Scritta con Simonetta, nel 1963, già rivela una insoddisfazione, una ricerca di un senso, all’interno di una vita che potrebbe essere quella di un uomo di successo, di uno di una famiglia della borghesia milanese, negli anni del boom economico.
Molti mi dicono: “Sei fortunato
tu che hai trovato un lavoro sicuro,
bello, tranquillo, interessante
e che ti rende decentemente”.
Io penso alle nostre serate,
stupide e vuote
“Ti passo a prendere.”. “Cosa facciamo?”
“Che film vediamo?”. “No, lho già visto”.
Tutto previsto.
Molti mi dicono: “Non hai diritto
di lamentarti, ti puoi permettere
qualche parentesi, qualche evasione
tu che hai un lavoro di soddisfazione”.
Io penso alle nostre serate,
stupide e vuote
“Vuoi bere qualcosa?”. “Grazie, lho già preso
il caffè su in casa”. “Che cosa vuoi?”
“Niente.”. Ti annoi.
Molti mi dicono: “Ma cosa cerchi?
Cosa pretendi? Non fare il nevrotico,
hai una ragazza che ti vuol bene,
ti lascia libero, non ti fa scene”.
Io penso alle nostre serate,
stupide e vuote
Le 9 e un quarto, due passi al centro
destinazione al solito bar,
televisione.
Io penso alle nostre serate,
stupide e vuote
Io penso alle nostre serate,
stupide e vuote
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Il teatro canzone di Gaber di atuttascuola
Gaber, sempre più Gaber a scuola di atuttascuola
Giorgio Gaber (1939-2003) di atuttascuola
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A scuola si insegnerà Giorgio Gaber articolo di giornale