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Il mito dell’Arcadia sedusse la poesia da Teocrito fino al ‘700 rispondendo ad esigenze diverse a seconda dell’autore e soprattutto del periodo storico. Individuate analogie/differenze che si intersecano in epoche tanto lontane facendo emergere sentimenti e bisogni che dietro la maschera e al di là della finzione rispondono a interrogativi storici ed esistenziali concreti e autentici.
Arcadia: regione del Peloponneso (Grecia), alte montagne, boschi vergini
Arcadia locus amoenus: alberi (olmi, noccioli, pini), erbetta, fonti o ruscelli, antri, tempietti; ambiente naturale incontaminato popolato da pastori che fanno gare di canto al suono della zampogna
Pan: il dio visse in Arcadia, dove pascolava greggi e allevava le api; sedusse molte ninfe montane; inventò lo zufolo; pigro e indolente amava fare la siesta.
42 – 39 a. C le Bucoliche di Virgilio (modello il greco Teocrito, III secolo a. C., che scrisse gli Idilli, carmi bucolici) per il quale l’Arcadia divenne un paesaggio di sogno, la patria dell’anima, l’ambito in cui vive la sua vita interiore – Arcadia, regione remota, privilegiata, in mezzo a una realtà brutale, truce, senz’anima. Scrive Antonio La penna:
“All’inizio dell’ecloga 5 i pastori Menalca e Mopso s’incontrano vicino a un gruppo di olmi e di noccioli: il vento muove leggermente le loro ombre; poco più lontano è un antro, rivestito in parte da una vite selvatica. Nell’ecloga 7 un leccio sussurrando offre la sua ombra ai pastori che gareggiano nel canto; il locus amoenus è presso la riva del Mincio [Virgilio nasce nei pressi di Mantova], rivestita di tenere canne; più lontano è una quercia maestosa, che offre ricetto a un alveare. Questi pastori che cantano in riva al Mincio sono ambedue, con nostra sorpresa, Arcadi. Dunque da regione geograficamente determinata l’Arcadia può diventare in Virgilio un paesaggio ideale di pastori-cantori, collocabile in molte parti della terra….
…questi pastori menano una vita semplice e sana, in buona parte oziosa; anche l’accompagnare il gregge somiglia molto all’ozio, e senza l’ozio non sarebbe possibile dedicare tanto tempo al canto…Oltre all’amore, più dell’amore il piacere che conta per i pastori è il canto …suonano la zampogna e cantano.”
1341 – 1342 Boccaccio compone la Commedia delle ninfe fiorentine.
“Gli antichi schemi di rappresentazione pastorale si incentravano tradizionalmente sulla descrizione di una natura gradevole, fatta di paesaggi boscosi ma accogliente e serena, abitata da dignitosi pastori e da ninfe piene di grazia: questi schemi vengono trasferiti da Boccaccio nelle colline nei pressi di Firenze.”(G. Ferroni)
1485 – 86 Jacopo Sannazaro scrive l’Arcadia un romanzo pastorale che narra le vicende del pastore napoletano Azio Sincero (che è l’autore stesso) il quale si reca in Grecia per cercare sollievo alle sue pene d’amore tra i pastori-poeti dell’Arcadia, lontano dalla falsità e dall’ipocrisia delle corti. La vita dei pastori è dipinta in modo idillico: cacce e gare poetiche, apparizione di bellissime ninfe, scambi di doni, momenti di quiete e riposo caratterizzano la vita pastorale della mitica terra d’Arcadia che viene così descritta:
“Giace nella sommità di Partenio, non umile monte de la pastorale Arcadia, un dilettevole piano …di minuta e verdissima erbetta sì ripieno che se le lascive [allegre] pecorelle con gli avidi morsi non vi pascessero, vi si potrebbe di ogni tempo ritrovare verdura. Ove …son forse dodeci o quindeci alberi di tanto strana et eccessiva bellezza, che chiunque li vedesse, giudicarebbe che la maestra natura vi si fusse con sommo diletto studiata in formarli. Quivi …il drittissimo abete…, la robusta quercia e l’alto frassino, lo amenissimo platano vi si standono, con le loro ombre non picciola parte del bello e copioso prato occupando. Et èvi [e vi è] …l’albero di che Ercule coronar si solea [il pioppo], …il noderoso castagno, il fronzuto bosso, e con puntate foglie lo eccelso pino, …lo ombroso faggio, la incorruttibile tiglia [tiglio]; e ‘l fragile tamarisco [tamerici], insieme con la oriental palma…Ma fra tutti nel mezzo, presso un chiaro fonte, sorge verso il cielo un dritto cipresso …Né sono le dette piante sì discortesi, che del tutto con le loro ombre vieteno i raggi del sole entrare nel dilettoso boschetto…In questo così fatto luogo sogliono sovente i pastori con li loro greggi dagli vicini monti convenire, e quivi in diverse non leggiere pruove [difficili gare] esercitarse…; e ‘l più delle volte in cantare et in sonare le sampogna a pruova l’un de l’altro, non senza pregio e lode del vincitore.”
1573 – Nei giardini dell’isoletta di Belvedere (Ferrara, corte estense) viene rappresentata la favola pastorale Aminta di Torquato Tasso che ambienta la patetica vicenda amorosa a lieto fine in una cornice arcadica. La trama consiste nell’amore del pastore Aminta per la ninfa Silvia, consacratasi a Diana e alla caccia e perciò insensibile all’amore di Aminta; Silvia non si mostrerà grata neppure quando a salvarla dalle insidie di un satiro sarà proprio Aminta. Soltanto quando verrà a sapere che Aminta si è ucciso disperato per la notizia della sua falsa morte Silvia, presa dal rimorso, vuole suicidarsi a sua volta e, trovato il corpo di Aminta, lo bacia piangendo. Ma il pastore era soltanto svenuto e, tornato in sé, può finalmente abbracciare la sua ninfa finalmente vinta dall’amore. Commenta Ferroni: “Con quest’opera, Tasso attua una sintesi tra dimensione pastorale e mondo cortigiano: l’immagine poetica tradizionale dei pastori, già ampiamente rinnovata dall’Arcadia di Sannazaro, si trasforma ora definitivamente in specchio dell’elegante vita di corte, imponendo un modello che resisterà fino al Settecento”.
1690 – A Roma un gruppo di letterati e scrittori che si era costituito intorno all’ex regina di Svezia Cristina (che aveva abdicato e scelto il cattolicesimo e la residenza romana) fonda un’accademia chiamandola Arcadia, con riferimento quindi al mito classico della poesia pastorale, col fine di eliminare dalla poesia italiana il “cattivo gusto” barocco.
Determinante, nell’accademia dell’Arcadia, è il travestimento pastorale: ogni socio deve assumere un nome pastorale greco e tutte le attività accademiche devono svolgersi nel bucolico stile di vita dell’antica Arcadia: il luogo delle riunioni viene definito Bosco Parrasio; l’insegna dell’accademia è la siringa di Pan, ma il protettore è Gesù Bambino, visitato e onorato dai pastori.
“Il mondo dei salotti contemporanei si trasferisce in ambienti campestri e boscherecci, frequentati da pastori e da pastorelle …Una società ideale prende il posto di quella reale, e ne riproduce, purificate e distanziate, le stesse forme e le stesse regole. In questo mondo dell’evasione e dell’artificio, la stessa natura diventa artificio: i paesaggi sono stilizzati e culturalizzati, come in un teatro sapientemente costruito, dove va in scena il superficiale rito quotidiano dell’elegante società aristocratica:” (G. Ferroni)
fonte: http://www.mlt.it/collegamenti/quarta/italian4/saggio4/Arcadia.htm