L’antichissima domanda sul significato del male (inconciliabile con la presenza di un Dio giusto e buono) viene riformulata in termini laici e si risolve nella constatazione lucida e senza speranza dell’ineluttabilità del male e della sua insensata gratuità . L’unica salvezza dalla disperazione può essere nella solidarietà fra gli uomini; l’unica rivolta possibile, il rifiuto di portare altro male nel mondo. Gran parte del romanzo è dedicata alle conversazioni tra i personaggi, che si confrontano incessantemente, senza risposta, con la presenza del dolore: ogni giorno essi vedono agonia e morte, ma nessuno, nemmeno il sacerdote Paneloux (uno dei personaggi principali), riesce a trovare una giustificazione accettabile alla ragione umana. L’unico sollievo all’angoscia è l’azione: tutti infatti entrano nelle formazioni sanitarie volute da Tarrou. il romanzo si chiude sotto il segno della testarda necessità di lottare da parte di quegli uomini che si rifiutano di ammettere i flagelli. Quando il romanzo uscì fu subito chiaro ai lettori che la peste era una metafora del nazismo: la lettura in chiave storica, autorizzata da Camus stesso, era confrontata dalle numerosi allusioni alla oppressione della dittatura e alla resistenza. La peste è metafora del male: dell’assurdità del dolore inflitto agli uomini, dell’insensatezza del loro esistere.
(a cura di PASTORI Maria)
indice dell’ipertesto: La peste in Manzoni…e non solo ipertesto realizzato dalla classe IIE liceo Bramante di Magenta, a.s.1997/98