Amelia Vavalli
27 Gennaio 2019Giovanni Boldini
27 Gennaio 2019“La plus grand chose du monde c’est le savoir etre a soy” (Montaigne)
L’antropologia è la scienza dell’uomo. Essa nasce nell’ottocento come disciplina autonoma, ma il termine fa la sua prima comparsa nel settecento, dopo che Linneo ha elaborato la sua tassonomia.
Il primo testo in cui compare questo termine è L’antropologia pragmatica di Kant del 1798.
L’antropologia è una scienza, per cui é un sapere che si traduce in modo oggettivo, non solo intuitivo.
Oltre alla biologia anche altre discipline rientrano nel campo di riflessione dell’antropologia empirica. Esse sono: biologia, sociologia, psicologia, diritto, storia, economia, statistica e politica.
Oggi sappiamo tante cose sull’uomo di quanto sapevamo un tempo, ma se dovessimo rispondere alla domanda “chi è l’uomo?”, “cosa differenzia l’uomo da tutti gli altre esseri”, non s’apremmo ancora rispondere a queste domande. Questo lo dice all’inizio del novecento anche Max Scheler. C’è un buio sulla domanda essenziale. La scienza dell’uomo che credeva di essere esaustiva sull’uomo, riconosce la necessità di una filosofia, poiché le scienze non sono sufficienti per dare una risposta più completa al problema dell’uomo.
Anche per Cassirer l’uomo resta inevitabilmente un argomento filosofico, per cui è necessario integrare gli approcci scientifici con le riflessioni filosofiche per conoscere la realtà dell’uomo.
Se il comportamentismo ci invita ad osservare il comportamento esteriore per capire l’uomo nella sua interiorità , per Cassirer è necessario sapere che la realtà è filtrata dalla nostra cultura.
Se i comportamentisti applicano all’uomo criteri fisici, scientifici, gli storicisti tedeschi (fino a Cassirer) applicano criteri specifici, quelli della scienza dell’uomo. Per esempio, per Cassirer la cultura passa anzitutto attraverso il linguaggio.
Per fare quindi una antropologia oggi dobbiamo saper conciliare scienza e filosofia.
Tra le varie opere di Cassirer c’è il saggio sull’uomo del 1929, che affronta la questione di come occuparsi dell’uomo in ambito filosofico. Questa riflessione sull’uomo ha uno sviluppo dialettico, non organico, procede più per opposizioni.
Nel corso della storia del pensiero ci sono state varie opposizioni:
La prima opposizione relativa al pensiero sull’uomo, alla riflessione sull’uomo è quella tra il pensiero greco-romano e quello cristiano.
Per il pensiero cristiano l’uomo per realizzarsi ha bisogno della grazia, non è autosufficiente. Ci sono molti punti di contato del cristianesimo con la filosofia stoica, ma c’è questa fondamentale differenza: per il cristiano c’è una realtà che ci sovrasta, poiché per i cristiani gli uomini sono creature di Dio, non sono sufficienti a se stessi. “Credo ut intelligam et intellego ut credam” dice Sant’Angostino. Invece per gli stoici, come per tutti i pensatori dell’antichità greca e romana, l’uomo ha una sua dignità autonoma a qualsiasi Ente divino.
Un altro momento oppositivo importante per la riflessione sull’uomo avviene tra ragione e sentimento, un’opposizione presente all’interno della riflessione illuminista. La ragione,però, spiega tutto, ma non è in grado di spiegare l’uomo. Pascal infatti riconoscere di non sapere chi è lui. L’uomo non sa perché si trova a vivere, come dice anche Rousseau nell’Emilio, attraverso alcuni paradossi.
Comunque, nei confronti della tendenza razionalistica illuminista nasce una reazione con lo storicismo dell’ottocento. All’interno dello storicismo cominciano ad affermarsi esigenze di riflessione sulle scienze dello spirito. Occorre distinguere tra la scienza dell’uomo e la scienza della natura. Di fronte ad un uomo non ci troviamo davanti ad una realtà estranea a noi. Il concetto di “vissuto” esperienziale ci dà elemento per comprendere la realtà di un altro uomo, per capire elementi del vissuto di un altro. La “comprensione” è una forma di intelligenza narrativa. Nella scuola prevalgono le metodologie di tipo empirico, mentre invece occorre trattare l’uomo in un modo diverso rispetto a cui si analizza o si tratta una pianta, un oggetto. Solo attraverso il concetto di pluralismo epistemologico si supera il monismo delle scienze naturali, che non possono essere applicate allo stesso modo all’uomo.