Teatro di Machiavelli
27 Gennaio 2019LetteraturaPortoghese
27 Gennaio 2019Decimo Giunio Giovenale
Persio e Giovenale: confronto tra due poeti di satire di Alice Fusé
PERSIO | GIOVENALE |
-Biografia e Opere-
Persio | Giovenale |
Aulo Persio Flacco, nato a Volterra (Etruria, da cui il prenomen Aules) da ricca famiglia equestre nel 34, riceve una formazione grammatica e retorica a Roma presso lo stoico Anneo Cornuto che lo mette in contatto con l’ambiente dell’opposizione senatoria all’impero (Lucano, Tresea Peto, autore della biografia di Catone l’Uticense che sarà il modello per Plutarco). Conduce una vita austera ed appartata e muore nel 62.
Fonte: Valerio Probo, storico del I sec. d.C. Opere: le Satire”, pubblicate, post mortem, dall’amico Cesio Basso con l’aiuto di Cornuto. |
Decimo Giunio Giovenale nasce ad Aquino (Lazio del sud) tra il 50 e il 60 da famiglia benestante. Si interessa poco di filosofia, ma riceve una buona educazione retorica che lo porta ad una breve e poco redditizia attività forense. Si dedica alle declamazioni, allora di moda, e poi, in età matura, all’attività poetica (sotto Traiano ed Adriano). Privo di autonomia economica, vive nella condizione di cliente. Muore dopo il 126.
Fonti: rari cenni autobiografici, alcuni epigrammi dedicatigli dall’amico Marziale. Opere: 5 libri di 16 Satire, composte tra il 100 e il 126. |
-Riassunto delle Satire–
Persio | Giovenale |
1°- contro la poesia contemporanea (per la futilità di stampo neoterico, e la pomposità vuota dell’epica e della tragedia) e la degenerazione morale che l’accompagna).
2°- contro la religiosità ipocrita. 3°- indirizzata a un <<giovin signore>> per indirizzarlo alla rettezza dello stoicismo. 4°- indirizzata agli aspiranti politici perché pratichino la norma del nosci te ipsum. 5°- indirizzata al maestro Cornuto, parla della libertà del saggio stoico, contro i vizi. 6°- indirizzata in forma epistolare all’amico Cesio Basso, deplora il vizio dell’avarizia. Struttura e metro: prologo di 14 coliambi (= trimetri giambici scanzonati, invettiva) + sei satire in esametri dattilici (metro tradizionale del genere). |
1°- proemiale, contro le declamazioni.
2°- contro l’ipocrisia dei viziosi (omosessuali). 3°- caotica e decadente Roma (< partenza dell’amico Umbrico). 4°- consiglio in cui Domiziano discute sul modo di cucinare un rombo enorme. 5°- cena di Virrone e i clienti convitati. 6°- contro le donne, immorali e viziose. 7°- contro la decadenza degli studi. 8°- tema della nobiltà di nascita e di spirito. 9°- in forma dialogica; Névolo (omosessuale) protesta perché è stato mal pagato. 10°- insensatezza delle brame umane. 11°- lusso ostentato dei banchetti dei ricchi in confronto alla cena che lui offre all’amico. 12°- contro i cacciatori di eredità. 13°- contro gli imbroglioni. 14°- tema dell’educazione dei figli e dell’utilità degli exempla. 15°- cannibalismo in Egitto provocato dal fanatismo religioso. 16°- incompleta, privilegi dei militari. Metro: esametro. Per cautelarsi da odi e vendette, attacca in genere le generazioni passate. |
-Innovazioni apportate al genere satirico-
Benché sia separata da una generazione, l’opera di P. e G. presenta molti tratti in comune. Entrambi si ispirano alla satira di Lucilio ed Orazio, ma apportano considerevoli innovazioni.
Destinatario: mentre L. ed O. indirizzavano le loro satire alla cerchia degli amici, quelle di P. e G. sono destinate ad un pubblico generico di fronte al quale il poeta diventa censore morale ed alla recitazione collettiva piuttosto che alla lettura individuale. Relazione col pubblico: la satira di L. ed O. si presentava come una conversazione costruttiva, confidenziale, garbata ed auto-ironica; quella di P. e G. assume la forma dell’invettiva, arcigna e moralista (rigorismo cinico-stoico) e all’ascoltatore è negata ogni possibile identificazione. Stile: la poesia di P. e G. presenta segni vistosi del nuovo gusto letterario che tende ad un anti-classicismo <<manieristico>>, nato per reazione al classicismo augusteo. |
-Ideologia-
Persio | Giovenale |
La scelta del genere satirico dipende dalla forte tensione morale del poeta, alimentata dalla sua formazione stoica; la sua poesia nasce da una esigenza morale.
Scopo: P. vuole combattere la corruzione ed il vizio, contrapponendo alla moda letteraria del tempo la qualifica di rusticitas ed un realismo brutale. La sua poesia si configura come una drastica operazione chirurgica morale (frequenti i termini: radere, defigere, revellere) di demifisticazione della realtà. I precetti esposti sono riconducibili alla dottrina stoica, inclini però verso un raccoglimento interiore che ha tratti in comune con l’atarassia epicurea. Modelli: si riconoscono echi di autori esemplari del programma poetico augusteo. La letteratura augustea aveva generalmente un’ambizione educativa, importata da Lucrezio; egli aveva cercato un rapporto intenso col destinatario, coinvolgendolo ed esortandolo ossessivamente alla sapienza (procedimento protrettico); P. fa del poeta epicureo un anti-modello” andando oltre la mediazione che aveva operato Orazio, che non si poneva al di sopra del destinatario, ma gli assegnava la parte dell’amico con cui percorre la lenta strada verso la verità (procedimento maieutico). Interiorità: le Satire di P. descrivono l’iter predicatorio di un maestro inascoltato che non si concede prospettive di successo. Si perde il secondo polo della comunicazione, ma si guadagna spazio per una letteratu-tura dell’interiorità, per un monologo confessionale. |
La poesia di G., disgustato dall’inarrestabile dilagare del vizio, nasce dall’indignatio e la satira è, perciò, il genere obbligatorio. Il suo scopo è denunciare la corruzione, di cui l’uomo è irrimediabile preda, senza coltivare illusioni di riscatto. La sua poesia è completamente destruens.
G. rifiuta la tradizione satirica precedente, che si fondava sul pensiero moralistico, demolendo la componente riflessiva del genere; sdegna la morale dell’apàtheia e dell’autàrkeia che insegna l’indifferenza di fronte al mondo concreto. Astio sociale: la voce di G. è quella dell’emarginato che si vede escluso dai privilegi che la società elargisce ai corrotti. Privo di una coscienza etico-politica, il complesso panorama sociale di Roma gli appare come uno spettacolo confuso e perverso. La sua furiosa indignazione non risparmia nessuno: per questo si è parlato di atteggiamento democratico; in realtà, egli mostra disprezzo anche per i poveri, i vecchi, gli storpi, ed è lontano dal concepire velleità di solidarietà sociale. Misoginia: bersaglio prediletto sono le donne, soprattutto quelle emancipate che rappresentano per lui lo scempio del pudore (-> lett. 7.3.2-5 p. 263). Utopia arcaizzante: l’avversità che G. prova nei confronti del suo mondo lo porta ad una idealizzazione nostalgica del passato, il buon tempo antico governato da una morale agricola. Negli ultimi due libri si avverte una cambiamento di toni, verso un atteggiamento più distaccato, che nasce dalla rassegnazione. |
-stile-
Persio | Giovenale |
Ritmo: P. riallacciandosi alla tradizione diatribica, tende a sviluppare il pensiero in un succedersi di quadri senza intima connessione tra loro (si è parlato di surrealismo) presentando tipi fissi contro cui inveisce.
Lessico: 1) l’esigenza realistica di P. lo porta ad usare un linguaggio ordinario, scabro, polemicamente alieno dagli esotismi ed arcaismi alla moda che egli sente come strumenti di mistificazione. Talvolta cade in un <<barocchismo>> macabro (-> lett. p. 271). 2) Ricorre spesso alla tecnica della iunctura acris, nesso urtante in campo fonico e semantico; frequente anche l’ossimoro, l’aprosdòketon che strania il lettore frustrandone le aspettative, e una metafora audacissima. La lingua quotidiana dunque è deformata dallo stile che si incarica di nobitlitarla per lo scopo non banale. 3) Da notare, inoltre, il frequente ricorso al lessico corporale (e sessuale) per descrivere il vizio (assimilazione tipica dello stoicismo): l’immagine ossessiva del ventre diventa emblema dell’abiezione (-> frr. p. 241). |
Registro: la satira tradizionalmente accostava ad un contenuto basso un linguaggio altrettanto quotidiano (il sermo); G. spezza questa tradizione: poiché la realtà quotidiana è divenuta eccezionale e mostruosa, la satira deve avere un’altezza di tono conforme alla violenza dell’indignatio. Si recide dunque il legame con la commedia, per instaurarne uno con la tragedia, di cui la satira condivide i contenuti (monstra) e lo stile <<sublime>>.
Per far risaltare l’abiezione, G. ricorre alle solenni movenze epico-tragiche proprio in coincidenza coi contenuti più bassi e volgari. Altre volte fa scontrare toni aulici e plebei per raggiungere un effetto urtante ed iberbolico. La sua espressione è icastica e sentenziosa (molti versi di G. sono diventati proverbiali), enfatica e ripetitiva sia nei contenuti sia nella descrizione di topoi fissi moralistici; tutto ciò è frutto della scuola di retorica e dell’attività declamatoria: da qui deriva l’accusa di scolasticismo a lui mossa. |
-Fortuna-
Persio | Giovenale |
P. ha un immediato successo, riscontrato anche tra gli apologisti e i Padri della Chiesa e in tutto il Medioevo per il rigorismo morale. Nel Rinascimento perde è accusato di arida scolasticità. Celebre la traduzione di Vincenzo Monti. Recentemente ci si sta avviando ad una rivalutazione della sua poesia. | La fortuna di G. comincia nel IV sec., tra i grammatici e gli scolii attratti dal carattere moralistico della sua poesia, e proseguirà fino all’età moderna nella tradizione satirico-moralistica europea. |
di Alice Fusé