Non esiste pedagogia senza un’antropologia, cioè senza una visione dell’uomo.
L’educazione è un’azione in alcuni casi intenzionale e in altri casi non intenzionale.
Anche quando alleviamo un neonato, o facciamo un rimprovero ad un ragazzo per strada educhiamo, ma in quel caso la nostra azione educativa non è intenzionale.
Solo quando siamo docenti, insegnanti (e le famiglie ci affidano i loro figli affinché siano educati) educhiamo in modo non occasionale, ma in modo intenzionale.
La pedagogia guida nell’azione educativa.
L’antropologia è la componente culturale che è in grado do dare la giustificazione dell’agire pedagogico.
Dietro qualsiasi pedagogia c’è una antropologia di riferimento
Carmela Metelli Dilallo ha scritto L’analisi del discorso pedagogico rilevando le antropologie sottese alle varie pedagogie.
Franco Cambi, muovendosi sulla scia di Carmela Dilallo ha proseguito su questa strada.
Importante è capire quale idea di uomo ci guida rispetto al profilo di uomo che vogliamo formare.
La pedagogia è infatti una disciplina antropologica.
Giuseppe Acone ha scritto nel 1997 Antropologia dell’educazione, in cui distingue le antropologie pedagogiche connotate in senso più filosofico-culturale, e antropologie scientifiche. Le prime ci parlano dell’uomo pretendono di parlarci dell’uomo per aspetti non riducibili ad aspetti scientifici. Le seconde si limitano a descrivere l’uomo e pretendono di arrivare a conoscenze di tipo scientifico, che possono essere osservato e studiati in modo oggettivo (psicologia, sociologia, ecc…).
Gabriel Marcel dice che l’uomo è una realtà sproporzionata, perché ha forze, poteri e capacità che non sono in grado di soddisfare i desideri che ha. Al contrario Rousseau nell’Emilio ci parla dell’uomo come un essere che ha la capacità di raggiungere un equilibrio tra desideri e realizzazioni. La nostra felicità sta nel contenere i bisogni, i desideri. Per questo Rousseau vedeva nell’immaginazione un pericolo, perché ci porta ad andare oltre.
La nostra realtà , però, è fatta di aspetti visibili e aspetti invisibili, come dice Merlau-Ponty.
Vale la pena di adottare un approccio filosofico, più ampio, e non scientifico, ristretto. Occorre tenere conto della realtà dell’uomo, una realtà che non è riducile, una realtà fatta di desideri e di una immaginazione superiore ai limiti che l’uomo ha.
L’antropologia è una componente della pedagogia, e che mi serve per spiegare l’educabilità .
L’educabilità esprime una ipotesi per l’educazione.
La condizione prima dell’educabilità è il fatto che il soggetto sia educabile, che sia possibile educare.
Dall’idea di uomo che noi abbiamo ricaviamo la nostra idea implicita di educazione.
Pensiamo che l’uomo sia educabile perché l’uomo può compiersi, poiché l’uomo è in fieri, è imperfetto, oppure pensiamo che l’uomo sia educabile come uno sviluppo.
Se parlo di compimento, non c’è una linea tracciata già per tutti (sviluppo psicologico, sociologico).
Sull’apprendimento ci sono teorie e metodi di apprendimento: