Nell’articolo di Eco abbondano le citazioni tratte dalla Vita di Pericle, scritta da Plutarco, e pure altre, tratte dal discorso di Pericle sui caduti nel 431 a. C., ricostruito da Tucidide nel terzo libro della sua opera . Ebbene ogni frase, pur bella e nobile, viene presa in malam partem. Vediamo come.
Il Pericle di Tucidide elogia l’esemplare costituzione ateniese, l’anima della città, con queste parole
In effetti ci avvaliamo di una costituzione che non cerca di emulare le leggi dei vicini, ma siamo noi di esempio a qualcuno piuttosto che imitare gli altri. E di nome, per il fatto di essere amministrata non per pochi ma per la maggioranza, essa è chiamata democrazia… e se uno può fare qualche cosa di buono per la città, non ne è mai stato impedito per l’oscurità della sua posizione sociale. (Tucidide, II, 37, 1).
Di certo gli autori della nostra Costituzione tennero presente questo passaggio del discorso di Pericle quando concordarono l’articolo 3 in questi termini: ” Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese” .
Eppure il nostro impareggiabile ermeneuta commenta: “Come discorso populista non è male salvo che Pericle non menziona il fatto che in quei tempi ad Atene c’erano, accanto a 150.000 abitanti, 100.000 schiavi” ,
Vero è che la Politeia dell’Atene di Pericle ricevette molte critiche da filosofi e storici ostili alla democrazia, e venne definita una costituzione anarchica e variopinta, o una prepotenza dei non abbienti sui ricchi, o addirittura vituperata quale un prevalere della canaglia, insomma una dittatura del proletariato ante litteram, come scrisse diversi anni fa un illustre giurista del nostro Ateneo, Guido Fassò. Ma queste sono tutte critiche partigiane di regimi sicuramente meno favorevoli alla libertà e al benessere del popolo, e, in particolare, della povera gente. Vero è pure che c’erano gli schiavi e che Pericle perseguiva una politica imperialistica non senza vessazione degli alleati- sudditi, ma sicuramente questo grande personaggio storico non mirava ad alcun arricchimento personale come il padrone di Mediaset; infatti il figlio di Agariste, la nobildonna alcmeonidea, utilizzò il denaro per far costruire quell’acropoli monumentale che è ancora un patrimonio dell’umanità colta, pure se non appassiona “l’uomo del libro e di tutti i libri” , come quel grande intellettuale e statista di primissimo piano che è Sarkozy ha salutato il nostro articolista accogliendolo all’Eliseo.
Ognuna delle “opere di Pericle” scrive ancora Plutarco “era, per la bellezza già allora antica, mentre per la sua rifioritura appare, ancora oggi, recente e appena ultimata” (13, 5). Non certo come le opere del padrone di Mediaset.
Voglio segnalare al maestro di tanti Italiani altre analogie molto improbabili di questo “figlio di puttana” con il padrone di Mediaset: “la sua eloquenza era immune da qualsiasi ciarlataneria banale e plebea” (Plutarco, Vita, 5). “Davanti al popolo del resto, Pericle si presentava solo a intervalli, per non ingenerare abitudine e saturazione ed evitava di prendere la parola su ogni argomento “( 7). Ma soprattutto questo aspetto, messo in luce da Tucidide, Isocrate e Plutarco, mostra come Pericle debba essere considerato l’antitesi di Berlusconi e di quasi tutti i nostri politici: “La fonte della sua autorità non stava soprattutto nell’efficacia del suo discorso, ma, come dice Tucidide, nella reputazione che godeva per l’integrità della vita, e nella fiducia che si riponeva in lui, uomo palesemente incorruttibile, e superiore al denaro. Infatti Pericle, che rese la sua città, da grande che era, grandissima e ricchissima… non accrebbe di una sola dracma il patrimonio che aveva ricevuto in eredità da suo padre (Plutarco, Vita, 15).
Per quanto riguarda gli schiavi della città, chi legge le commedie rappresentate a teatro , quindi probabilmente con qualche realismo, ne ricava l’impressione che non stessero peggio degli operai e dei piccoli impiegati di adesso. Certo è che i grandi maestri del pensiero europeo, stanno assai meglio. Il nostro professore emerito, semiologo illustre, grande signore della cultura, e romanziere planetario, quasi cosmico, dovrebbe meditare su queste mie modeste, umili e sommesse osservazioni da proletario della cultura, forse non immune da invidia di tanta inarrivabile grandezza.
18 gennaio 2012
Giovanni Ghiselli
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1 Comment
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