8 marzo
27 Gennaio 2019Sofia Giacomelli
27 Gennaio 2019Il film Anita B. di Roberto Faenza: impressioni subito dopo la prima nazionale di Giovanni Ghiselli
Ieri sera ho visto il film Anita B, in anteprima al cinema Barberini di Roma.
Uscirà nelle altre sale tra un paio di giorni.
Rispetto al libro di Edith Bruck, Quanta stella c’è nel cielo, Faenza ha attenuato qualche urlo tragico. Eli, per esempio, è meno cinico e farabutto nel film che nel romanzo. Anita, la ragazza eponima e protagonista, è interpretata magnificamente da unattrice molto brava, espressiva, significativa; con la luce dei suoi occhi e di tutto il volto illumina anche le oscurità degli altri personaggi e delle stagioni più dolenti. Alcune scene sono di invenzione del regista e servono appunto a mitigare la cupa drammaticità di certe parti della storia. Molto belli sono il canto e la danza corale guidati da Moni Ovadia. Tutti ballano e intonano: quando canta il rabbino cantano tutti, quando danza il rabbino danzano tutti”. In questa coralità scompaiono gli egoismi, le meschinità e i dolori dei singoli personaggi.
La compagna di lavoro e amica di Anita del libro è sostituita nel film da un ragazzo, innamorato di lei. E difficile non provare amore per un personaggio del genere, soprattutto se reso da unattrice davvero dotata di talento recitativo come Elin Powell. Lo scrissi nel primo intervento su questo film del quale allora avevo solo letto la trama: Anita mi fa pensare ad Antigone di cui Shelley scrisse: Alcuni fra noi, in una precedente esistenza, si sono innamorati di un’Antigone: ecco perché non troveranno mai completa soddisfazione in un legame mortale!”
Anita è assimilabile ad Antigone anche per il suo coraggio nel non rinnegare il proprio passato, per la volontà di capirlo, poi per la tenacia nel difendere e conservare la propria identità.
Alla fine del film, la ragazza domanda come possano odiarsi tra loro Ebrei e Arabi che discendono tutti da Abramo e sono quindi fratelli.
Le viene risposto che a volte anche i fratelli si odiano. Ebbene, questo film di Faenza è un invito a deporre l’odio, a sostituirlo con l’amore, a non lasciarsi prendere dallo sconforto, dal pessimismo da cinismo come fa Eli, ma a lottare perché prevalga la comprensione e l’amore per la vita, la fiducia nella vita. Ce lo insegna la ragazzina Anita, curandoci l’anima. Queste le ultime parole dell’adolescente incinta salita su un camion che la porterà a Gerusalemme: Sono contenta perché viaggio verso il passato con un solo bagaglio, il futuro”.
Il passato, la sua comprensione, infatti non deve essere una zavorra nel nostro viaggiare verso il futuro, ma un viatico che renda più consapevole e quindi agevole il percorso, comunque difficile e bello.
Il cinena Barberini era pieno. Cera il regista, Edith Bruck, gli attori e tanti giovani che, come noi vecchi del resto, hanno molto da imparare vedendo questo il film e leggendo il libro da cui è tratto, libera mente.
Giovanni Ghiselli