che la funzione del
Dirigente Scolastico è atipica rispetto ad altre funzioni dirigenziali della
Pubblica Amministrazione; infatti, si basa non su un rapporto di tipo
gerarchico-burocratizzante, piuttosto su una struttura a “legame debole” , così
come definita da Weick; pertanto, affinché l’istituzione scolastica che dirige
raggiunga gli standard di qualità richiesti dal territorio e dalla normativa,
il Dirigente Scolastico deve tenere conto di una serie di fattori atti a
favorire il suddetto successo. Innanzitutto dovrà garantire che l’alunno e la
sua famiglia siano il reale centro dell’azione didattica e formativa; tale
azione dovrà poter essere misurata in termini di trasferibilità delle competenze
maturate. Va ricordato, in tal senso, che non si parla di competenze generiche,
ma delle otto competenze chiave contenute nella
Raccomandazione europea del 18/12/2006 relativa alle “competenze chiave
per l’apprendimento permanente” . Il Dirigente Scolastico dovrà, inoltre,
offrire e garantire un servizio efficiente e produttivo favorendo
l’ottimizzazione dei tempi, degli strumenti e, soprattutto, delle risorse. Non
potrà mancare naturalmente l’azione di controllo che il Dirigente Scolastico
andrà a svolgere direttamente o attraverso quel personale che egli stesso avrà
scelto e delegato a tal uopo (come prescritto dall’art. 25 comma 5 del D.lgs.
165/2001). Naturalmente il controllo sarà finalizzato a valutare i livelli di
efficienza e di efficacia sia del prodotto, sia del processo attivato. I
fattori per un servizio di buona qualità individuati non potranno, comunque, in
nessun caso, prescindere da un “fattore prioritario” quale la comunicazione. E’
importante, in tal senso, ricordare il ruolo a legame debole del Dirigente
Scolastico; il successo della sua azione dirigenziale sarà, infatti, legato
alla capacità dello stesso di raccordare tutte le componenti dell’istituzione
scolastica in chiave comunicativa. Il contesto scolastico, che è costituito da
persone (alunni, insegnanti, collaboratori scolastici, personale di segreteria)
realizza il proprio comportamento interattivo prioritariamente attraverso la
comunicazione: se questa è di buon livello si ottiene un servizio di qualità.
Nella scuola della qualità comunicativa la parola d’ordine diventa
“compartecipazione” ; tutto è messo a disposizione di tutti: idee, progetti,
attività, esiti della formazione, richieste e offerte. Una scuola che funziona
sul piano della comunicazione interna è certamente aperta ad inferenze e
collaborazioni con il territorio e con il mondo del mercato. Il Dirigente Scolastico riesce ad
instaurare un rapporto di qualità comunicativa all’interno della istituzione
scolastica che dirige quando gli obiettivi sono condivisi, i ruoli sono ben
definiti, le assunzioni di responsabilità sono chiare; vi è, quindi, la
consapevolezza, di ciascun componente
l’istituzione, di perseguire uno scopo comune: quello, appunto, di produrre un
servizio di qualità esplicantesi nella capacità dell’allievo di sapere, saper
fare e saper essere. A tal fine è
compito del Dirigente Scolastico potenziare le capacità organizzative e
formative dell’istituzione scolastica, valorizzare il pieno utilizzo delle
risorse disponibili, promuovere la cultura del servizio, stimolare lo sviluppo
di professionalità capaci di programmare, gestire, controllare e misurare il
processo formativo. Sono tanti, quindi, gli indicatori che permettono di
individuare i risultati di una istituzione scolastica in termini di qualità. A
cominciare dalla struttura stessa (efficienza dei laboratori, disposizione
degli ambienti, attuazione delle norme di sicurezza), per passare poi alla
motivazione dei docenti a formarsi o auto formarsi in rapporto alle reali
esigenze della scuola di appartenenza. Indicatori fondamentali risultano essere
la Carta dei servizi, il Contratto Formativo, il Regolamento d’Istituto, lo
Statuto degli studenti , il Programma Annuale,la periodica relazione del
Dirigente Scolastico sulla direzione e il coordinamento dell’attività, in
quanto documenti pubblici e quindi attestanti la reale attività
dell’istituzione scolastica. Un’attenzione particolare va rivolta al POF, il
quale, in quanto carta d’identità della scuola (DPR 275/99 art. 3), è il
documento della scuola più visibile all’esterno, quindi più soggetto a
valutazione anche da parte delle famiglie e degli enti locali i quali, vale la
pena ricordarlo, partecipano alla predisposizione dello stesso. Ciò che non si
evince dai documenti si ricava dalle azioni. Una scuola di qualità è una scuola
che dedica un’adeguata programmazione all’accoglienza e all’integrazione degli
alunni e che riesce a rendere i propri
spazi e attività realmente inclusivi, garantendo così il diritto allo
studio sancito dal dettato costituzionale. Alla base di tale successo, però, è
chiaro che non ci può essere soltanto l’istituzione scolastica, ma il
contributo costante e puntuale delle famiglie e degli enti locali, la quale
cosa fa sì che l’accoglienza sia il risultato di un rapporto di reciprocità
estesa e diffusa. La scuola che risponde alle richieste del territorio è
certamente una scuola di qualità poiché oltre ad essere in linea con le
indicazioni ministeriali, dichiara in tal modo il suo essere parte del
territorio negli aspetti che le sono peculiari. Se il territorio chiede
l’apertura pomeridiana della scuola, quest’ultima è tenuta a garantirne il
servizio e ad offrirlo previa adeguata programmazione: quel territorio,
infatti, non ha bisogno di una “scuola parcheggio” , ma di una istituzione che
possa garantire formazione in qualsiasi ora del giorno. Tutto ciò promuovendo
anche accordi con l’associazionismo di zona e con le altre scuole presenti e
adottando tutte le forme di flessibilità oraria necessarie (art. 5 e 7 DPR
275/99). Se la scuola sarà riuscita a produrre qualità i risultati dei
rilevamenti degli apprendimenti, somministrati dagli agenti esterni, saranno
sicuramente positivi. Proprio questo è, infatti, l’intento del Sistema
Nazionale di Valutazione: innalzare e armonizzare nel Paese il livello di
conseguimento degli esiti di apprendimento (Precisazioni per l’a.s. 2010/2011
relativi alla rilevazione degli apprendimenti. Nota MIUR prot. 2792). Ogni
istituzione scolastica sviluppa la propira attività formativa in funzione di un
progetto educativo condiviso. Il cardine di tale progetto dovrà inserirsi nel
più ampio programma europeo di educazione permanente basato sull’idea che le
persone costituiscono la risorsa più importante per l’Europa (Consiglio Europeo
di Lisbona/2000). Se la scuola vuole, quindi, formare “persone” deve
necessariamente investire nella qualità del proprio servizio al fine di
ottenere successo formativo. Deve essere questo l’obiettivo strategico e
primario del Dirigente Scolastico che vuole portare gli alunni della scuola che
dirige a raggiungere gli obiettivi stabiliti a Lisbona dalla Commissione
europea nel 2010.