Da Traiano ad Adriano
28 Dicembre 2019La prima parte del canto quarto dell’ Inferno di Dante vv. 1-46
28 Dicembre 2019Dopo averne spiegato i motivi, l’ira porta Giunone a scatenare una tremenda tempesta contro le navi troiane.
La Tempesta
In questi versi, infatti, Virgilio descrive la tempesta scatenata dai venti, su ordine di Giunone, contro la flotta di Enea. Questa scena si trova nel primo libro dell’Eneide e rappresenta uno dei momenti più drammatici e spettacolari del poema.
Struttura e Contenuto:
- Descrizione della Tempesta (vv. 81-101):
- vv. 81-85: L’apertura della scena vede Giunone ordinare ai venti di scatenare la tempesta. I venti (Euro, Noto, Africo) emergono in forza, sconvolgendo il mare e il cielo.
- vv. 86-91: La descrizione del caos: le navi sono sbattute dalle onde, gli uomini gridano, e il cielo è oscurato da nubi. La notte avvolge tutto, i poli tuonano e l’etere splende di fuochi. La morte sembra imminente.
- vv. 92-101: Enea, sopraffatto dal terrore, esprime il suo rimpianto di non essere morto a Troia, in battaglia, come i suoi compagni gloriosi. Questo monologo di Enea sottolinea la sua umanità e vulnerabilità.
- Le Navi in Difficoltà (vv. 102-123):
- vv. 102-107: La tempesta colpisce con forza le navi. Una delle navi viene sbalzata da un turbine e colpita violentemente.
- vv. 108-112: La descrizione del naufragio delle navi di Oronte e degli altri, che vengono sbattute sugli scogli e nelle secche.
- vv. 113-119: La furia della tempesta continua: tre navi sono strappate via e sbattute contro le rocce, altre sono gettate negli stretti di Sirte, una visione di totale rovina.
- vv. 120-123: L’intervento di Nettuno: si accorge del caos e, sdegnato, decide di intervenire. Questo introduce la successiva sezione dove il dio del mare riporta l’ordine.
Tematiche e Stile:
- Il Caos e la Natura Indomita: Virgilio utilizza una vivida descrizione per trasmettere il potere distruttivo della natura. La personificazione dei venti e del mare come forze violente ed indomabili sottolinea l’idea di un universo in cui gli dei giocano con il destino degli uomini.
- Il Coraggio e la Vulnerabilità di Enea: Il monologo di Enea è un momento cruciale che mostra il suo coraggio, ma anche la sua vulnerabilità e umanità. Enea è un eroe, ma non è immune alla paura e al desiderio di una morte gloriosa, piuttosto che una morte insignificante in mare.
- Intervento Divino: L’intervento di Nettuno prepara il terreno per il tema ricorrente dell’intervento divino nel poema. Gli dei nell’Eneide giocano un ruolo attivo e spesso capriccioso, influenzando il destino degli uomini.
Commento:
Questa sezione dell’Eneide è fondamentale per diversi motivi. Innanzitutto, mette in luce l’abilità poetica di Virgilio nella descrizione di scene epiche e drammatiche. La tempesta è resa con un linguaggio potente e immagini vivide che coinvolgono il lettore.
Inoltre, serve a caratterizzare Enea, il protagonista. La sua reazione alla tempesta mostra la sua forza interiore, il suo senso del dovere e il suo tormento personale. Nonostante la paura, Enea rimane un leader e una figura di riferimento per i suoi uomini.
Infine, la scena riflette l’inevitabilità del destino e il ruolo degli dei nell’universo virgiliano. Gli uomini sono spesso alla mercé delle forze divine, e il loro destino è manipolato dai capricci degli dei. Tuttavia, l’intervento di Nettuno suggerisce anche che c’è un ordine divino che alla fine riporterà l’armonia.
In conclusione, questi versi sono emblematici della grandezza epica dell’Eneide e del modo in cui Virgilio intreccia temi di coraggio, vulnerabilità, caos naturale e intervento divino per creare una narrazione potente e coinvolgente.
Testo dei 81-123 del primo libro dell’Eneide
LA TEMPESTA
Come ciò detto, ribaltata la lancia, colpì
alla costa il cavo monte; ed i venti come fatta una schiera
dov’ è dato lo sbocco, corrono e flaggellan le terre col soffio.
Bloccarono il mare e tutto dai massimi fondi
insieme Euro e Noto vanno ed Africo denso
di bufere, e riversan i vasti flutti sui lidi.
Ne segue un grido di uomini e uno stridio di cordami;
subito le nubi strappano il cielo e il giorno
dagli occhi dei Teucri; nera sul mare sovrasta la notte;
tuonarono i poli e l’etere splende di densi fuochi
tutto minaccia sugli uomini una morte imminente.
All’istante le membra di Enea si sciolgono dal brivido;
geme e tendendo entrambe le mani alle stelle
così esprime a voce: “O tre quattro volte felici,
cui toccò affrontare la morte davanti ai volti dei padri e sotto
le alte mura di Troia. O Tidide, il più forte della razza
dei Danai. Io, non aver potuto cadere nelle piane iliache
e spendere questa vita per mano tua, dove giace
il fiero Ettore per l’arma dell’Eacide, dove Sarpedo gigante,
dove sotto l’onde il Simoenta travolge tanti scudi strappati
ed elmi e forti spoglie d’eroi.”
A lui che grida così un turbine nemico stridendo per Aquilone
ferisce la vela e solleva i flutti alle stelle.
Si spaccano i remi, poi si rovescia la prora ed offre il fianco
alle onde, l’insegue un monte spezzato con la (sua) massa d’acqua.
Questi pendono in cima al flutto; a questi un’onda aprendosi
scopre tra i flutti la terra, il risucchio infuria sulle sabbie.
Noto tormenta tre navi strappate nelle rocce latenti
rocce che gli Itali chiamano Are in mezzo ai flutti,
enorme dorsale in cima al mare, tre le spinge Euro dall’alto
anche negli stretti di Sirte, miserevole (spettacolo) a vedersi,
e le sbatte nelle secche e le cinge d’un muro di sabbia.
Una, che portava i Lici ed il fidato Oronte,
sotto i suoi occhi l’enorme marea la ferisce dall’alto
sulla poppa: il pilota bocconi è sbalzato e rotolato
a capofitto, ma tre volte il flutto la tortura lì ancora
roteandola e un rapido vortice con l’acqua la divora.
Pochi appaiono nuotando nel vortice vasto,
armi d’eroi e tavole e tesori troiani tra le onde.
Ormai la robusta nave d’Ilioneo, ormai (quella) del forte Acate,
e (quella) da cui (é) portato Abante,
e (quella) da cui il vecchio Alete, le ha vinte la bufera;
tutte con l’insieme dei fianchi sfasciato
subiscono la pioggia nemica e per le falle si aprono.
Le navi di Enea saggiano l’ira di Giunone
NETTUNO, DIO DEL MARE, INTERVIENE
Intanto Nettuno s’accorse che il mare era sconvolto da grande
rumore e che la bufera era scatenata e dai profondi abissi
le acque eran agitate, seriamente sdegnato, e affacciandosi
dall’alto alzò il capo maestoso sulla cima dell’onda.
Vede la flotta d’Enea dispersa per tutto il mare,
i troiani sommersi dai flutti e dal disastro del cielo;
nè sfuggirono al fratello gli inganni e le ire di Giunone.
Chiama a sè Euro e Zefiro, poi parla così:
“Forse così tanta sicurezza della vostra razza vi sostenne?
ormai senza il mio volere osate sconvolgere cielo e terra,
venti, e alzare così grandi masse?
Perchè io vi…ma è meglio calmare i flutti sconvolti.
Poi mi pagherete i misfatti con pena non comparabile.
Affrettate la fuga e così dite al vostro re:
non a lui fu dato il potere del mare ed il severo tridente,
ma a me per fato. Lui possiede le enormi rocce,
le vostre case, Euro; si sbatta in quella sede
Eolo e regni sul chiuso carcere dei venti”.
Così parla, e con l’ordine ben presto placa il gonfio mare
spazza via le nubi raccolte e riporta il sole.
Cimotoe insieme e Tritone sforzandosi disincaglian
le navi dallo scoglio aguzzo; lui le alza col tridente
apre le vaste Sirti e placa il mare
e colle ruote leggere percorre le cime delle onde.
E come in una grande folla quando spesso è nata
una sommossa e il volgo plebeo infuria con violenze
e ormai volano incendi e sassi, la rabbia procura armi;
allora, se per caso han visto un uomo serio per virtù
e meriti, tacciono e stanno con orecchie attente;
egli guida i cuori con le parole e addolcisce gli spiriti:
così tutto il frastuono del mare cessò, dopo che il padre
affacciandosi sull’acque e portato nel cielo aperto 135
piega i cavalli e volando col cocchio veloce dà le briglie.
Audio Lezioni sull’ Eneide del prof. Gaudio