Amelia Vavalli
27 Gennaio 2019Giovanni Boldini
27 Gennaio 2019Esperimento
Materiale occorente:
2 becker da 100 ml,
1 bilancia digitale,
spruzzetta con acqua distillata,
solfato di rame (CuSO4),
solfato di zinco (ZnSO4),
amperometro,
spatola,
imbuto in vetro,
becher,
cloruro di potassio(SOLUZIONE SALINA) (KCl).
Procedimento:
Per creare la pila, abbiamo preparato due becker, ciascuno dei quali costituiva una semicella elettrolitica, contenente uno dei due elementi presi in considerazione sia in forma ionica (cioè in soluzione) che in forma metallica (cioè come laminette). Queste due lamine metalliche sono collegate con un cavo ad un circuito esterno in cui è inserito un voltometro: gli elettroni, partendo dallelettrodo che ne possiede di più, cioè quello della semicella dove avviene l’ossidazione (polo negativo o anodo) raggiungono l’altro elettrodo (catodo), dove sono consumati dalla reazione di riduzione dell’altro elemento. Grazie al voltometro è possibile misurare la differenza di potenziale che si é creata e che permette il flusso di elettroni, e abbiamo quindi un’indicazione della capacità di trasferire gli elettroni di un elemento rispetto all’altro. E importante specificare che se invertissimo i poli, applicando il catodo all’elemento che si ossida, leggeremmo sul voltometro lo stesso valore che avremmo ottenuto nel senso opposto, cambiato di segno; infatti abbiamo la stessa quantità di elettroni che si muove lungo il circuito, ma in verso opposto.
Perché ci sia un flusso di corrente elettrica dobbiamo fare in modo che esistano sempre ioni di carica opposta in quantità sufficiente da compensare gli ioni prodotti dalle reazioni: questo avviene grazie al ponte salino, un tubo a U riempito da una imbevuta di una soluzione ionica(KCl) tappato da due batuffoli di cotone che permette un trasferimento di ioni negativi dove avviene l’ossidazione e positivi dove avviene la riduzione senza però mescolare le due soluzioni. Infine guardiamo il voltometro notando che il valore del passaggio di elettroni da una semicella all’altra è 1,057 V.
– Lo stesso procedimento va effettuato con elettrodi di rame e alluminio.
Osservazioni:
La lamina dove si verifica l’ossidazione ( lamina di zinco e lamina di alluminio per 2°pila) costituisce lanodo della pila e corrisponde al polo negativo, mentre la lamina dove si verifica la riduzione ( lamina di rame e lamina di rame per 2°pila) costituisce il catodo della pila e corrisponde al polo positivo.
Lanodo, in seguito al processo di ossidazione, si corrode; il catodo, invece, in seguito al processo di riduzione, aumenta di massa.
Osservando lamperometro possiamo vedere che tra le due soluzioni circola corrente pari a 0,6 V , che teoricamente dovrebbe essere 1,1 V.
Il passaggio della corrente da una soluzione all’altra, è possibile attraverso un ponte salino. Questo ponte è costituito da un po di carta filtro che viene immersa nella soluzione di cloruro di potassio precedentemente preparata.
Pertanto il ponte salino permette il collegamento elettrico delle due soluzioni mediante migrazione dei suoi ioni K+ e Cl- nei versi opposti.
Questo sistema viene detto anche cella elettrochimica” che può essere schematizzata nel seguente modo:
Zn/Zn2+(1M)//Cu2+(1M)/Cu,
dove Zn/Zn2+(1M) rappresenta il passaggio di ossidoriduzione, le doppie barre rappresentano il ponte salino, e infine Cu2+(1M)/Cu rappresenta il passaggio di riduzione.
Riferimenti teorici:
Durante quest’ultima esperienza di laboratorio, abbiamo osservato una pila realizzata con strumenti da noi posseduti in laboratorio.
Ma che cosa è una cella elettrochimica o pila?
Le pile sono dispositivi che permettono di trasformare l’energia chimica di una reazione di ossido-riduzione spontanea in energia elettrica.
Tutte le pile derivano dalla pila di Volta, che sostanzialmente era costituita da dischi metallici intervallati da cartoncini imbevuti di soluzione salina.
Una pila elettrica è, in genere, un dispositivo costituito da due scomparti distinti, ma tra loro comunicanti per esempio da un ponte salino o da un setto poroso, contenenti ciascuno dei due un elettrolita, che può essere liquido o solido, in cui è immerso un elettrodo fatto di materiale conduttore a bassa resistenza.
La prima pila fu ideata da Daniell per poter alimentare un telegrafo. La pila di Daniell è costituita da due due semicelle riempite rispettivamente da solfato di rame e da solfato di zinco,entrambi 1 M.
All’interno di queste celle vengono immerse due lamine metalliche che prendono il nome di elettrodi, e sono collegate con due cavetti ad un amperometro che abbia la capacità di visualizzare il voltaggio. Per collegare elettricamente le due semicelle si usa in ponte elettrochimico detto ponte salino. Questo ponte può essere di vario tipo, ricordiamo un ponte in vetro piegato ad U , riempito di una soluzione di cloruro di potassio, o altrimenti un po di carta filtro che viene immerso e imbevuta da una soluzione di cloruro di potassio.
Quando si chude il circuito elettrico, nella pila si verifica passaggio di corrente che è possibile da dimostrare osservando un amperometro o un voltometro.
Lo zinco, presentando una maggiore capacità ossidante rispetto al rame, passerà in soluzione. Attraverso questo processo lo zinco diminuisce di massa e gli elettroni ceduti dallo zinco si trasferiscono attraverso il circuito esterno sulla lamina di rame, dove vengono consumati nella riduzione degli ioni Cu2+.
La reazione globale che si verifica è pari a:
Zn ¾¾® Zn2+ + 2e-
Cu2+ + 2e-¾¾® Cu
¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾
Zn + Cu2+¾¾® Zn2+ + Cu
Ciascuna semicella è caratterizzata da un certo potenziale elettrico. Questo misura la tendenza di una semireazione ad avvenire.
La forza elettromotrice (f.e.m) di una pila, che si indica con E, e si misura in Volt (V), corrispondente ad una differenza di potenziale. In particolare, è uguale alla differenza tra il potenziale della semireazione che agisce come catodo e il potenziale della semicella che agisce da anodo.
f.e.m.= Ecatodo – Eanodo
La forza elettromotrice di una pila misura la forza con cui gli elettroni vengono spinti dallanodo al catodo attraverso il circuito esterno,che nel caso teorico vale 1,1 V.
Più pile collegate in serie costituiscono una batteria.
Conclusioni:
Dal dato ottenuto(0,57 V), abbiamo verificato che le reazioni di ossidoriduzione consistono in un trasferimento di cariche negative da una sostanza all’altra, generando così un flusso di elettroni, che può essere considerato come dell’energia elettrica