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28 Dicembre 2019Pietro Verri (1728–1797) emerse nella seconda metà del Settecento come una delle figure di spicco dell’Illuminismo europeo.
All’interno della scuola milanese dell’epoca, Verri fu per iniziativa, cultura ed età il naturale leader del gruppo di giovani intellettuali che aveva radunato presso la neonata Accademia dei pugni. La sua immagine intellettuale complessiva era destinata, però, ad essere alquanto sminuita dalla presenza tra i suoi seguaci più giovani di Cesare Beccaria. La fulminea ascesa di Beccaria alla fama internazionale avvenne subito dopo la pubblicazione nel 1764 di Dei delitti e delle pene, l’opuscolo di fama mondiale su crimini e punizioni. Il suo messaggio prevedeva un appello a favore dell’abolizione della pena di morte, argomentato a partire da una concezione economica del diritto pubblico così come con un’applicazione acuta e tempestiva dei principi utilitaristici.
Il fatto che Verri avesse effettivamente ispirato Beccaria a scrivere l’opuscolo difficilmente diede a Verri alcun credito. Per quanto riguarda le sue opinioni sulla politica e sulla società, la fama di Verri deriva in gran parte dall’immagine di lui come economista e come intellettuale attivo.
L’attività di Verri come scrittore fu davvero multiforme. Una notevole mole di lavoro accademico, in particolare in letteratura, filosofia, storia, diritto ed economia, ha esplorato, fino ai giorni nostri, i contributi di Verri ai diversi campi.
Ciò che sembra essere necessario per comprendere più pienamente la sua personalità è uno sforzo per far emergere il quadro analitico di Verri come economista politico.
I contributi di Verri toccano direttamente alcuni dei temi più noti del Settecento, tra cui la natura della società civile in generale, insieme a quella che talvolta viene definita (echeggiando una nota espressione smithiana) la “scienza del legislatore”.
In particolare, in Verri la giurisprudenza sarà essenziale alla propria concezione della società e dei mercati concorrenziali; senza di ciò, il significato della sua pratica inclinazione riformista verso l’abolizione delle pratiche restrittive può essere compreso solo in modo imperfetto.
Evidente il debito diretto o indiretto di Verri verso alcuni dei più grandi pensatori europei del suo tempo, tra cui Montesquieu, Adam Smith, David Hume e John Locke.
Pietro Verri può essere considerato appartenente a una specifica tradizione del pensiero europeo del Settecento, una tradizione che fonde società ed economia e, più precisamente, considera la società civile e le sue istituzioni alla radice dell’economia di mercato e dell’economia politica in generale.
Il concetto di società moderna occupa un posto strategico nelle “Meditazioni sull’economia politica” di Verri così come in altri scritti che trattano di mercati competitivi, moneta e tassazione.
In secondo luogo, l’approccio di Verri all’economia politica può in definitiva ridursi a una concezione economica della società civile.
La concezione economica della società di Verri risulta dall’unità interna di più filoni del suo pensiero.
Il concetto di società civile incorpora un elemento normativo che ha forti legami naturali con la mentalità fattuale di Verri, così come con la sua profonda fede nell’unità di legislazione ed economia politica.
Pietro Verri e il Caffè: Un salotto intellettuale dell’Illuminismo italiano
Pietro Verri fu una figura di spicco dell’Illuminismo italiano. La sua opera più celebre è senz’altro “Il Caffè”, una rivista che rappresentò un vero e proprio salotto intellettuale, dove si discuteva di filosofia, politica, economia e scienze.
Chi era Pietro Verri?
Nato a Milano nel 1728, Verri fu un economista, filosofo e scrittore. La sua formazione fu solida e versatile, e lo portò ad interessarsi a diverse discipline. Tuttavia, fu proprio con la pubblicazione del “Caffè” che raggiunse la massima notorietà.
Il Caffè: un progetto ambizioso
“Il Caffè” non era semplicemente una rivista, ma un vero e proprio progetto culturale. Pubblicata tra il 1764 e il 1766, la rivista si proponeva di:
- Diffondere le idee dell’Illuminismo: Verri e i suoi collaboratori volevano far conoscere al grande pubblico le idee dei filosofi illuministi, come Voltaire e Rousseau.
- Promuovere il progresso: La rivista si poneva l’obiettivo di stimolare il progresso della società attraverso la diffusione della conoscenza e del sapere.
- Favorire il dibattito: “Il Caffè” era un luogo virtuale dove intellettuali di diverse provenienze potevano confrontarsi e discutere liberamente.
I temi trattati
Gli argomenti trattati nel “Caffè” erano molteplici e spaziavano dalla filosofia alla politica, dall’economia alla letteratura. Tra i temi più ricorrenti troviamo:
- La riforma delle istituzioni: Verri e i suoi collaboratori auspicavano una riforma delle istituzioni politiche e sociali, ispirandosi ai principi dell’Illuminismo.
- La libertà individuale: La difesa della libertà individuale era un altro tema centrale della rivista.
- Il progresso economico: Verri era convinto che lo sviluppo economico fosse fondamentale per il benessere della società.
- La critica ai pregiudizi: La rivista si scagliava contro i pregiudizi e le superstizioni, promuovendo un atteggiamento critico e razionale.
L’importanza del Caffè
“Il Caffè” rappresentò un momento fondamentale per la cultura italiana. La rivista contribuì a diffondere le idee dell’Illuminismo, a stimolare il dibattito pubblico e a promuovere una cultura laica e razionale. L’eredità del “Caffè” è ancora oggi viva, e la sua influenza si può ritrovare in molti aspetti della nostra società.
In sintesi, Pietro Verri e il “Caffè” sono figure chiave dell’Illuminismo italiano. Attraverso questa rivista, Verri e i suoi collaboratori hanno contribuito a plasmare la cultura del loro tempo e a lasciare un’impronta indelebile nella storia del pensiero italiano.