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28 Dicembre 2019Le origini della tragedia
28 Dicembre 2019Questa breve poesia tratta dall’Alcyone di Gabriele D’Annunzio appartiene alla sua fase estetizzante e decadente, in cui esplora la corruzione, il disfacimento e l’insistenza sulla sensorialità, temi centrali del movimento decadentista.
D’Annunzio, tramite immagini potenti e suggestive, crea un’atmosfera soffocante e malata, in cui la natura stessa sembra partecipare al declino e alla decadenza.
Testo della poesia “Nella belletta” di Gabriele D’Annunzio (da Alcyone)
Nella belletta i giunchi hanno l’odore
delle persiche mézze e delle rose
passe, del miele guasto e della morte.
Or tutta la palude è come un fiore
lutulento che il sol d’agosto cuoce,
con non so che dolcigna afa di morte.
Ammutisce la rana, se m’appresso.
Le bolle d’aria salgono in silenzio.
Parafrasi
Nella fanghiglia, i giunchi emanano un odore di pesche marce e rose appassite, di miele andato a male e della morte.
Ora l’intera palude sembra un fiore melmoso che il sole di agosto brucia, con una certa dolce e nauseante aria di morte.
La rana tace appena mi avvicino. Le bolle d’aria salgono lentamente, senza rumore.
Analisi
D’Annunzio utilizza la palude come metafora della decadenza e della morte. La palude non è più un luogo naturale che suscita pace o vitalità, ma un fiore corrotto che rappresenta il disfacimento. I giunchi hanno odori sgradevoli, associati a frutti e fiori ormai in decomposizione, come le pesche marce e le rose appassite, elementi che richiamano la morte e la fine della bellezza.
Il sole d’agosto amplifica questa sensazione di decomposizione: non porta vita, ma accelera il processo di putrefazione. L’aggettivo “lutulento”, che significa coperto di fango o melmoso, evidenzia come tutto sia contaminato dalla fanghiglia, simbolo della corruzione.
Nel silenzio della palude, ogni movimento è soffocato, anche quello della rana che, di solito, è associata a un ambiente paludoso. Qui, la rana ammutolisce e perfino le bolle d’aria salgono senza rumore, suggerendo un clima di immobilità e silenzi forzati, come se la natura fosse bloccata in un torpore mortale.
Temi
- Decadenza: L’immagine della palude e dei giunchi che emanano odori di decomposizione è un potente simbolo del declino e della corruzione.
- Morte e natura: La morte non è rappresentata come evento drammatico o grandioso, ma come un processo naturale, lento e quasi impercettibile, che coinvolge il paesaggio stesso.
- Atmosfera claustrofobica: La descrizione della palude, dominata da odori dolci ma putridi, dal sole implacabile e dai suoni assenti, crea una sensazione di soffocamento e di angoscia.
Stile
D’Annunzio usa immagini sensoriali estremamente dettagliate per coinvolgere il lettore a livello fisico, facendo sentire gli odori e percepire il silenzio inquietante della palude. Il lessico è ricco e selezionato con attenzione per evocare sensazioni contrastanti di bellezza e decomposizione, attrazione e repulsione.
In questo testo, emerge la visione di D’Annunzio come poeta del decadentismo, che esplora la bellezza nella sua fase terminale, quando si avvicina alla morte e alla dissoluzione.
Collocazione della poesia nella raccolta dell’Alcyone
Questa poesia di Gabriele D’Annunzio si inserisce perfettamente nella quarta parte dell’“Alcyone“, l’opera centrale del ciclo delle Laudi, dove emerge il tema della decadenza della natura e dell’intreccio tra la bellezza e la morte.
In questa sezione, D’Annunzio esplora un momento particolare dell’estate, quando il calore diventa opprimente e la natura, invece di fiorire, inizia a decadere. La descrizione dei giunchi che emanano odori di frutti in decomposizione e la palude che diventa un “fiore lutulento” sono emblematici di una natura che, pur apparendo vitale e rigogliosa, porta già i segni della morte imminente.
La quarta parte dell’Alcyone è caratterizzata da una forte componente sensoriale, ma anche da una visione malinconica e disillusa della vita. In questo contesto, D’Annunzio esprime la sua concezione estetica e vitalistica, ma allo stesso tempo mette in scena l’inevitabile declino che accompagna la bellezza, facendo emergere la dualità tra vita e morte.
Il sole d’agosto, che normalmente simboleggerebbe il massimo del fulgore, diventa qui un elemento che corrompe la vita, contribuendo alla putrefazione. Anche le immagini apparentemente semplici come la rana muta o le bolle silenziose rafforzano il senso di un ambiente che si sta avviando verso la stasi e la fine.
Questa visione di decadenza e disfacimento contrasta con la vitalità che troviamo in altre parti dell’Alcyone, accentuando l’idea che la natura, come la vita stessa, è destinata a un ciclo di nascita, fioritura e declino. La bellezza della natura è effimera e, come suggerisce D’Annunzio, è proprio in questa fragilità e nella consapevolezza della sua fine che risiede una parte del suo fascino.