Titiro e Melibeo
27 Gennaio 2019Zaira Gangi
27 Gennaio 2019La pioggia nel pineto di Gabriele D’Annunzio
di Carlo Zacco
Taci. Su le soglie
del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove sui pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l’anima schiude novella, su la favola bella che ieri t’illuse, che oggi m’illude, o Ermione.
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Taci. Come al solito nella poesia è presente un «tu», nel quale possiamo identificare la donna amata, che in questo caso verrà apostrofata col nome di Ermione (figura mitologica, figlia di Elena e Menelao);
– il poeta non ascolta le parole della donna, anzi la invita ad ascoltare «parole più nuove», cioè il suono della pioggia; – queste parole, nella sensibilità del poeta diventano un linguaggio arcano, mai udito prima, più ricco di significati delle semplici parole; – Scagliosi: dalla corteccia squamosa; – fulgenti: splendide di fiori raccolti a mazzi; – coccole aulenti: bacche profumate;
– silvani: volti che si trasformano in piante; – che l’anima schiude novella: l’anima è rinnovata dalla pioggia, che fa scaturire nuovi pensieri; – favola bella: forse allude ad una relazione d’amore: una dolce illusione; |
Odi? La pioggia cade
su la solitaria verdura con un crepitio che dura e varia nell’aria secondo le fronde più rade, men rade. Ascolta. Risponde al pianto il canto delle cicale che il pianto australe non impaura, né il ciel cinerino. E il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancora, stromenti diversi sotto innumerevoli dita. E immensi noi siam nello spirto silvestre, d’arborea vita viventi; e il tuo volto ebro è molle di pioggia come una foglia, e le tue chiome auliscono come le chiare ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione. |
– solitaria verdura: la vegetazione priva di presenze umane;
– varia: la pioggia produce un suono diverso a seconda che la vegetazione sia più o meno folta; – pianto: è il pianto del cielo; – australe: portata dallAustro, che il vento del Sud; – spirito silvestre: la vita che anima la vegetazione del bosco; – arborea vita: il poeta e la donna vivono la stessa vita degli alberi; – volto ebro: la donna si immedesima nella natura, e il suo volto è segnato da questa ebbrezza; |
Ascolta, Ascolta. L’accordo
delle aeree cicale a poco a poco più sordo si fa sotto il pianto che cresce; ma un canto vi si mesce più roco che di laggiù sale, dall’umida ombra remota. Più sordo e più fioco s’allenta, si spegne. Sola una nota ancor trema, si spegne, risorge, trema, si spegne. Non s’ode su tutta la fronda crosciare l’argentea pioggia che monda, il croscio che varia secondo la fronda più folta, men folta. Ascolta. La figlia dell’aria è muta: ma la figlia del limo lontana, la rana, canta nell’ombra più fonda, chi sa dove, chi sa dove! E piove su le tue ciglia, Ermione.
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– aeree cicale: perché il loro canto si espande nell’aria, ed è tutt’uno con l’aria stessa;
– Più sordo: perché la pioggia aumenta, e col suo suono copre quello delle cicale; – una nota: sempre del canto delle cicale; – argentea pioggia: i fili di pioggia luccicano come argento; – figlia dell’aria: la cicala; – figlia del limo: la rana; |
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga ma di piacere; non bianca ma quasi fatta virente, par da scorza tu esca. E tutta la vita è in noi fresca aulente, il cuor nel petto è come pesca intatta, tra le palpebre gli occhi son come polle tra l’erbe, i denti negli alveoli son come mandorle acerbe. E andiam di fratta in fratta, or congiunti or disciolti ( e il verde vigor rude ci allaccia i melleoli c’intrica i ginocchi) chi sa dove, chi sa dove! E piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l’anima schiude novella, su la favola bella che ieri m’illuse, che oggi t’illude, o Ermione. |
– virente: verdeggiante;
– scorza: sembra uscire dalla corteccia degli alberi, come le ninfe dei boschi; – intatta: non ancora colta; – polle: fonti d’acqua sorgive;
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La struttura musicale. Quattro strofe di uguale numero di versi, come in una sorta di sinfonia;
– poeta identifica veri tipi di suono: la pioggia, la cicale, le rane: strumenti singoli che affiorano dalla tessitura generale dell’orchestra;
– in questo modo il poeta, grazie al suo virtuosismo verbale, trasforma la poesia in musica, secondo i dettami di Verlaine (Ars poétique: de la musique avant toutes choses);
– Ma la poesia vuole innanzitutto essere traduzione in parola dei suoni naturali. Situazione simile a quella incontrata in Lungo l’Affrico e La sera fiesolana;
Il Panismo. Al centro c’è il tema del panismo: ovvero l’identificazione del soggetto poetico col mondo circostante:
– il poeta e la donna vivono «d’arborea vita»;
– il volto della donna è «molle di pioggia»;
– i capelli profumano come le ginestre;
– Ermione è una creatura terrestre, che nasce dalla terra come la vegetazione, oppure sembra uscire dalla scorza degli alberi, come le ninfe della mitologia antica;
– nell’ultima strofa c’è il culmine: il cuore delle due creature è «come pèsca / intatta»;
– gli occhi sono «come polle tra l’erbe»;
– i denti «come mandorle acerbe»;
– Gli appelli alla destinataria, «tacita ci ascolta», sono come un invito a partecipare ad un mistero iniziatico: il mistero della fusione panica con la natura vegetale;
Gli strumenti formali. Gli strumenti formali utilizzati qui sono molto sofisticati, nella loro apparente semplicità:
1) La metrica. il verso è libero, senza alcuna costrizione metrica;
– la prevalenza è di versi brevi, anche brevissimi, che riproducono, simbolicamente, la pluralità di suoni e voci che si affollano nella pineta;
2) Le rime. Le rime si rincorrono liberamente, senza alcuno schema fisso;
3) La modulazione fonica. Cè anche un’accorta alternanza del timbro delle vocali:
– il timbro chiaro delle a: «al pianto il canto / delle cicale / che il pianto australe»;
– il timbro scuro delle o: «l’ombra remota», «l’ombra più fonda»;
– l’alternanza tra le due: «varia nell’aria secondo le fronde più rade men rade»;
4) Figure retoriche. Al virtuosismo metrico e timbrico si aggiunge l’uso sapiente delle figure retoriche:
– Anafora: «piove..piove»;
– Epifora: «si spegne / si spegne» che riproduce il calando del canto delle cicale;
– allitterazioni a non finire: «ciel cinerino»; «spirto silvestre»; «vita viventi»; «limo lontana»;
– paronomasia: «ombra fronda»;
– ripetizioni a mo di ritornelli popolari: «secondo le fronde più rade men rade»; «secondo la fronda più folta men folta»;
– in generale si tratta di figure di ripetizione, che accrescono la sonorità acustica del testo, e mimano il suono e il ritmo ostinato della pioggia;
Per finire una poesia che risente dell’influsso dannunziano:
Ada Negri
Piove
Piove da un’ora soltanto,
ma il bimbo pensa che già
piove da tanto, da tanto,
sopra la grande città.
Piove sui tetti e sui muri,
piove sul lungo viale,
piove sugli alberi oscuri
con ritmo triste e uguale;
piove; e lo scroscio si sente
giungere dalle vetrate,
che versano lacrime lente
come fanciulle imbronciate.
Piove; e laggiù sulla via
e in ogni casa, già invade
l’intima malinconia
di quella pioggia che cade.
Audio Lezioni su Gabriele D’Annunzio del prof. Gaudio
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