In questa poesia molto sperimentale la neve diventa simbolo della natura molto cara al poeta
Quante perfezioni, quante
quante totalità. Pungendo aggiunge.
E poi astrazioni astrificazioni formulazione d’astri
assideramento, attraverso sidera e coelos
assideramenti assimilazioni –
nel perfezionato procederei
più in là del grande abbaglio, del pieno e del vuoto,
ricercherei procedimenti
risaltando, evitando
dubbiose tenebrose; saprei direi.
Ma come ci soffolce, quanta è l’ubertà nivale
come vale: a valle del mattino a valle
a monte della luce plurifonte.
Mi sono messo di mezzo a questo movimento-mancamento radiale
ahi il primo brivido del salire, del capire,
partono in ordine, sfidano: ecco tutto.
E la tua consolazione insolazione e la mia, frutto
di quest’inverno, allenate, alleate,
sui vertici vitrei del sempre, sui margini nevati
del mai-mai-non-lasciai-andare,
e la stella che brucia nel suo riccio
e la castagna tratta dal ghiaccio
e – tutto – e tutto-eros, tutto-lib. libertà nel laccio
nell’abbraccio mi sta: ci sta,
ci sta all’invito, sta nel programma, nella faccenda.
Un sorriso, vero? E la vi(ta) (id-vid)
quella di cui non si può nulla, non ipotizzare,
sulla soglia si fa (accarezzare?).
Evoè lungo i ghiacci e le colture dei colori
e i rassicurati lavori degli ori.
Pronto. A chi parlo? Riallacciare.
E sono pronto, in fase d’immortale,
per uno sketch-idea della neve, per un suo guizzo.
Pronto.
Alla, della perfetta.
«È tutto, potete andare.»
Zanzotto, La perfezione della neve (da La beltà, 1968)
Uno dei poeti che in ambito novecentesco ha fatto della ricerca sperimentale uno studio “sul linguaggio, dentro il linguaggio, contro il linguaggio” -> è la sua caratteristica più radicale, soprattutto da anni ’60 in poi
La sua poesia muove da una serie di presupposti di poetica che mettono insieme:
- Riferimenti psicanalitici (in particolare le letture di Lachàn)
- Riflessione sul linguaggio -> nell’ambito della linguistica post-strutturalista si vede nel linguaggio non tanto un mezzo di accesso alla realtà quanto una sorta di organismo autonomo che ci porta tanto più vicini alla realtà quanto più lo solleviamo dalla referenzialità immediata, interponendo barriere fra noi e le cose -> il linguaggio rivela di più se ci lasciamo guidare da meccanismi associativi, una sorta di autonoma fibrillazione, o che procede a illuminazioni di senso. Dinamica che si vede bene in questo testo che fin dal titolo sembrerebbe esibire una impostazione descrittiva.
- Situazione enunciativa:
In prima istanza semplice, tradizionale: poesia lirica con un io voce-personaggio
- Situazione rappresentata:
Oggetto dichiarato fin dal titolo: rappresentazione, contemplazione della neve e della sua perfezione
-> la neve diventa emblema della natura
La contrapposizione tra natura-cultura e lingua-cose è uno dei temi di lungo periodo della sua poesia
-> una delle raccolte successive si chiama Il galateo in bosco, galateo è enorme convenzione di linguaggio
mentre il bosco e la realtà incontaminata dal linguaggio, poi c’è tutto un tema ecologico nell’ultimo Zanzotto
Testo estremamente complesso, di difficilissima decodifica, impossibile anzi!
-> sfida le logiche di funzionamento del linguaggio: se ci sforziamo di capire testi riducendoli a razionalità
linguistica tradizionale siamo destinati a fallire
-> tuttavia si capisce più o meno qual è il punto: sul tema della neve, la poesia che imbastisce una sorta di
fuga anche musicale e verbale su rapporto io-neve
-> l’intero testo problematizza l’atto comunicativo -> tutta la parte finale (Pronto. A chi parlo?) mette in
discussione lo statuto del testo comunicativo, del testo letto, circolare -> se si rilegge titolo quasi alla fine del
testo il poeta si dichiara pronto a rifare il testo appena terminato (ring composition)
L’io descrive la neve, la celebra -> la voce si trova nel luogo che descrive
-> il primo tratto che emerge di questo oggetto rappresentato è già un tratto ambivalente ambiguo, un po’
contraddittorio (quante perfezioni quante totalità) -> perfezione e ancora più totalità dovrebbero essere al
singolare (la totalità è una per definizione)
-> accoppiamento di caratteristiche opposte: molteplicità inesauribile che si associa a idea di perfezione e
paradossalmente di totalità -> la neve è un oggetto che è in sé una cosa, ma si compone di una pluralità di
elementi (fiocchi, cristalli) ciascuno dei quali è in se una delle immagini più emblematiche della perfezione
per sua struttura simmetrica, radiale, perfetta, è un’immagine di totalità e perfezione -> fin da subito
accostamento vertiginoso fra perfezione della neve come tutto composto da un’infinità di totalità perfette
Però da questa immagine iniziale abbastanza precocemente il testo comincia a slittare, si parte da immagine e abbiamo la percezione che testo proceda per la spinta di due forze:
- Forza logico-argomentativa: la voce vuole esprimere un concetto, ragionamento, riflessione, c’è una intenzionalità discorsiva
Si sviluppa per passaggi logico-argomentativi: -> c’è una logica che si sviluppa in modo invariato in tutto il testo
- Versi 1-10: contemplazione -> lo sguardo verso la natura e la neve si fa metafora di un percorso verso la perfezione C’è idea di confronto, di celebrazione della perfezione della neve e anche spinta di adeguamento ad un principio di perfezione, spinta eventuale impossibile da corrispondere pienamente infatti tutti i verbi che rimandano all’idea di adeguamento del soggetto sono espressi al condizionale
- Versi 11-30 -> progressivamente la situazione enunciativa sembra riconfigurarsi leggermente e riconfigurare leggermente anche la situazione rappresentativa: il tema è sempre celebrazione neve ma al pronome di prima persona, al linguaggio e baricentro della prima persona qui invece subentra una prima persona plurale (ci soffolce) -> indizio che trova conferma più avanti dove sembrerebbe emergere un secondo personaggio accanto al soggetto
-> questa lieve virata da io a noi si accompagna all’emergere di una tematica in cui si ribadisce posizione di
immersione del soggetto in un paesaggio in un ambiente che sempre più si declina come una sorta di
abbraccio, come una spinta erotica, di una libido -> c’è una immersione che è anche comunione fra
soggetto il tu e il paesaggio
- Versi 31-36: problematizzazione dell’atto verbale -> mette a tema l’atto che ha condotto alla composizione del testo che stiamo leggendo
-> qui il linguaggio metaforico che usa è quello della comunicazione telefonica che viene interrotta,
torsione rispetto alle dinamiche normali del buon funzionamento della comunicazione
-> non “pronto, chi parla?” ma “pronto, a chi parlo?” -> problematizzazione dello statuto della poesia e
soprattutto di una poesia di questo tipo: a chi parlo, a chi parla il linguaggio che parla in me?
- Aspetto linguistico e stilistico:
- Forza linguistica
Intenzionalità discorsiva si affianca in modo conflittuale all’intenzionalità autonoma del linguaggio
-> il testo per un verso procede con la logica della voce, per un altro verso sembra procedere autonomamente
per gemmazione spontanea, le parole si richiamano per analogie foniche, meccanismo associativo che sembra
sfuggire alle mani alla voce
-> nessuna istanza prevale sull’altra quindi i due elementi si richiamano, corrono insieme
Accompagna il testo con una serie di note -> commenta e spiega alcune parole più ambigue e strane
-> astrazioni -> rimanda all’operazione descrittiva dell’io che guarda la neve e astrae una serie di considerazioni
-> rimanda ad astrificazioni -> stella immagine di perfezione ha struttura analoga a quella del fiocco di neve
-> l’immagine degli astri rimanda alla parola latina sidera
-> assideramento: rimanda alle idee della medicina medievale che sconfinano con la magia rispetto all’influsso
negativo che le stelle possono avere sulla psicologia, sul soggetto; in questo caso inteso in chiave positiva non
negativa, non affezione maligna
-> tutti questi versi sembrano costituirsi soprattutto per analogie foniche o etimologiche ma allo stesso tempo
sviluppano, articolano, approfondiscono o fanno prendere pieghe impreviste a un nodo riflessivo-concettuale
da cui il testo era partito.
Seconda sezione (vv. 11-): il processo di scomposizione del linguaggio diventa meccanismo autonomo
-> autoproduzione e gemmazione dei significanti
-> dinamica più evidente giungendo a scomposizione di metà parola (es: lib. e (id-vid)
-> destrutturazione sintattica, semantica e delle funzioni lessicali
In una nota osserva che libertà potrebbe essere (anche nota ha forma dubitativa, che è molto significativa) un a abbreviazione di “libido” (anticipata dalla parola eros) che poi si trasforma, come se poeta stesse per pronunciare parola “libido” ma poi ferma, si riformula si trasforma in parola libertà
-> rimanda a immagine dell’eros, spinta vitale verso natura, il paesaggio, l’altro
-> si crea un sistema di analogie e di opposizioni perché qualunque tipo di relazione di per sé è un laccio, tutte le
spinte erotiche amorose non solo intesa in chiave sessuale ma proprio idea di rapporto con l’altro
-> libertà nel laccio/nell’abbraccio: un elemento che in apparenza lega, relazione con in apparenza lega e limita
libertà del soggetto in altro verso l’accentua la potenzia -> ammette possibilità di libertà nel laccio
In una nota spiega che (id-vid) sono due declinazioni possibili di “vedere” e “vivere”, hanno radice comune, ma potrebbero rimandare a idea di oggettualità, la parte più incosciente dell’esserci soggettivo ed esterno all’io
-> una nota così ci dimostra che il funzionamento di questa testualità è inattingibile per un lettore esterno, quasi
inattingibile per lo stesso autore che si sforza di interpretare logiche associative di cui è stato vittima, preda: è
un tipo di associazione che procede con logica allusiva, noi dobbiamo condividere esperienza di abbandono al
linguaggio che lo ha portato a produrre un testo così -> sperimentare il testo più che pretendere di capirlo
Audio Lezioni sulla Letteratura del novecento del prof. Gaudio
Ascolta “Letteratura del novecento” su Spreaker.