Seconda guerra mondiale
27 Gennaio 2019Paul Verlaine di Carlo Zacco
27 Gennaio 2019La poesia “Spleen” di Baudelaire è molto innovativa, a differenza dell’omonima poesia di Verlaine, di Carlo Zacco
Charles Baudelaire (Parigi 1821, Parigi 1867)
Auerbach: Nel 1951 Erich Auerbach dichiara incontestabile l’importanza storica de Les fleurs du mal, senza il quale tutto il Novecento sarebbe stato impensabile.
Les fleurs du mal. Considerazioni come queste sono state frequenti tra i critici. Les fleurs du mail è una raccolta di 100 poesie pubblicate a Parigi nel 1857 ed immediatamente condannate per oscenità e censurate, data l’immagine estremamente degradata ed inquietante che fornivano dell’uomo, di Parigi e della poesia stessa; Friedrich parla di paralisi, desiderio di morte, eccitanti giochi morbosi.
L’estremo disordine dei sensi e le tentazioni autodistruttive sono tuttavia incastonate in un’architettura rigorosissima; c’è un connubio tra irrazionale e volontà di ricondurre i sentimenti in una forma artistica perfetta. Friedrich paragona l’opera di Baudelaire a quella di Petrarca e Goethe.
Le cinque sezioni. L’opera è divisa in cinque parti ciascuna caratterizzata da un tema, come spiega Friedrich (p. 39):
Primo gruppo: Spleen et Idéal. Qui si presenta il contrasto tra lo slancio e la caduta.
Secondo gruppo: Tableaux Parisiens. Tentativo di evasione dalla metropoli.
Terso gruppo: Le Vin. Tentativo di rifugio nell’arte, che risulta vano.
Quarto gruppo: Les Fleurs di Mal. L’abbandono al distruttivo dopo i tentativi falliti.
Quinto gruppo: La Mort. Ribellione contro Dio e unico rifugio nella morte.
LXXVIII – Spleen
E nella prima sezione Spleen et Idéal
Quand le ciel bas et lourd pèse comme un couvercle Sur l’esprit gémissant en proie aux longs ennuis, Et que de l’horizon embrassant tout le cercle II nous verse un jour noir plus triste que les nuits; Quand la terre est changée en un cachot humide, Où l’Espérance, comme une chauve-souris, S’en va battant les murs de son aile timide Et se cognant la tête à des plafonds pourris; Quand la pluie étalant ses immenses traînées D’une vaste prison imite les barreaux, Et qu’un peuple muet d’infâmes araignées Vient tendre ses filets au fond de nos cerveaux, Des cloches tout à coup sautent avec furie Et lancent vers le ciel un affreux hurlement, Ainsi que des esprits errants et sans patrie Qui se mettent à geindre opiniâtrement. – Et de longs corbillards, sans tambours ni musique, Défilent lentement dans mon âme ; l’Espoir, Vaincu, pleure, et l’Angoisse atroce, despotique, Sur mon crâne incliné plante son drapeau noir. |
Quando, come un coperchio, il cielo basso e greve schiaccia l’anima che geme nel suo tedio infinito, e in un unico cerchio stringendo l’orizzonte fa del giorno una tristezza più nera della notte; quando la terra si muta in un’umida segreta dove, timido pipistrello, la Speranza sbatte le ali contro i muri e batte con la testa nel soffitto marcito; quando le strisce immense della pioggia d’una vasta prigione sembrano le inferriate e muto, ripugnante un popolo di ragni dentro i nostri cervelli dispone le sue reti, furiose a un tratto esplodono campane e un urlo tremendo lanciano al cielo, così simile al genere ostinato d’anime senza pace né dimora. – Senza tamburi, senza musica, dei lunghi funerali sfilano lentamente nel mio cuore: Speranza piange disfatta e Angoscia, dispotica e sinistra, pianta sul mio cranio riverso la sua bandiera nera. |
· Prima Strofa: Il Cielo. Non ha più nulla di naturale; non più l’azzurro dei cieli romantici ed l senso di infinito, ma un coperchio di una pentola (Auerbach), qualcosa di basso e volgare che ha a che fare con le necessità basse e quotidiane. Inoltre non è un cielo che si apre all’orizzonte verso l’infinito, ma che chiude l’animo nel suo tedio infinito.
Il tedio, unico sentimento possibile, un senso di amarezza infinita e senza possibilità di riscatto
L’orizzonte. Diventa ristretto e chiude l’animo; rende il giorno triste e cupo come la notte.
· Seconda Strofa: La terra. Non nel suo naturale verdeggiare ma trasformata in qualcosa di artificiale, la segreta, la cantina.
La speranza. Non una Dea come nelle antiche rappresentazioni, ma se proprio deve essere rappresentato da qualcosa di animato, allora non può essere che un pipistrello: animale cieco, e ripugnante, che sbatte compulsivamente la testa sul soffitto.
· Terza strofa: La pioggia. Diventa un’inferriata, entro la quale il cervello non può sognare ma può solo essere abitato da ragni.
Il cervello. Non la mente, l’ingegno, ma il cervello; sostanza fisica, anatomica, che perde tutte le sue accezioni astratte.
· Quarta Strofa: L’urlo. L’anafora dei tre “Quando … Quando … Quando” culmina in un urlo disperato: uno scampanio che esplode, ma che non dà sollievo, lascia l’anima senza pace, nella sua disperazione.
· Quinta Strofa: Il funerale. La quinta strofa riassume e conferma le precedenti. Una processione, un lungo funerale che sfila silenzioso senza musica. La speranza piange, e l’angoscia pianta trionfante una bandiera nera sul suo cranio.
Cranio. Non testa. Anche qui un fatto anatomico, inerte, e senza vita. Non c’è via d’uscita.
L’occhio interiore. Auerbach insiste sul fatto che nonostante la concretezza delle immagini cui fa riferimento il testo, queste non sono affatto realistiche poiché l’autore parla di un suo interiore. Parla inoltre di fosco sublime: rappresenta l’orrore senza speranza, e questo orrore rientra nella categoria del sublime.
Il metro. Le cinque strofe sono regolarissime nella struttura metrica: quartine di alessandrini con rima alternata. Negli emistichi l’accento cade pesantemente sulla 6° e sull’ultima sillaba, a conferma del ritmo mesto del compianto funebre. Questa struttura così rigorosa rivela la possibilità del poeta di saper e voler dominare questa situazione, e di non volerne fuggire, ma parlarcene.
Il sublime. Spleen non ha linguaggio o termini nuovi, tutto è teso a dare rilievo alla rappresentazione della miseria umana e del proprio modo di viverla; c’è la volontà di scegliere dal male quei fiori che meglio lo rappresentano. E attraverso il male che Baudelaire vuole raggiungere il sublime. A proposito del sublime Auerbach scrive che in esso la bellezza deriva dall’orrore e dal terrore creando una categoria più alta di quella tradizionale.
Lo scandalo. E interessante anche il coraggio e la spregiudicatezza con cui Baudelaire rappresenta questo male e mostra parti di sé stesso. Baudelaire sente i contrasti che portano l’uomo verso attività elette da un lato e vere depravazioni dall’altro; c’è in lui il gusto per lo scandaloso, per tutto ciò che rende estranei al senso di moralità comune. E grosso modo lo stesso elemento che si trova in Oscar Wilde, ma mentre in quest’ultimo si può notare una sorta di posa, di finta, di gioco provocatorio a cui il poeta partecipa, in Baudelaire si ha la sensazione che non si tratti di una posa fittizia, ma di un dramma realmente vissuto e profondamente drammatico.
Il religioso. Inoltre in Baudelaire si può osservare anche un diffuso senso mistico e religioso. Baudelaire non è credente, ma c’è in lui un senso profondo di mistero, una ricerca da parte sua di ragioni profonde e trascendenti che sfociano nel religioso.
Finzione vs confessione. La genuinità di questi sentimenti si può tra l’altro leggere dagli scritti dello stesso Baudelaire: in una lettera egli afferma di aver messo nel suo libro tutto sé stesso; ci dice che non si tratta di un puro artificio, men che meno di un mero gioco retorico, ma qualcosa di realmente sentito e provato da lui da cui deve trasparire un aspetto autentico e personalissimo del poeta.
Baudelaire e il romanticismo. Baudelaire si pone in linea di continuità con problematiche che erano già sorte nel romanticismo che che erano approdate ad esiti differenti: il romanticismo infatti non conoscerà mai la lucida analisi delle più intime latebre dell’animo, né la chiarezza cristallina con cui queste vengono rappresentate in termini di poesia. Il romanticismo non subirà mai lo shock, il trauma che si prova di fronte ad un improvviso venir meno di ideali e che non si sa come affrontare. Baudelaire decide di affrontare la situazione e di portare avanti fino alla fine il suo progetto poetico.
Rapporto fra lo Spleen di Verlaine e quello di Baudelaire
Spleen in Romances Sans Paroles
Les roses étaient toutes rouges,
Et les lierres étaient tout noirs. Chère, pour peu que tu te bouges, Renaissent tous mes désespoirs. Le ciel était [trop bleu, trop tendre,]1 La mer trop [verte et l’air trop doux;]2 Je crains toujours, ce qu’est d’attendre, Quelque fuite atroce de vous! Du houx à la feuille vernie, Et du luisant buis je suis las, Et de la campagne infinie, Et de tout, fors de vous. Hélas! |
Le rose eran tutte di fuoco
e l’edere tutte nere. Se tu ti allontani, anche un poco, rinascono in me le bufere. Troppo azzurro e tenero il cielo. Troppo verde quel languido mare. Temo sempre, e ne ho il cuore di gelo, che tu cara mi debba mancare… Dell’alloro e delle foglie laccate ho fastidio… E del bosco, anche ahimè! E di quelle campagne assolate. E di tutto… all’infuori di te. |
In questa poesia di Verlaine è evidente lo scarto rispetto all’altro Spleen, quello di Baudelaire.
Qui il tema è quello della malinconia, ma molto diverso rispetto a Baudelaire: qui è più tradizionale, pare che si tratti di un legame con una donna che c’è e non c’è, che se ne va: è in fondo il tema di un mal d’amore di cui non ci si sa liberare.
E’ in distici, l’aspetto eroico qui è molto meno marcato che in Rimbaud; il poeta è malinconico ma tutto sommato distaccato, non si dispera, rielabora questa malinconia facendola danzare insieme ai suoi versi: conta la musica infatti, non le parole.