Purgatorio XXVII
1-15. L’angelo della Castità. Il sole
sta tramontando, quando i tre viandanti giungono al passo del perdono,
dove si trova l’angelo della castità.
– dopo aver cantato una beatitudine (Beati i
puri di cuore), invita i poeti ad attraversare la cortina di fuoco, avvertendo
che non si può procedere oltre senza aver compiuto questo passaggio tra le
fiamme;
– Dante sbigottisce.
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Sì come quando i
primi raggi vibra
là dove il suo fattor lo
sangue sparse,
cadendo Ibero sotto
l’alta Libra,
e l’onde in Gange da
nona rïarse,
sì stava il sole; onde
‘l giorno sen giva,
come l’angel di Dio lieto
ci apparse.
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Il sole era nella posizione in cui sta
quando sorge (i primi raggi vibra) a Gerusalemme (là
dove il suo fattor lo sangue sparse); mentre l’Ebro (Ibero)
si trova (cadendo) sotto la costellazione della Bilancia,
e le acque del Gange sono riarse dall’ora meridiana (nona);
per cui era il tramonto (lo giorno sen giva) nel
Purgatorio, quando ci apparve l’angelo di Dio.
– candendo ibero: specie di
ablativo assoluto > si trova;
– Gange: sta per India: il punto
più occidentale rispetto a Gerusalemme;
– è mezzogiorno nel Gange > l’alba a
Gerus > tramonto in Purg
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Fuor de la fiamma stava
in su la riva,
e cantava ‘Beati mundo
corde!’
in voce assai più che la
nostra viva.
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– in su la riva: sul bordo della
cornice;
– Beati mundo corde, quoniam ipsi
Deum Videbunt; la beatitudine si adatta alle anime di questa cornice
perché:
1) fa riferimento alla purezza (contrario
della lussuria);
2) fa riferimento alla prossima visione
di Dio;
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Poscia «Più non si va,
se pria non morde,
anime sante, il
foco: intrate in esso,
e al cantar di là
non siate sorde»,
ci disse come noi li
fummo presso;
per ch’io divenni tal,
quando lo ‘ntesi,
qual è colui che ne la
fossa è messo.
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– morde > fa sentire il suo morso
ardente;
– anime sante: rivolto a
tutte le anime del P.;
– il cantar > dell’angelo che sta
dall’altra parte della cortina;
– non siate sorde > prestate
attenzione;
– divenni..messo > divenni
pallido come un cadavere;
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16-45. Esitazione di Dante. Dante
guarda la fiamma terrorizzato:
– Virgilio lo rassicura, dicendogli che non
ha nulla da temere, e che non si brucerà;
– gli ricorda anche tutte le volte che lo ha
condotto salvo fuori dall’inferno (Gerione);
– ma Dante non ne vuol sapere, e si rifiuta
di entrare nel fuoco;
– allora Virgilio si gioca l’ultima carta per
convincerlo: e gli ricorda che dall’altra parte del muro di fuoco c’à Beatrice
che lo aspetta;
– a quel punto Dante si prende di coraggio.
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In su le man commesse
mi protesi,
guardando il foco e
imaginando forte
umani corpi già veduti
accesi.
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Mi sporsi davanti con le mani congiunte e
strette (commesse), guardando il fuoco e immaginando
distintamente (forte) dei corpi umani, come mi era
capitato di vederne, arsi vivi tra le fiamme;
– già vedute: nelle pubbliche
esecuzioni, sul rogo;
– commesse > le mani giunte, con
le palme in avanti, come a farsi scudo dal fuoco;
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Volsersi verso me le
buone scorte;
e Virgilio mi disse: «Figliuol
mio,
qui può esser tormento, ma
non morte.
Ricorditi, ricorditi! E
se io
sovresso Gerïon ti guidai
salvo,
che farò ora presso più a
Dio?
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– le buone scorte: Virgilio e
Stazio;
– qui > in Purgatorio;
– Ricorditi, ricorditi > della
tua lussuria! Già i commentatori antichi facevano riferimento alla
lussuria di Dante, per aver cantato anch’egli (come Arnaut e Guinizzelli)
poesie d’amore;
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Credi per certo che se
dentro a l’alvo
di questa fiamma stessi ben
mille anni,
non ti potrebbe far d’un
capel calvo.
E se tu forse credi
ch’io t’inganni,
fatti ver’ lei, e
fatti far credenza
con le tue mani al lembo
d’i tuoi panni.
Pon giù omai, pon giù
ogne temenza;
volgiti in qua e vieni:
entra sicuro!».
E io pur fermo e contra
coscïenza.
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– alvo > ventre (della fiamma);
– non..calvo > non cadrà un
capello dal vostro capo; scritturale: capillus de capite vestro non
peribit (Luca, XXI, 18);
– fatti: avvicinati alla fiamma;
– far credenza > fatti dare prova
accostando [al fuoco] con le mani un lembo della tua veste;
– pon giù > riponi;
– pur fermo: ostinatamente fermo e
contro la voce della coscienza (che lo esorta a fidarsi di Virgilio);
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Quando mi vide star
pur fermo e duro,
turbato un poco
disse: «Or vedi, figlio:
tra Bëatrice e te è
questo muro».
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– star…duro: continuare a star
ostinatamente fermo;
– turbato: perché si accorge che
le sue parole sono state vane, e non riescono a convincere Dante;
– Beatrice: non gli resta che
giocarsi l’ultima carta;
– questo muro > è l’unica cosa
che ti separa da Beatrice;
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Come al nome di Tisbe
aperse il ciglio
Piramo in su la morte, e
riguardolla,
allor che ‘l gelso diventò
vermiglio;
così, la mia durezza
fatta solla,
mi volsi al savio duca,
udendo il nome
che ne la mente sempre mi
rampolla.
Ond’ ei crollò la
fronte e disse: «Come!
volenci star di qua?»;
indi sorrise
come al fanciul si fa ch’è
vinto al pome.
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– la mia durezza fatta solla:
specie di ablativo assoluto;
– durezza > ostinazione;
– solla > cedevole;
– rampolla > sgorga a mo’ di
polla, zampilla;
– crollò la fronte: tentennò il
capo, come a sorridente rimprovero;
– volenci star di qua?: vogliamo
dunque restarcene di qua?
– vinto al pome: come si fa con
un fanciullo che si è lasciato convincere con la promessa di un pomo;
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Pyramo e Tisbe. La storia è in
Ovidio (Met. IV 55-166):
– Piramo e Tisbe, sono due giovani
babilonesi, si amano, ma sono contrastati dalle rispettive famiglie;
– decidono allora di fuggire insieme e
si danno appuntamento presso un gelso fuori città;
– Tisbe arriva prima, ma è costretta a
fuggire perché inseguita da una leonessa;
– nella fuga lascia cadere il velo > la
leonessa lo annusa, e lo macchia col suo muso insanguinato;
– Poco dopo sopraggiunge Piramo, e
vedendo il foulard di Tisbe sporco di sangue la crede morta;
– per questo si uccide con una spada;
– Appena Tisbe crede di aver seminato la
leonessa torna al gelso, e vede Piramo morente: gli si avvicina, si china, lo
scongiura di aprire gli occhi l’ultima volta, e guardarla, ripetendo il proprio
nome: «Tua te carissima Thisbe / nominat»;
– Sentendo quel nome Piramo apre gli occhi,
già gravati dalla morte, la vede e la riconosce: «Ad nomen Thisbes oculos
iam morte gravatos / Pyramos erexit visaque recondidit illa» (ibid. 145-6).
– Tisbe, vedendolo ormai morto, si uccide a
sua volta accanto a lui.
– Il sangue di Piramo bagnò le radici
dell’albero, e da quel giorno i frutti del gelso si mutarono di bianchi
in vermigli.
46-63. Passaggio attraverso il fuoco.
Virgilio si avvia attraverso la fiamma, e prega Stazio di venire per ultimo dopo
Dante;
– Dentro al fuoco il calore è insopportabile,
ma Virgilio continua a rassicurare Dante, parlandogli sempre di Beatrice.
– Mentre camminano tra le fiamme, sentono una
voce che canta: «Venite, benedicti Patris Mei»;
– poi la stessa voce li invita ad affrettarsi
prima che scenda la notte;
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Poi dentro al foco
innanzi mi si mise,
pregando Stazio che venisse
retro,
che pria per
lunga strada ci divise.
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– che pria…: i tre camminavano
in fila indiana, e Dante era ultimo, dopo Stazio, che lo separava da
Virgilio;
– lunga strada: per tutta la 7°
cornice, molto stretta;
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Sì com’ fui
dentro, in un bogliente vetro
gittato mi sarei per
rinfrescarmi,
tant’ era ivi lo ‘ncendio
sanza metro.
Lo dolce padre mio, per
confortarmi,
pur di Beatrice ragionando
andava,
dicendo: «Li occhi suoi
già veder parmi».
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– sì com: non appena;
– bogliente vetro: vetro
liquefatto (dal calore);
– sanza metro: senza misura,
smisurato;
– Li occhi suoi…: già mi sembra
di vedere i suoi occhi. Anche questa frase è quella di una madre al
fanciullo.
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Guidavaci una voce
che cantava
di là; e noi, attenti
pur a lei,
venimmo fuor là ove si
montava.
‘Venite, benedicti
Patris mei’,
sonò dentro a un lume che
lì era,
tal che mi vinse e
guardar nol potei.
«Lo sol sen va»,
soggiunse, «e vien la sera;
non v’arrestate, ma
studiate il passo,
mentre che
l’occidente non si annera».
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– una voce: è quella dell’altro
angelo, che li attende al di là delle fiamme per avviarli alla
scala che porta al P.T;
– attenti pur a lei: sempre
attenti a quella voce;
– venite: venite, benedetti del
Padre mio;
– tal > tanto luminoso: come
accadrà praticamente sempre quando vedrà gli angeli in Paradiso;
– mentre che: fin che;
|
– Venite, benedicti…: è l’inizio del
brano evangelico nel quale Gesù preannuncia agli apostoli le parole che egli
dirà nel giorno del giudizio universale, rivolgendosi agli eletti: «Venite,
benedicti Patris mei, possidete paratum vobis regnum a constitutione mundi»
(Matth. 25, 34), cioè:
– «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete
in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo».
– In questo luogo l’invito risuona con
preciso significato: le anime infatti che giungono a questa soglia sono
ormai purificate e pronte a salire al paradiso.
La traversata delle fiamme. Questo
rituale di attraversamento delle fiamme ha valore simbolico:
– il fuoco è simbolo della passione d’amore,
e nel Purgatorio, per contrappasso, è l’antidoto;
– molte fonti medievali attestano che Dante
era un noto peccatore di lussuria; lo stesso Pietro, figlio di Dante, afferma
che al padre piaceva deflorare fanciulle vergini;
– ma al di là di ciò quello che ci interessa
non è tanto la lussuria reale, bensì la lussuria poetica, che lo aveva
accomunato a Guinizzelli e Arnaut Daniel…
– …e che nell’inferno lo aveva fatto svenire
all’ascolto del racconto di Francesca.
– E’ normale, dunque, che qui lui partecipi
con una certa intensità, al castigo dei lussuriosi;
– come tra i Superbi doveva procedere
rannicchiato;
– e in mezzo al fumo degli iracondi gli
occhi bruciavano anche a lui.
64-93. Inizio della salita e sosta notturna.
I tre viandanti iniziano la salita, ma, una volta fatti pochi gradini, il sole
tramonta e devono fermarsi;
– ognuno si dispone su un gradino: Virgilio e
Stazio vegliano sul sonno di Dante, come il pastore veglia durante la notte
sulle capre;
– la scala sui cui Dante riposa è scavata
nella roccia, e tra le due pareti Dante vede una piccola porzione di cielo, e
nota che da lì le stelle sono più luminose;
– Dopo aver meditato un po’, chiude gli occhi
e si addormenta.
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Dritta salia la
via per entro ‘l sasso
verso tal parte ch’io
toglieva i raggi
dinanzi a me del sol
ch’era già basso.
E di pochi scaglion
levammo i saggi,
che ‘l sol corcar,
per l’ombra che si spense,
sentimmo dietro e io e li
miei saggi.
E pria che ‘n tutte le
sue parti immense
fosse orizzonte fatto d’uno
aspetto,
e notte avesse tutte sue
dispense,
ciascun di noi d’un
grado fece letto;
ché la natura del monte
ci affranse
la possa del salir più e ‘l
diletto.
Quali si stanno
ruminando manse
le capre, state rapide e
proterve
sovra le cime avante che
sien pranse,
tacite a l’ombra, mentre
che ‘l sol ferve,
guardate dal pastor, che ‘n
su la verga
poggiato s’è e lor di
posa serve;
e quale il mandrïan che
fori alberga,
lungo il pecuglio suo
queto pernotta,
guardando perché fiera non
lo sperga;
tali eravamo tutti e tre
allotta,
io come capra, ed ei come
pastori,
fasciati quinci e quindi
d’alta grotta.
Poco parer potea lì
del di fori;
ma, per quel poco, vedea io
le stelle
di lor solere e più
chiare e maggiori.
Sì ruminando e sì
mirando in quelle,
mi prese il sonno; il sonno
che sovente,
anzi che ‘l fatto sia, sa
le novelle.
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– Dritta: e quindi
più rapida;
– verso tal parte:
in direzione tale che io, salendo, proiettavo davanti a me l’ombra
del sole al tramonto; vale a dire, verso levante;
– E di pochi scaglion…:
e potemmo far saggio, prova, soltanto di pochi gradini…;
– levare il saggio vuol
dire prendere una piccola parte, un «assaggio» da
qualcosa, per provarne la qualità;
– che ‘l sol corcar…:
che già sentimmo tramontare il sole dietro di noi, allo spengersi
della mia ombra sul terreno;
– immense…:
prima che l’orizzonte fosse divenuto tutto ugualmente oscuro (d’uno
stesso aspetto) nella sua immensità…
– tutte sue dispense:
tutte le parti a lei assegnate, cioè avesse occupato tutte le
zone del cielo; dispensa nel senso di «parte assegnata»;
– la natura del
monte: la legge naturale del purgatorio, dove non si può
procedere dopo il tramonto del sole.
– ci affranse:
ci abbatté, ci fiaccò, la forza e il desiderio stesso (la possa e
il diletto) di salire;
– manse: mansuete
(Lat.);
– state rapide e
proterve: che già sono state, durante il giorno, veloci sui
pascoli e ardite, irrequiete;
– avante che
sien pranse: prima che abbiano pranzato;
– guardate dal
pastor: dipende da si stanno;
– e lor di posa serve:
e concede loro riposo;
– e quale il mandrian:
come il mandriano, che abita in estate fuori della sua
casa (nelle baracche provvisorie), trascorre la notte
sdraiato presso il suo gregge quieto, attento a che le belve
(s’intende i lupi) non lo disperdano (< lat. expergere);
– fasciati:
tutti avvolti, racchiusi, da una parte e dall’altra, dall’alta parete
del monte;
– del di fori:
della volta celeste;
– ma, per quel poco…:
in quel poco di cielo, Dante vede splendere le stelle più luminose e
più grandi del solito;
– ruminando:
così meditando, e così guardando in alto le stelle…;
– anzi che ‘l fatto
sia…: prima che le cose accadano, già sa profeticamente le
notizie (le novelle) di ciò che accadrà.
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94-108. Sogno di Dante. Poco
prima dell’alba Dante sogna di vedere una giovane fanciulla andare per un prato
raccogliendo fiori;
– la fanciulla dice di essere Lia, e
di voler fare una ghirlanda per adornarsi;
– dice anche che la sorella Rachele,
invece, si diletta di guardarsi nello specchio tutto il giorno.
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Ne l’ora, credo, che de
l’orïente
prima raggiò nel monte
Citeréa,
che di foco d’amor par
sempre ardente,
giovane e bella in sogno
mi parea
donna vedere andar per una
landa
cogliendo fiori; e cantando
dicea:
«Sappia qualunque il mio
nome dimanda
ch’i’ mi son Lia, e vo
movendo intorno
le belle mani a farmi una
ghirlanda.
Per piacermi a lo
specchio, qui m’addorno;
ma mia suora Rachel mai
non si smaga
dal suo miraglio, e siede
tutto giorno.
Ell’ è d’i suoi belli
occhi veder vaga
com’ io de l’addornarmi con
le mani;
lei lo vedere, e me l’ovrare
appaga».
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– Ne l’ora, credo…: nell’ora
antelucana, quando dalla parte d’oriente la stella di Venere irradiò
per prima la sua luce sul monte;
– Musicalità dei versi;
– landa: spazio aperto e piano;
– cogliendo… cantando: i due
gerundi esprimono la leggerezza dell’andare, e la dolcezza
della melodia;
– a lo specchio: lo specchio
rappresenta la stessa anima dell’uomo, nella quale si vede Dio;
– non si smaga: non si distoglie;
– miraglio < dal provenzale
miralh: specchio;
– specchio > anima; occhi
> la realtà divina;
– con le mani: l’operosità delle
mani è chiaro simbolo della vita attiva;
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1° sogno: IX, 13-33. L’aquila.
Nella valletta dell’antipurgatorio, prima di entrare.
– Dante sogna di essere ghermito da
un’aquila, e portato oltre la sfera del fuoco;
2° sogno: XIX, 1-7. La femmina balba.
Nel passaggio dalla cornice degli accidiosi (4) a quella degli avari (5);
– Dante sogna una donna bruttissima,
guercia, storpia, e balbuziente;
– la guarda, e lei diventa bellissima
e affascinante. Ma V. le apre la veste, e Dante si sveglia per il fetore;
3° sogno. Questa fanciulla richiama la
bellezza della donna stilnovista;
– e prefigura anche la bellezza tipica del
paradiso, che sta per arrivare;
Lia: Nel libro della Genesi si racconta
che Giacobbe si reca presso il suo zio Labano per cercare moglie.
– Labano ha due figlie: Lia e
Rachele: la prima non era bella, ma feconda; la seconda bellissima
ma sterile.
– Giacobbe si innamora di Rachele
e si mette a servizio del parente per sette anni per ottenerla.
– Ma nella notte del matrimonio lo zio gli
concede in moglie la primogenita Lia.
– Giacobbe in seguito dovrà lavorare per
Labano altri 7 anni per ottenere anche Rachele.
– L’esegesi tradizionale vedeva nelle
due mogli il simbolo delle due vite, attiva e contemplativa,
proprie dell’uomo (Giacobbe rappresenta infatti tutta l’umanità);
– Il vedere e l’ovrare,
il contemplare e l’operare, sono le due strade, l’una «buona» e
l’altra «ottima», come dice Dante nel Convivio, per giungere alla
felicità in questa vita;
– Lia (vita attiva) prefigura
Matelda, la donna che aiuterà Dante a compiere dei riti prima di ascendere;
– Rachele invece è associata a
Beatrice, che quindi richiamerebbe, oltre che la Teologia, la vita
contemplativa.
109-123. Salita al Paradiso Terrestre.
Dante si risveglia, vede i due poeti già pronti a partire, e si alza.
– Virgilio annuncia a Dante che oggi
raggiungerà il Paradiso, che è quel bene che tutti gli uomini desiderano.
– Dante sente il desiderio di salire
rapidamente la scala che lo porterà al Paradiso;
– gli sembra anche si sentirsi più leggero
man mano che sale, e sente crescere il proprio vigore;
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E già per li splendori
antelucani,
che tanto a’ pellegrin
surgon più grati,
quanto, tornando, albergan
men lontani,
le tenebre fuggian da
tutti lati,
e ‘l sonno mio con esse;
ond’ io leva’mi,
veggendo i gran maestri già
levati.
«Quel dolce pome che
per tanti rami
cercando va la cura de’
mortali,
oggi porrà in pace le tue
fami».
Virgilio inverso me
queste cotali
parole usò; e mai non furo
strenne
che fosser di piacere a
queste iguali.
Tanto voler sopra voler
mi venne
de l’esser sù, ch’ad ogne
passo poi
al volo mi sentia
crescer le penne.
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– antelucani: che precedono la
luce;
– che tanto…: che tanto più
graditi sorgono ai pellegrini, quanto più sono vicini a casa nel viaggio
di ritorno;
– Quel dolce pome…: quel
frutto che gli uomini vanno affannosamente cercando per vie e modi
diversi (per tanti rami) è metafora della felicità terrena,
che oggi Dante potrà raggiungere, entrando nel Paradiso terrestre;
– strenne: annunzi augurali;
presso i romani un dono con valore augurale offerto il primo
gennaio a parenti e amici;
– crescer le penne: crescer le
ali, cioè la forza per salire, andando ormai come se volassi.
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Il pellegrin. I versi 109-111
richiamano l’inizio del canto VIII, e ne rovesciano il senso:
Era già l’ora che volge il disio / ai
navicanti e ‘ntenerisce il core / lo dì c’ han detto ai dolci amici addio;
– qui è il tramonto, e Dante sta per iniziare
il suo cammino nel Purgatorio;
– nel canto XXVII Dante è alla fine del
percorso, ed è l’alba;
124-142. Ultime parole di Virgilio. I
tre giungono alla sommità della scala. Virgilio guarda intensamente Dante negli
occhi, e gli parla in modo solenne:
– gli dice che i l suo compito è finito: gli
ha mostrato tutto quello che era in suo potere mostrargli;
– In questo luogo Dante non dovrà più
attenersi alle sue indicazioni prima dell’arrivo di Beatrice;
– è libero di muoversi come vuole. Infine gli
dice : «io ti proclamo padrone di te stesso».
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Come la scala tutta
sotto noi
fu corsa e fummo in
su ‘l grado superno,
in me ficcò Virgilio li
occhi suoi,
e disse: «Il temporal
foco e l’etterno
veduto hai, figlio; e se’
venuto in parte
dov’ io per me più oltre
non discerno.
Tratto t’ho qui con
ingegno e con arte;
lo tuo piacere omai prendi
per duce;
fuor se’ de l’erte
vie, fuor se’ de l’arte.
Vedi lo sol che
‘n fronte ti riluce;
vedi l’erbette, i fiori
e li arbuscelli
che qui la terra sol da sé
produce.
Mentre che vegnan
lieti li occhi belli
che, lagrimando, a te venir
mi fenno,
seder ti puoi e puoi andar
tra elli.
Non aspettar mio dir più
né mio cenno;
libero, dritto
e sano è tuo arbitrio,
e fallo fora non fare a suo
senno:
per ch’io te sovra te
corono e mitrio»
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– corsa: percorsa;
– temporal foco: hai visto le
pene temporanee (del Purgatorio) e quelle eterne (dell’Inferno);
– in parte..: nel luogo
(il Paradiso) dove io (la ragione umana), con le mie forze
(per me) non posso guidarti;
– ingegno/arte: con la ragione, e
con la sua applicazione;
– per duce: per guida: fai quello
che ti piace;
– erte/arte: ripide/strette (<
artae); in senso spirituale;
– lo sol: già simbolico: la
grazia divina;
– erbette…arbuscelli:
prefigurazione del paradiso terrestre;
– mentre che: finché non viene
Beatrice;
– lieti: ma saranno tutt’altro
che lieti, in effetti;
– libero: dal peccato;
dritto: raddrizzato;
– sano: integro; arbitrio:
volontà;
– fallo…senno: sarebbe
(fora) un errore (fallo) non comportarsi secondo la sua volontà
(a suo senno);
– io..mitrio: io ti proclamo
padrone di te stesso;
– corono e mitrio: dittologia
sinonimica: pongo sopra il suo capo la mitra e la corona;
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