Immigrati, sì all’italiano. Perplessi i ragazzi veneti: «Imparano più con noi»
Corriere della sera – 21 gennaio 2010
di Giulio Todescan
Viaggio nell’istituto vicentino della sperimentazione
VICENZA – Le classi d’accesso promosse dalla Provincia di Vicenza dividono gli studenti. Dovrebbero partire a febbraio, garantendo per tre mattine alla settimana un corso di italiano per gli alunni stranieri, in sostituzione delle normali lezioni, presso cinque scuole della provincia. Sono tanti i ragionamenti e le sfumature che si sentono ai cancelli della «cittadella degli studi» di Vicenza, ma emerge un dato paradossale: i più scettici sulla proposta sembrano essere gli studenti italiani, mentre proprio alcuni stranieri sottolineano l’utilità dei corsi extra.
«Un ragazzo che è in Italia da poco tempo, se viene mandato in un’altra scuola, subisce un’ulteriore discriminazione rispetto ai suoi compagni di classe – dice Valentina Carta, al secondo anno all’Istituto Tecnico per Attività Sociali Boscardin, indirizzo artistico -. Penso che per loro il modo migliore di imparare sia parlare l’italiano con noi compagni di classe».
Corey Dunn frequenta la stessa classe, ed è un tipo particolare di «extracomunitario»: è nato negli Usa, a Philadelphia, ma vive a Vicenza fin da piccolo e parla con un naturale accento veneto. «Nella nostra classe è arrivata una ragazza moldava un mese dopo l’inizio dell’anno scolastico – racconta Corey -. Quando è arrivata non sapeva niente di italiano, poi ha seguito dei brevi corsi con l’insegnante di sostegno e ora lo parla bene. Chi si impegna lo impara in pochi mesi. Invece seguire un corso in un’altra scuola significa perdere ore di lezione, e questo è un problema, perché si rimane indietro con il programma».
Al Boscardin, spiegano i ragazzi, il problema della lingua è relativo: fra le materie principali ci sono quelle artistiche e scientifiche, ed è facile intendersi senza usare termini troppo difficili. «Fare classi di soli stranieri li farebbe sentire a disagio – pensa Lucrezia Urso -. La lingua si impara meglio parlandola in classe con noi italiani».
Fany Patricia è di origini dominicane ed è cresciuta in Italia, tanto da meritare, nel 2008, la fascia di Miss Valdagno in un concorso di bellezza. Frequenta la seconda all’Istituto professionale Da Schio, accanto al Boscardin. Proprio il Da Schio è stato individuato dalla Provincia come uno dei cinque «poli» dove si svolgeranno le classi d’accesso. «Le diverse etnie si devono mischiare, e quelli che sono arrivati da poco in Italia non possono imparare la lingua da soli, ma devono integrarsi rimanendo in classe» afferma Fany. Valentina Donadello invece sottolinea un altro punto di vista, quello dei figli di migranti che tendono a fare gruppo fra loro: «I corsi di italiano nella nostra scuola ci sono già, il problema è che poi, in classe, gli stranieri si trovano solo tra di loro – racconta Valentina -. Dovrebbero imparare a parlare l’italiano fra di loro, altrimenti difficilmente apprenderanno la nostra lingua».
Dalla scuola escono studenti a frotte, di tutte le etnie. Amin, un ragazzo di origine tunisina, fuma tranquillo una sigaretta. «Le classi d’accesso? Per me sono una bella cosa – risponde senza pensarci due volte -. Io sono in Italia da quattro anni, frequento la quarta e ho ancora molte difficoltà con la lingua, soprattutto durante le ore di letteratura italiana. Nella mia classe siamo in cinque stranieri su ventidue. I corsi di italiano li abbiamo fatti, ma rimaniamo comunque indietro».
Fatima Zokova è una ragazza di colore e indossa il velo, mentre esce dal Boscardin: «L’italiano serve per tutte le materie – dice -. Se i professori sono qualificati, questi corsi sono utili». A sentirla parlare, sembra proprio che non avrà bisogno di frequentarli.
Giulio Todescan
21 gennaio 2010