La valutazione degli alunni e la valutazione del personale
25 Luglio 2024Storia del ruolo del Dirigente Scolastico in Italia
25 Luglio 2024Il controllo di gestione è una delle funzioni fondamentali del dirigente che è tenuto, in quanto responsabile dei risultati, a effettuare monitoraggi su tutte le attività scolastiche.
Il DS infatti deve verificare le attività didattiche e amministrative, i progetti, le azioni, le relazioni, affinchè tutto ciò che avviene nella scuola o che comunque la riguardi, abbia un andamento positivo ed esiti efficaci.
A causa della mancata riforma degli organi collegiali che doveva seguire immediatamente l’introduzione dell’autonomia, è molto difficile stabilire quali siano i compiti e gli interlocutori del dirigente nella sua azione di rendicontazione. Per tradizione e secondo le regole del sistema centralistico, la risposta sarebbe facile: il contenuto riguarda la regolarità amministrativa e il soggetto a cui inviare i dati è il superiore gerarchico. Ma come dovrebbe essere in un sistema di autonomie nel quale manca ancora la definizione di tutte le regole? La risposta non è scontata e necessita di alcune riflessioni che possano aiutare i dirigenti a tenere comportamenti corretti.
La norma di riferimento è ancora una volta il D.Lgs. 165/2001, art. 25, comma 6: “Il dirigente presenta periodicamente al consiglio di circolo o al consiglio di istituto motivata relazione sulla direzione e il coordinamento dell’attività formativa, organizzativa e amministrativa al fine di garantire la più ampia informazione e un efficace raccordo per l’esercizio delle competenze degli organi della istituzione scolastica”.
Si tratta di un adempimento che, di fatto, rivela le contraddizioni irrisolte del sistema dell’istruzione pubblica.
La prima consiste nell’aver ideato un sistema di decentramento di funzioni istituzionali e gestionali basato sul principio di sussidiarietà (i servizi vanno gestiti dai centri di responsabilità più vicini ai cittadini-utenti e controllabili dagli stessi), ma di non aver provveduto a riformare gli organi di governo degli istituti scolastici, rimasti fermi ad un’idea di partecipazione completamente estranea alla logica della sussidiarietà stessa.
La seconda, anch’essa dipendente dall’inadeguatezza degli organi di governo degli istituti, risiede nella difficoltà di individuare chiaramente il confine tra potere di indirizzo (che compete all’organo di governo) e responsabilità gestionale del servizio (che compete al dirigente della scuola).
Il vero committente degli istituti scolastici continua ad essere lo Stato, mentre la committenza territoriale, propria dell’autonomia e del decentramento, ancora non riesce ad affermarsi e a far sentire la propria voce.
Si può perciò affermare che la motivata relazione al Consiglio assume un senso innovativo se viene intesa non come mero adempimento formale o burocratico, ma come il dovere etico di rendere conto del buon impiego delle risorse che la collettività destina ad una determinata attività e della buona qualità del servizio che quelle risorse consentono di erogare a favore dei cittadini-utenti.
Attenzione però a non cadere in un tranello di tipo riduttivo: rendicontare quasi sempre, nella pubblica amministrazione, è sinonimo di presentare i conti, dimostrare, cioè, che la gestione contabile è stata corretta e regolare. Ma non va inteso così per quanto riguarda la funzione del dirigente della scuola, in quanto si tratta di un compito che ha un’accezione molto più ampia.
Non a caso si parla spesso di accountability, un termine, oltre a quello di governance, che non trova un corrispondente in lingua italiana, ma che il dirigente trova e troverà sempre più spesso in documenti e testi che parlano di valutazione del sistema. Si va ben oltre la mera verifica del rapporto tra le entrate e le uscite. La valutazione di efficienza (che uso si è fatto delle risorse assegnate? Sono state impiegate in modo produttivo? Ci sono stati sprechi?) diventa parte di una rendicontazione più complessa, nella quale assume rilevanza centrale la valutazione di efficacia (gli obiettivi che il committente Stato e la governance locale hanno assegnato sono stati conseguiti? Se sì, quali ulteriori azioni di miglioramento è possibile attivare? Se no, su quali elementi di criticità bisogna intervenire?).
La necessità per gli istituti autonomi di rendere conto, oltre che al Ministero, ai cittadini-utenti del servizio e a tutti i portatori di interessi del territorio, dovrà favorire il diffondersi di coraggiose buone pratiche di “rendicontazione sociale” o di “bilancio sociale”. È la stessa autonomia scolastica ad aver bisogno di legittimazione, e questa può discendere dalla convinzione, da far maturare all’interno degli istituti stessi, che le scelte fondamentali della scuola, i valori di riferimento, le priorità adottate per qualificare il servizio, sono elementi da socializzare, cioè da offrire alla conoscenza di tutti coloro che utilizzano il servizio o guardano con interesse allo stesso in nome dei principi di pubblicità, accessibilità, comprensibilità e trasparenza.
Di quali strumenti la scuola si può dotare per iniziare o proseguire o completare un percorso verso la rendicontazione sociale?
Ne possiamo indicare alcuni, con l’avvertenza che, qualora tali prassi non siano in uso nell’istituto affidato, si dovrà procedere con la massima cautela:
– destinare un gruppo di lavoro a questa finalità (ovviamente in seguito a processi decisionali previsti dalla norma);
– dare al gruppo un mandato per costruire una mappa dei processi e/o dei settori da mettere sotto controllo;
– assicurarsi la condivisione del personale e degli utenti sulle finalità individuate;
– iniziare solo con uno o due settori di indagine;
– curare che gli obiettivi siano sempre coerenti con gli strumenti che si intende utilizzare (non si usano strumenti per mettere sotto controllo un processo, con obiettivi diversi da quelli dichiarati);
– abituarsi a misurare i risultati.
Audio Lezioni sulla Pedagogia e organizzazione della scuola del prof. Gaudio
Ascolta “Pedagogia e organizzazione della scuola” su Spreaker.
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