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Nel mondo aristocratico dell’epoca carolingia e post-carolingia le energie degli uomini erano impiegate prevalentemente nel sevizio in guerra svolto per il re. Alle donne di elevata condizione sociale spettava, invece, la cura delle proprietà della famiglia, partecipavano anche ai banchetti. Le donne erano destinate, inoltre, all’importante compito della procreazione, per dare prole agli illustri casati, e in seguito nell’educazione dei figli. Un compito delicato e oneroso ma, almeno per quanto riguardava la cura dei figli maschi, di breve durata. I ragazzi venivano lasciati alle attenzioni delle madri fino a 6 o 7 anni, in quanto prima di allora i monasteri preposti alla loro educazione religiosa non potevano accoglierli; stessa cosa valeva per quelli tra i giovani che avrebbero seguito la carriera militare, che venivano allontanati dalla madre a 7 anni e inviati presso la corte di un signore a imparare l’arte della guerra. Diverso era invece il destino delle bambine che dovevano restare in casa fino al matrimonio. Rispetto al passato, tuttavia le donne vissute nel 10° secolo sembra avessero maggiori privilegi e libertà: in teoria erano libere di scegliere se sposarsi o entrare in convento, sebbene di fatto molte di esse fossero già promesse spose da bambine e si sposassero prestissimo. Nel caso in cui, però, non si trovasse un aspirante marito di condizioni adeguate la ragazza veniva mandata in monastero. La condizione indispensabile per un matrimonio era quindi la pari posizione sociale dei coniugi. Le doti richieste ad una moglie erano buone maniere, animo nobile un fisico forte e resistente; inoltre esse erano approvate se rispettavano una rigida continenza sessuale.
La situazione di subordinazione e di inferiorità della donne traeva origine principalmente dalla condizione di debolezza fisica che la contraddistingueva.
La morte del coniuge rappresentava a un cambiamento radicale nella vita delle donne dell’epoca. La vedova poteva esercitare il ruolo di capofamiglia, assumere la gestione degli affari durante la minore età dei figli, che in quanto orfani di padre venivano posti anche sotto l’alta tutela di potenti personaggi, laici o religiosi. Tuttavia la vita e la posizione di una donna vedova non era né facile né sicura: era spesso soggette a minacce e violenze. Alcune di esse perciò, se non tornavano a vivere con il padre o con il fratello, preferivano ritirarsi in convento.
Per sfuggire alle difficoltà del matrimonio, o perché vedove, alcune donne nobili si dedicavano alla vita religiosa. Già le mogli dei re merovingi, anglosassoni e longobardi avevano mostrato di prediligere il ritiro in un ente ecclesiastico alla vedovanza. In generale a spingere all’interno del chiostro le donne di elevata condizione sociale contribuivano motivi di diverso tipo: la vita monastica aveva infatti numerosi vantaggi. La partecipazione della donna alla vita spirituale del primo medioevo fu quindi molto alta, spesso superiore a quella degli uomini.
Bibliografia:
M. Montanari, L’alimentazione nel medioevo
Storia delle donne. Il medioevo, Bari-Roma
E.Ennen, Le donne nel medioevo, Bari-Roma 1987
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