Linda De Benedictis
27 Gennaio 2019Mario Falanga
27 Gennaio 2019
Movimento letterario affermatosi in Europa tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo. In contrapposizione al razionalismo illuminista, rivalutò l’immaginazione e la libertà creativa dell’individuo. Entrato in uso alla metà del Seicento, il termine inglese romantic indicava narrazioni di contenuto particolarmente fantasioso, affine a quello dei romanzi cavallereschi medievali; in un’accezione più ampia, e con valore spesso anche dispregiativo, indicava temi e argomenti strani, assurdi o comunque fuori del comune, ma anche paesaggi naturali inconsueti e pittoreschi tali da colpire le emozioni e i sentimenti dello spettatore. Fu poi Jean-Jacques Rousseau a definire “romantico” uno stato d’animo incline alla meditazione e alla malinconia.
Le origini tedesche
L’inizio del romanticismo si fa generalmente coincidere con la pubblicazione della rivista “Athenäum” (1797), fondata a Jena dai fratelli August Wilhelm e Friedrich Schlegel, che enunciò le linee programmatiche del nuovo movimento. Particolarmente influenzato dal pensiero del filosofo Johann Gottfried Herder, il romanticismo tedesco individuava nel Medioevo il momento di formazione della coscienza nazionale germanica, le cui origini dovevano essere quindi valorizzate da una letteratura non più assoggettata alla tradizione classica. Il ritorno alle fonti originarie della cultura tedesca fu anche uno degli obiettivi del movimento Sturm und Drang. Lo stato d’animo degli scrittori romantici può essere esemplificato dal protagonista del romanzo epistolare I dolori del giovane Werther (1774) di Goethe, dove all’esaltazione del sentimento amoroso si accompagna il senso di solitudine di Werther, che non potendo adattarsi alla mediocrità del vivere, compie con il suicidio un gesto estremo di rivendicazione della propria libertà.
Il romanticismo in Inghilterra e in Francia
Il manifesto del romanticismo inglese è la Prefazione alla seconda edizione delle Ballate liriche (1800) dei poeti William Wordsworth e Samuel Taylor Coleridge: vi si afferma che la vera poesia nasce dal sentimento e dall’immaginazione, quando la tensione espressiva non viene imbrigliata dalla fredda perfezione formale. Nella letteratura francese, analoga funzione di manifesto programmatico ebbe un’altra Prefazione, quella di Victor Hugo al proprio dramma Cromwell (1827): vi sono esposte le ragioni della scelta di un protagonista tanto diverso dai modelli della tradizione classica, contraddistinto dalla presenza di difetti e qualità riscontrabili anche nell'”uomo comune”, benché già in precedenza Rousseau avesse evidenziato nel processo di “umanizzazione” dell’eroe una caratteristica delle moderne tipologie del personaggio letterario. Hugo ebbe comunque il merito di contestare e rifiutare uno dei canoni ritenuti fino ad allora fondamentali dell’arte drammatica, quello delle tre unità, di tempo, di luogo e di azione, la cui formulazione veniva tradizionalmente attribuita alle teorie poetiche di Aristotele.
Il romanticismo in Italia
Dalla Germania e dalla Francia i grandi temi romantici circolarono in tutta Europa, costituendo un punto di riferimento essenziale per gran parte della produzione letteraria del XIX secolo. In Italia, i primi segni di sensibilità romantica emersero già in Vittorio Alfieri e Ugo Foscolo. Si assume però come anno di nascita del romanticismo il 1816, anno di pubblicazione sulla rivista milanese “Biblioteca italiana” dell’articolo intitolato Sulla maniera e l’utilità delle traduzioni scritto da madame de Staël. La scrittrice francese sollecitò gli italiani a cogliere i fermenti innovativi presenti nelle letterature delle altre nazioni europee. L’articolo innescò un acceso dibattito culturale che vide schierati su posizioni conservatrici autori come Vincenzo Monti e Pietro Giordani, mentre i giovani romantici, tra i quali Silvio Pellico, Ludovico Di Breme, Pietro Borsieri e Giovanni Berchet, si riunirono intorno alla rivista “Il Conciliatore”, mostrandosi aperti ai nuovi stimoli culturali, soprattutto ai temi patriottici.
Il rifiuto della mitologia è uno dei temi centrali della Lettera sul romanticismo (1823) di Alessandro Manzoni, per il quale la letteratura doveva avere come soggetto il “vero”, frutto di una sintesi tra valori morali, veridicità storica e accuratezza espressiva. A questi stessi principi, che sono alla base della concezione manzoniana del romanzo storico, si ispirò la composizione dei Promessi sposi (1827, 1840-1842), una delle opere fondamentali del romanticismo italiano. Su un altro versante si collocò la ricerca espressiva di Giacomo Leopardi, che produsse risultati di straordinario rilievo nella lirica europea, mentre autori come Carlo Porta, Giuseppe Gioacchino Belli, Giuseppe Giusti, Ippolito Nievo si fecero interpreti di un romanticismo dai toni prevalentemente realistici. A un cosiddetto “secondo romanticismo”, caratterizzato da un sentimentalismo dai toni esasperatamente languidi e sospirosi, appartengono invece poeti come Giovanni Prati e Aleardo Aleardi.
Silvio Pellico (Saluzzo, Cuneo 1789 – Torino 1854),
Scrittore e patriota italiano. Dal 1809 frequentò l’ambiente romantico milanese. La tragedia Francesca da Rimini, destinata a grande fortuna, fu stampata nel 1817, quando Pellico era già tra i collaboratori del “Conciliatore“, giornale portabandiera dei romantici. Pubblicò qui, tra l’altro, il romanzo satirico Breve soggiorno in Milano di Battistino Barometro (1819), lasciato incompiuto per l’intervento della censura.
Iscritto alla società segreta della Carboneria, diventò amico del patriota Piero Maroncelli. L’arresto, l’esperienza della prigionia allo Spielberg (fu graziato nel 1830), il conforto della ritrovata fede religiosa sono raccontati in Le mie prigioni (1832), romanzo che ebbe enorme successo a livello europeo e che secondo Metternich avrebbe arrecato all’Austria più danni di una battaglia perduta. Nel periodo della reclusione scrisse buona parte delle tredici cantiche pubblicate tra il 1830 (Tancreda, Rosilde, Eligi e Valfrido, Adello) e il 1844 (Tasso e tre amici). Parecchie sue opere di vario genere sono rimaste inedite, come pure un ricco epistolario.
Alessandro Manzoni (Milano 1785-1873)
Scrittore italiano. Era figlio del conte Pietro Manzoni e di Giulia Beccaria. Manzoni studiò presso i padri somaschi e i padri barnabiti e si avvicinò al pensiero degli illuministi. Le sue idee giacobine e anticlericali trovarono espressione in Il trionfo della libertà (1801), poemetto che celebra la sconfitta del dispotismo e della superstizione per opera della libertà portata da Napoleone con la Repubblica Cisalpina. Le prime esperienze letterarie (1800-1804) sono coerenti col dominante gusto neoclassico: sono sonetti, quattro Sermoni e l’idillio Adda (1803), dedicato a Vincenzo Monti. Nel 1805, poco dopo la morte di Carlo Imbonati, si recò anch’egli a Parigi, dove scrisse e pubblicò il carme In morte di Carlo Imbonati (1806), un dialogo morale di sapore pariniano. A Parigi rimase fino al 1810 e si accostò, stabilendo anche forti amicizie, all’ambiente degli ideologi, che ripensavano in forme critiche e con forti istanze etiche la cultura illuminista, e acquisendo abitudini mentali quali la chiarezza e il rigore del ragionamento insieme a una propensione per l’analisi psicologica, che sarebbero rimaste sue per tutta la vita.
Dagli Inni sacri alle tragedie
Nel 1808 Manzoni aveva sposato la giovane (calvinista) Enrichetta Blondel, la cui fede aveva indotto Alessandro ad approfondire il problema religioso. Il 1810 segna il definitivo approdo della famiglia Manzoni al cattolicesimo. La conversione religiosa si ripercosse anche nelle scelte letterarie: Manzoni abbandonò gli schemi neoclassici e cercò altre strade espressive, a cominciare dalla prima opera successiva alla conversione, gli Inni sacri, con i quali intendeva celebrare le principali festività dell’anno liturgico e insieme offrire un esempio di lirica nuova, che sarà di tipo corale e oggettiva. Inizialmente gli inni dovevano essere dodici, ma ne furono composti solo cinque: la Risurrezione (1812), il Nome di Maria (1812-13), il Natale (1813), la Passione (1814-15) e la Pentecoste (1822, terza stesura). Il punto di vista e il tema di queste liriche appartengono alla sensibilità romantica e sono in anticipo rispetto alle dichiarazioni manifeste della poetica romantica, che sono del 1816.
L’interesse di Manzoni per la tragedia è connesso alla lettura di Shakespeare, di Goethe e di Schiller, e, in accordo con l’avvio delle polemiche romantiche, Manzoni elaborò l’idea di una tragedia di ampie dimensioni storiche e di valore universale, capace di destare una nuova coscienza etico-storica. Cominciò con Il conte di Carmagnola (1820), tragedia accompagnata e pubblicizzata dalle polemiche letterarie a seguito dell’abbandono delle unità aristoteliche di tempo e di luogo. Questa tragedia, che si avvale del coro – momento di meditazione lirica, inteso come spazio riservato alla riflessione etico-storica dell’autore – propone un episodio della guerra tra Milano e Venezia nel XV secolo e denuncia la violenza e la cecità della ragion di stato. La seconda tragedia, Adelchi (1822), è di materia medievale, anche se contrappone in modo assolutamente netto, gli “eroi della forza” e gli “eroi della fede”. Il tema è la fine della dominazione longobardica in Italia e la sconfitta del re Desiderio a opera di Carlo Magno. Particolarmente significativi sono i cori in cui Manzoni affronta il tema politico della libertà che non può non essere conquista degli italiani, e il tema della “provvida sventura”, centrale nel successivo romanzo. La stesura dell’Adelchi fu accompagnata da un’approfondita ricerca storico-documentaria sulla dominazione longobardica in Italia, pubblicata col titolo di Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia (1822).
Manzoni affrontò anche nodi teorici sul teatro e sulle sue scelte in un testo importante nel 1823: si tratta della Lettre à M. Chauvet sur l’unité de temps et de lieu dans la tragédie. In precedenza, nel 1819, aveva scritto le Osservazioni sulla morale cattolica che, a parte le ragioni ideologiche, sono un prezioso documento della sensibilità psicologica del Manzoni. Successiva, del 1823, è la Lettera sul Romanticismo, il bilancio teorico più importante fatto da uno dei protagonisti di quel movimento.
Manzoni si provò anche nella lirica civile. Ricordiamo Marzo 1821, un esempio di ballata romantica centrata sull’attualità politica (i moti patriottici di quell’anno), e Il cinque maggio (1821), un testo intenso e insolitamente appassionato sulla morte di Napoleone.
I principi romantici
Romanticismo e rivoluzione
Il romanticismo si fece sostenitore anche di ideali civili, primo fra tutti la libertà dei popoli dall’oppressione politica in nome del diritto di ogni individuo al riconoscimento della propria dignità. Nel Guglielmo Tell (1804) di Friedrich Schiller, cui si ispirò l’omonima opera (1829) di Gioacchino Rossini, il leggendario eroe svizzero incarna il simbolo della rivolta contro il tiranno e la dominazione straniera. Poeti come George Byron e Percy Bysshe Shelley sostennero gli ideali romantici della lotta per la libertà sia con la loro opera sia nella vita, combattendo in Italia e in Grecia. Il russo Aleksandr Pu?kin, che scrisse poesie di aperta intonazione rivoluzionaria, come l’ode Alla libertà (1817), fu per questo perseguitato dal regime zarista.
Il sentimento della natura
Secondo la concezione illuministica: la natura era regolata da un complesso di leggi e fenomeni che l’uomo poteva comprendere grazie all’uso della ragione. Nell’estetica neoclassica di Johann Joachim Winckelmann il bello si trova nella “nobile semplicità” e nella “quieta grandezza”; esso è “come la profondità del mare che resta sempre immobile per quanto agitata sia la superficie”. Per i romantici, invece, la natura è il luogo in cui l’anima può dare sfogo alla propria malinconia e i fenomeni più interessanti sono proprio quelli che esulano dalla norma, mettendo l’individuo in contatto con una dimensione superiore, che non può essere percepita con l’aiuto della ragione ma solo abbandonandosi ai sensi e alla fantasia. Il “bello” coincide allora col “sublime”, sia esso un paesaggio sconvolto dalla furia degli elementi o l’uomo perseguitato da una sorte ineluttabile (come nel caso di Ulisse “bello di fama e di sventura” nel sonetto A Zacinto di Foscolo).
Il fascino dell’esotico
La ricerca di nuove esperienze interiori si tradusse spesso in un’apertura verso nuovi orizzonti spaziali e temporali. Ci si rivolgeva con grande interesse a culture ancora sconosciute, o si rileggevano in una nuova ottica testimonianze ed espressioni di civiltà ormai scomparse. L’interesse per la poesia popolare aveva già in precedenza dato i suoi frutti nella poesia ossianica, che evocava atmosfere altomedievali, mentre ad affascinanti sfondi orientali si era richiamato Samuel Taylor Coleridge in Kubla Khan (1816). La nostalgia per il Medioevo si fuse con la malinconica consapevolezza dell’impossibilità di recuperare un passato ormai perduto per sempre; fra gli scenari preferiti dai narratori romantici ci furono allora castelli in rovina e abbazie diroccate, sfondi ideali per ambientare storie dense di elementi misteriosi e soprannaturali come quelle dei romanzi gotici di Matthew Gregory Lewis e di Horace Walpole, autore del celebre Castello d’Otranto (1764).
Il tema del “doppio”
L’interesse per il soprannaturale caratterizzò in particolar modo la letteratura romantica inglese e tedesca. Esso fu acuito da un lato dalla disillusione nei confronti del razionalismo settecentesco, dall’altro dalla riscoperta del patrimonio folclorico della fiaba popolare, dovuta in primo luogo ai fratelli Grimm e Hans Christian Andersen. Uno dei motivi ricorrenti nel genere fiabesco, e che ebbe molto seguito in letteratura, fu quello del Doppelgänger, ossia del “doppio” o dell'”altro che è in noi“. Soprattutto gli scrittori tedeschi furono affascinati da questa nuova possibilità di indagine sulla propria identità, di uno scavo in un io più profondo. Il poeta Heinrich Heine vi dedicò una lirica, intitolata proprio Il doppio (1827); lo stesso tema compare nel racconto Gli elisir del diavolo (1816) di E.T.A. Hoffmann e nel romanzo breve La straordinaria storia di Peter Schlemihl (1814) di Adalbert von Chamisso, la vicenda di un uomo che vende la propria ombra al diavolo. Nella seconda metà dell’Ottocento il motivo del doppio ricompare nel romanzo di Fëdor Dostoevskij Il sosia (1846), descrizione di uno stato di alienazione di cui è vittima un modesto impiegato.
Evoluzione del romanticismo
Nella seconda metà dell’Ottocento alcune delle tendenze tipiche del romanticismo divennero particolarmente accentuate, come nel caso della poesia sentimentale, che talvolta divenne un facile pretesto per evadere in una visione trasognata e illusoria di mondi irreali. Dalla reazione a certe esasperazioni romantiche derivarono movimenti come la scapigliatura, il parnassianesimo, il realismo e il naturalismo.
di Elena Biglia, Fanelli e Vallese
Attenzione: la fonte principale di questa ricerca è l’Enciclopedia Microsoft® Encarta® 99.
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