Tesina sul suicidio di un alunno per esame di stato II ciclo
LATINO
ITALIANO
Operette morali di Leopardi:
Nel “Dialogo di Plotino e di Porfirio” (composto nel 1827 e pubblicato postumo nell’edizione Le monnier del 1845) il tema del suicidio viene affrontato da Leopardi secondo un procedimento dialettico. Il punto iniziale del dialogo tra i due filosofi è la medesima considerazione della vita; poi si procede ad una analisi sulla liceità del suicidio.
Porfirio ritiene che l’inclinazione al suicidio proceda da un fastidio della vita e che il dolore sia vano, a differenza della noia. L’uomo è continuamente flagellato dalla natura, dal fato e dalla fortuna. Sostiene che il solo pensiero di potersi sottrarre a questa condizione infelice sia di conforto. Procede ad un paragone tra l’uomo primitivo, che non si procacciava volontariamente la morte e non la desiderava, e l’uomo del suo tempo, il quale, nella ricerca continua di progresso, aspira al maggior bene dell’uomo, la morte.
Plotino sostiene che il suicidio non sia lecito, poiché l’uomo tende a sopravvivere; esso è un atto contro natura, in quanto “tutto l’ordine delle cose sarebbe sovvertito, se quelle si distruggessero da se stesse” . Il suicidio arreca dolore alle persone che ci circondano: l’unica soluzione nella vita è la reciproca compagnia, il rapporto fraterno e solidale che si instaura tra gli uomini. Il pensiero di Plotino si conclude don l’idea che , al sopraggiungere della morte, coloro i quali abbiano vissuto in modo fraterno non si dorranno e saranno ricordati positivamente dai familiari e dagli amici.
Per capire quale sia la posizione di Leopardi, leggi anche questo brano, tratto dal “Dialogo di Tristano e di un amico”
“E di più vi dico francamente ch’io non mi sottometto alla mia infelicità, né piego il capo al destino, o vengo seco a patti, come fanno altri uomini; e ardisco desiderar la morte, e desiderarla sopra ogni cosa, con tanto ardore e con tanta sincerità, con quanto credo fermamente che non sia desiderata al mondo se non da pochissimi […] Se mi fosse proposta da un lato la fortuna di Cesare o di Alessandro netta da ogni macchia, dall’altro di morir oggi, e che dovessi scegliere, io direi, morir oggi, e non vorrei tempo a risolvermi” .
INGLESE
FRANCESE
TEDESCO
FILOSOFIA
Il suicidio non è contemplato nella filosofia di Schopenauer, che lo critica, perché esso non può liberare l’uomo dalla volontà di vivere; l’uomo con esso non rinuncia alla vita, ma afferma di voler vivere in modo diverso. Il suicidio è un morire apparente, perché la volontà (il cieco irresistibile impeto a fondamento della vita universale) continua a sopravvivere con la specie.
Storia dell’arte
Vincent van Gogh nacque nel 1853 a Zundert, . Egli, dopo pochi e travagliati studi, cominciò a disegnare e a pensare per sé ad un futuro di artista. Venne assunto come commesso in una galleria d’arte gestita dallo zio, ma dopo qualche anno trascorso a Londra, Parigi, e Bruxelles nelle filiali della casa d’arte, venne licenziato. Si trasferì allora in Inghilterra, dove diede lezioni di francese, ma spinto da una grande fede e dalla lettura del vangelo decise di diventare un predicatore. Gli esami di ammissione alla facoltà di teologia erano per lui troppo difficili, così dovette ripiegare su una scuola di evangelizzazione. Successivamente si trasferì nel Borinage, una zona mineraria dell’Olanda, per diffondere il vangelo; perso l’entusiasmo dei primi tempi (e l’appoggio della chiesa), vi rinunciò e tornò a casa, nel 1880. Seguirono altri viaggi e delusioni, poi l’artista si stabilì a Neunen dove dipinse I mangiatori di patate che è considerato il suo primo e forse ineguagliato capolavoro.
Successivamente, dopo nuove peregrinazioni, si trasferì ad Arles, dove convisse per alcune settimane con l’amico Paul Gauguin. Ormai però Vincent mostrava i primi segni di una malattia mentale che, dopo il definitivo trasferimento ad Auvers-sur-Oise, lo condusse al suicidio, nel 1890. Indubbiamente Van Gogh aveva una sensibilità fuori dal comune, che lo portava a cogliere la dignità anche dei più poveri e a sforzarsi di aiutarli, ma anche ad abbattersi e ad entusiasmarsi più del dovuto. La vita, però, non fu mai generosa con lui, che cercava solo qualcosa che lo facesse sentire utile. S’innamorò più volte senza mai essere ricambiato, tentò di divenire un predicatore senza successo, era consapevole del suo talento artistico, ma non riusciva a vendere i suoi quadri e doveva condurre una misera esistenza. “Mi sento un fallito; e quello che significa per me è che io sento che quello è il destino che accetto, e che non cambierà mai” , scrisse a Theo nel maggio del 1890, due mesi prima di togliersi la vita.
CINEMA
Si suicida Marilyn Monroe