Odi et Amo, Storia di una passione
27 Gennaio 2019Archiloco
27 Gennaio 2019di Michela Matani
Scuola di Sandro Penna
Negli azzurri mattini
le file svelte e nere
dei collegiali. Chini
su libri poi. Bandiere
di nostalgia campestre
gli alberi alle finestre.
Commento di Michela Matani
L’incipit del componimento ci proietta in ‘azzurri mattini’: un’immagine
serena ad indicare gli inizi di nuovi giorni che si prospettano luminosi e
intensi. Significativa e’ la posizione centrale dell’aggettivo qualificativo, a
rendere come l’idea dell’azzurrita’ stessa del giorno, in se’ promettente e
pregno di vita da sperimentare e godere, senza ombre ne’ confini. Da rilevare
e’ anche l’utilizzo del termine ‘mattini’: a differenza ad esempio di
‘mattinate’, esso indica l’esordio di un nuovo giorno in se’, dunque e’ il
simbolo di un inizio.
La successiva immagine e’ tuttavia in contrasto con l’esordio. ‘File svelte e
nere / di collegiali’ si accampano ora ai nostri occhi. ‘File’ come di formiche
in schiera ordinatamente in cammino verso la scuola che e’ un dovere
frequentare; ‘svelte’ poiché il ritardo e’ infrazione alla norma e – e’ lecito
al lettore presupporre – potenziale fonte di sanzioni; ‘e nere’, aggettivo
dalla sicura valenza denotativa (le divise dei collegiali sono nere) ma forte
anche di un valore connotativo, poiché nero, cupo, deludente e desolante sara’
il prosieguo del giorno che pure si presentava così promettente, come nero,
cupo e triste diventera’ lo stato d’animo degli studenti che ben altro erano
indotti a sperare dal mattino azzurro. Si noti inoltre che i bambini e gli
adolescenti sono vengono nominati in quanto tali. Essi sono ‘collegiali’, ossia
vengono identificati con il ruolo che rivestono. Attraverso una apparentemente
semplice scelta lessicale, che potrebbe passare inosservata, il poeta esprime
come la scuola neghi la natura stessa della govinezza, ossia la piena e libera
esplorazione del mondo e della propria interiorita’ che preme verso l’auto-
scoperta e l’espressione di se’.
‘Chini / sui libri poi’ presenta un enjambement che mira a sottolineare
l’atteggiamento supino degli studenti, esecutori passivi e non attivi
interlocutori. La tensione innescata dall’inarcatura rispecchia la tensione del
poeta e quindi del lettore che, come partecipando alla castrazione imposta alla
vitalita’ dei collegiali, e’ costretto a rallentare e forzare la dizione.
Un ulteriore enjambement e’ rinvenibile negli ultimi versi: ‘bandiere / di
nostalgia campestre’. Per i giovani riuniti nell’aula scolastica e
rassegnatamente chinati sui libri da leggere e studiare – si puo’ immaginare
mnemonicamente -, gli alberi visibili attraverso i vetri della stanza sono
richiami ad una vita vissuta a pieno contatto la natura, che risvegli emozioni
e sensi, ed inviti all’avventura del mondo e all’esplorazione del proprio
universo interiore; richiami destinati a rimanere inascoltati e a originare
dunque uno struggente sentimento di nostalgia per ciò che e’ negato. Non e’ un
caso che il componimento termini con un’immagine di chiusura rispetto al mondo
esterno così luminosamente presentato nell’incipit: ‘gli alberi alle
finestre’. Risulta inoltre in tal modo ribadito il contrasto tra il mondo
naturale confinato all’esterno e lo schermo infrangibile che si interpone fra
quello e la realta’ positiva.
I tre puntini di sospensione paiono allora essere dotati di un significato non
secondario. Consideriamo anche l’assenza di verbi nelle proposizioni di questo
testo. Il verbo indica un’azione, quindi una volonta’, sicuramente un movimento
fisico quando non intellettuale ed emotivo. Il poeta pare proporci dunque
fotogrammi statici, metafora dell’immobilita’ e della straniata esecutivita’
cui sono condannati gli studenti. Null’altro resta da dire, pare volerci
comunicare il poeta attraverso i puntini di sospensione; come se la soffocante
impossibilita’ di azione dei giovani ridotti a collegiali avesse contagiato
l’autore stesso; o, forse, come se quella immobilita’ sofferta fosse anche la
sua.
Da non tralasciare e’ l’aspetto metrico. La sestina, costituita da una serie
di settenari che presentano lo schema rimico ababcc, pare voler tentare di
fornire un ordine sereno e quieto ad un dolore di cui l’autore non ci propone
l’espressione diretta, potenzialmente devastante e forse difficilmente
comunicabile quando non indicibile nei suoi precisi temini, bensi’ una prudente
evocazione attraverso immagini di una quotidianita’ quasi trita ma
risematizzata in forza della sua portata simbolica. Testimonianza di come
all’arte accada di essere lo strumento per dare ordine al caos e al subbuglio
di quella materia spesso scottante e confusa che e’ la nostra interiorita’,
trasformata dall’arte stessa in strumento di condivisione e bellezza
consolatoria.
Scuola parla dunque davvero solo di scuola?
A seguito di una lettura attenta, possiamo interpretare questo testo in chiave
simbolica. La scuola evocata da Penna e’ la vita, i cui mattini azzurri, ossia
la giovinezza, sono gravidi di promesse condannate ad essere deluse.
(Chissa’… forse Penna guardo’ dei collegiali e in loro trovo’ un
rispecchiamento di se stesso e dell’umanita’ in generale; vide nel loro cammino
il percorso da una giovinezza ‘azzurra’ ad un’eta’ adulta alienata dal contatto
col mondo naturale e con l’altrettanto naturale dimensione dei propri
sentimenti, desideri, aspirazioni…)
(Non potrebbe dunque Scuola interessare a tutti coloro che sentono o hanno
bisogno di sentire quanto si sono allontanati dall’autenticita’ della loro vera
natura, senza forse nemmeno essersene resi conto?)
Michela Matani