Il periodo Neolitico
La storia delle donne inizia in Asia, circa 12.000 anni prima della nascita di Cristo: è infatti proprio in questo momento che la “società” neolitica affida dei compiti importantissimi alle donne, tanto da poter essere quasi considerata una società a carattere matriarcale.
In questo periodo della storia le donne, con la scoperta e la pratica sempre più specializzata dell’agricoltura, divennero le principali procacciatrici di cibo e di conseguenza si trovarono anche ad esercitare il potere. Di questo ruolo fondamentale si trova traccia anche nella religione: le divinità femminili iniziarono a prendere il sopravvento su quelle maschili, evidenziando così quella sorta di alone misterioso che avvolgeva le donne, portatrici di vita come del resto la terra; inoltre la loro conoscenza della natura e dell’agricoltura era cresciuta a tal punto da farle considerare delle maghe che esercitavano servendosi di filtri ottenuti dalle erbe.
Dopo aver assunto una posizione preminente nella quasi matriarcale società neolitica, la donna iniziò a perdere progressivamente il suo potere nelle successive civiltà greche e romane; a questo proposito una fonte molto importante è rappresentata dai poemi omerici, specchio della civiltà greca nei secoli tra la fine della civiltà micenea e l’VIII secolo.
Dalla lettura dell’Iliade e dell’Odissea possiamo innanzitutto venire a conoscenza di quelle caratteristiche femminili che i greci consideravano fondamentali: in primo luogo la BELLEZZA che la rende simile a una dea e fa perdonare tutto, tratto riscontrato nella figura di Elena; questa bellezza inoltre andava curata e valorizzata con un abbigliamento adatto per conquistarsi “fama gloriosa” (Odissea, VI, vv. 25-30); l’aspetto fisico però non bastava, difatti la donna greca doveva anche eccellere nei lavori domestici ma soprattutto doveva OBBEDIRE al potere maschile:
su, torna alle tue stanze e pensa alle opere tue,
telaio e fuso; e alle ancelle comanda
tutti, e io sopra tutti, mio qui in casa è il comando […]
queste sono le parole che Telemaco rivolge alla MADRE Penelope (Odissea, XXI, vv. 350-353).
La donna quindi, nonostante avesse l’obbligo di rimanere sempre fedele, era comunque considerata un’adultera in potenza; al contrario, gli uomini potevano contare sulla compagnia di altre donne oltre, ovviamente, a quella della moglie: le CONCUBINE.
Questa situazione impari all’interno del matrimonio raggiungerà l’apice della degenerazione nella società ateniese, dove all’uomo erano concesse quattro donne:
la MOGLIE, per avere figli legittimi; |
|
la CONCUBINA “per la cura del corpo”; tra l’altro le concubine, dal punto di vista giuridico, non erano considerate molto differenti dalle mogli in quanto anch’esse dovevano sottostare all’obbligo di fedeltà, ma soprattutto i loro figli godevano di diritti molto simili a quelli dei figli legittimi. |
|
l’ETERA per il piacere; |
|
la PROSTITUTA, che nella maggior parte dei casi era una donna che appena nata era stata esposta dal padre e destinata alla prostituzione da chi l’aveva raccolta. |