Titiro e Melibeo
27 Gennaio 2019Zaira Gangi
27 Gennaio 2019Punti programmatici, riforme, ma anche contraddizioni delle politica giolittiana dalla Storia contemporanea di Carlo Zacco
L’età Giolittiana
Giolitti. Una svolta si ebbe nel 1903 quando il Re Vittorio Emanuele III, succeduto a Umberto I, nominò presidente del consiglio dei ministri Giovanni Giolitti, un liberale, ma con idee originali nei confronti della classe popolare:
1) Sosteneva la necessità di far partecipare il popolo alla vita politica: se si fosse lasciata la possibilità di scelta, il popolo avrebbe, a suo dire, sostenuto un governo moderato, e abbandonato idee rivoluzionarie;
2) Sosteneva inoltre che fosse necessario per l’economia che gli stipendi degli operai aumentassero, per favorire la crescita dei consumi.
3) Era convinto che le proteste non dovessero essere represse, ma tollerate (nel rispetto della legge), e che lo Stato non dovesse intervenire nei conflitti sociali, che si sarebbero spenti da sé.
Le riforme di Giolitti. Avviò dunque una serie di riforme che miravano a migliorare le condizioni delle classi più povere.
1) Tutela del lavoro di donne e bambini (età minima dei lavoratori alzata a 10 anni);
2) Assistenza dei lavoratori in caso di infortuni e in vecchiaia;
3) Obbligo di riposo settimanale;
4) Obbligo scolastico da tre a sei anni, e controllo che fosse rispettato in tutto il paese;
5) Suffragio universale maschile, applicato per la prima volta nelle elezioni del 1913.
Ombre. Ma il governo Giolitti ebbe anche delle ombre, e fu indifferenze ad intere fasce di popolazione:
1) I contadini. Non vennero avvantaggiati nelle riforme, che invece giovarono agli operai del Nord; inoltre le manifestazioni dei contadini, a differenza di quelle degli operai, vennero represse;
2) Il Sud. Anche nei confronti del Sud fu ambiguo: da un lato promosse opere pubbliche (acquedotti, strade, ferrovie) dall’altro prese accordi coi grandi proprietari terrieri in modo che la condizione dei contadini meridionali NON potesse migliorare.
Le «oscillazioni» di Giolitti. Si dice che Giolitti abbia avuto un atteggiamento oscillante, in particolare nei confronti dei Socialisti: se da un lato aveva attuato riforme promosse dai socialisti, dall’altro operò scelte ambivalenti, che favorivano partiti opposti:
1) 1911 – Conquista della Libia. Nel 1911 diede avvio ad una guerra per la conquista della Libia che era ancora sotto l’Impero Ottomano. I vantaggi economici non erano chiari, ma questa conquista coloniale era ben vista dalle forze politiche nazionaliste e dai proprietari di banche e industrie, che ne trassero, ovviamente, guadagno. La Libia fu annessa nel 1913.
2) 1913 – Patto Gentiloni. Nel 1913 strinse un accordo con i cattolici conservatori detto «patto Gentiloni», con l’intento di contrastare le forze politiche socialiste nelle elezioni di quell’anno. I rapporti coi socialisti, ovviamente, precipitarono; ma non migliorarono nemmeno quelli con le forze conservatrici, e nel 1914, poco dopo lo scoppio della guerra, Giolitti si dimise.
Audio Lezioni di Storia moderna e contemporanea del prof. Gaudio
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